ArtePrimo PianoScambi, contatti e trasformazioni nella Campania dell’VIII secolo avanti Cristo

Alice Massarenti22 Aprile 2022
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La presenza sulla costa tirrenica campana di individui e gruppi provenienti dall’area irpina, a partire dalla metà dell’VIII secolo a.C., è parte del fenomeno di mobilità che coinvolge la dorsale medio- appenninica nel momento in cui – con le fondazioni di Pithecusa e Cuma – si consolida la presenza greca in Campania. Per controllare gli approdi e le vie di comunicazione principali, vengono impiantati diversi stanziamenti, che esauriscono la loro funzione agli inizi del VII secolo a.C., a riprova di un sistema di relazioni in via di superamento. Nei pressi del fiume Clanis, al momento della fondazione di Cuma, era presente un insediamento relativo alla necropoli di Gricignano; ai centri proto-urbani di Pontecagnano ed Eboli, lungo la duna di Gromola, a controllo dei bacini lagunari costieri, si aggiungono gli insediamenti di Casella (prospicente il Lago Piccolo), dell’Arenosola (sul Lago Grande) e di Monte Vetrano (tra le valli fluviali del Fuorni e del Picentino).

Le relative necropoli hanno restituito circa 350 tombe, che rimandano indizi sulle caratteristiche dei gruppi che abitavano i siti: l’insediamento era inserito nella rete di traffici costieri e poteva vantare una certa prosperità; inoltre erano presenti diversi riti funerari e corredi, a testimonianza delle origini dei singoli individui. La posizione rannicchiata o supino-contratta del corpo era caratteristica di una vasta area geografica che comprendeva la Puglia e la Basilicata orientale, come anche l’ornamento femminile del bracciale ad arco, l’anforetta d’impasto “ad anse complesse” (cioè fornita di linguette erette all’attacco superiore delle anse), i pendagli zoomorfi di tipo adriatico e il rasoio lunato tipo “Benacci”. Una componente enotria può essere ravvisata in alcuni elementi, quali la presenza – in alcune sepolture maschili – di un tipo di spada a lama lunga, di un tipo di ceramica decorata “a tenda”, o la disposizione del corredo vascolare lungo il fianco destro della defunta. Peculiare, invece, in alcune necropoli è la scelta rituale di non accompagnare con un corredo o di segnalare la tomba in superficie tramite piccoli cippi troncoconici di tufo posti lungo uno dei lati lunghi.

Monte Vetrano appare un avamposto dell’entroterra appenninico, con funzione competitiva e concorrenziale rispetto a Pontecagnano e al suo porto sul Lago Piccolo. Nello stesso periodo anche il Golfo di Napoli vede simili fenomeni di circolazione e mobilità: diversi centri della Valle del Sarno e della piana campana – come Suessula, Gricignano, Avella, Nola, oltre a Pithecusa – restituiscono ceramica daunia. La sua presenza è stata associata alla pastorizia stagionale, che forniva i mezzi per relazionarsi con le comunità che occupavano i percorsi tra gli abitati e gli insediamenti greci sulla costa. Nelle necropoli si notano individui seppelliti in posizione rannicchiata, secondo il rituale tipico dell’area apula, con corredo povero o del tutto assente. Altre sepolture femminili rinvenute nella Valle del Sarno presentano un copricapo particolare di bronzo, formato da fila sovrapposte di spirali unite tra loro da placchette forate con funzione di distanziatori e raccordate sul retro da anelli; il capo era inoltre adornato con fibule e anellini, ai quali si aggiungevano in alcuni casi dischi di ferro (elementi non presenti in Campania, ma tipici dell’area enotria della Basilicata).

Il polo di sviluppo di questa vasta rete di contatti è Pithecusa: accanto a Greci e Fenici, infatti, vivono al suo interno gruppi attratti sull’isola dalla terraferma, abitanti del versante adriatico e dell’entroterra appenninico enotrio, individui provenienti dal Lazio meridionale, dall’Etruria o dall’Iberia, oltre a una consistente componente indigena, assimilabile agli abitanti della Cuma pre-ellenica.

Negli anni tra l’VIII e il VII secolo a.C., gli insediamenti indigeni impiantati pochi decenni prima si esauriscono: nella piana campana si consolida Cuma e, con la fine di Gricignano, sorge Calatia; nell’Agro Picentino gli insediamenti di Casella e Monte Vetrano sono assorbiti da Pontecagnano. Le necropoli della Prima Età del Ferro vengono abbandonate in favore di aree di sepoltura più vicine all’abitato, che mostrano nuove ritualità e confermano che l’integrazione di gruppi allogeni nella comunità locale fosse realizzata a vari livelli sociali. In questo periodo compaiono la scrittura in una ricca sepoltura femminile e il più antico alfabetario etrusco “di seconda fase” (nel quale sono espunte le lettere effettivamente utilizzate nella scrittura) in una sepoltura d’infante di qualche decennio dopo. In entrambe le iscrizioni, tra le più antiche di Pontecagnano, si fa ricorso all’”alpha coricato” di ascendenza fenicia, di rado documentato in Grecia e in ambito etrusco in orizzonti cronologici antichi. Si ritiene pertanto che per questi nuclei di origine allogena l’esibizione della scrittura possa essere stata uno strumento per rivendicare l’integrazione nella comunità, utilizzando al contempo forme grafiche che marcassero la propria diversità secondo lo stesso modello utilizzato nei comportamenti funerari.

Alice Massarenti

Nata a Mirandola, in provincia di Modena, classe ’84, si è laureata in Archeologia e storia dell’arte del vicino oriente antico e in Quaternario, Preistoria e Archeologia con una tesi in Evoluzione degli insiemi faunistici del Quaternario. Ha un’ossessione per i fossili e una famiglia che importuna costantemente con i racconti delle sue ricerche sul campo.