Il Museo Diocesano Monsignor Aurelio Marena di Bitonto (BA) diviene luogo di un incontro senza tempo, ritrovo di un circolo di artisti originari della Puglia, lontani per epoche e poetica, raccolti intorno alla figura del pittore del Novecento Francesco Speranza, nato nella città degli ulivi, tra l’alta murgia e il mare, dove la pietra è calcarea e le ore del giorno sono scandite dal sole e dal suono delle campane.
La mostra Conversazioni con Francesco Speranza, curata da Francesco Paolo Del Re, tra analogie e contrasti, unisce percorsi e tematiche, tecniche e immaginari, in un dialogo amplio e circolare in cui i lavori, pur separati dal tempo, seguono un ritmo armonico, una equilibrata rispondenza cromatica, un’unità di tema e spirito, si congiungono in un cortocircuito visivo, originato per speculare contrappunto.
Alle venti opere del pittore, provenienti da collezioni pubbliche e private in un focus che va dagli anni Venti fino agli ultimi anni di produzione, rispecchianti la vastità e vivacità della poetica del maestro bitontino, rispondono venti artisti contemporanei: Natascia Abbattista, Damiano Azzizia, Pierluca Cetera, Francesco Cuna, Nicola Curri, Vincenzo De Bari, Pietro Di Terlizzi, Pasquale Gadaleta, Simona Anna Gentile, Jara Marzulli, Luigi Massari, Pierpaolo Miccolis, Dario Molinaro, Enzo Morelli, Alessandro Passaro, Luigi Presicce, Claudia Resta, Fabrizio Riccardi, Michael Rotondi e Domenico Ventura.
Affinità ricche di possibilità di visione, ricercate e tracciate in contesti differenti, formano colloqui pittorici e interscambi di storie, intensità fini ed eleganti, vibranti ed energiche conflittualità, compenetranti e reciproche, che assorbono e riverberano i luoghi d’origine, i ricordi e i legami. Partendo dai dipinti di Speranza appartenenti alla collezione del Museo Diocesano, materia pittorica risponde a materia, contessendo motivi e membrature, irraggiamenti e composizioni.

In Ritratto di mia Madre di Francesco Speranza, la presenza di una figura dalla vastità racchiusa e silente, delineata nell’intensità di occhi scuri ormai privati della luce quotidiana, è contenuta nella profondità di uno sguardo che legge verità necessarie e amare, oltre le sfumature di una realtà divenuta invisibile.

All’essenzialità e assolutezza della figura materna di Speranza, Natascia Abbattista, nell’opera Mother. I miei polmoni, risponde con la ferocia del suo rapporto parentale, conflittuale e avverso, discorde e dissonante, in cui comportamenti, obblighi e aspettative sono ribaltati in cornee vuote, contornate da cerchi rubri che ne accentuano le fattezze mascherate.

Damiano Azzizia in Space line contrappone le linee nette e nitide di un interno cadenzato al paesaggio pugliese di Francesco Speranza campeggiato da una piccola chiesa di campagna. L’opera La chiesina del contado è delineata da trame di alberi e definita da luce piena e abbacinante che diviene materia corposa e costruttiva, mentre il dipinto di Azzizia è modulato da soglie successive sempre più prossime agli spazi intimi di una casa, appena scrutabili dal filtrare della luce che costruisce cornici e piani ulteriori, stagliandosi sulle aperture.
Pierluca Cetera con Ovulazione. La vergogna della luce instaura un dialogo sottile e quieto con Ritratto della sorella Nina, realizzato da Speranza nel 1930: due femminilità a confronto, nell’austerità e sensualità del proprio essere.

Un colloquio cortese reso possibile da una materia che apre a contenuti riflessivi, a nuove lucidità, in cui trapela la ricchezza e varietà di ogni carattere pittorico, esaltato e avvicendato da scambi tematici, da incontri coloristici e immaginifici.

Nicoletta Provenzano
Nata a Roma, storica dell’arte e curatrice. Affascinata dalle ricerche multidisciplinari e dal dialogo creativo con gli artisti, ha scritto e curato cataloghi e mostre, in collaborazione con professionisti del settore nell’ambito dell’arte contemporanea, del connubio arte-impresa e arte-scienza.