I poeti muoiono per rimanere: non ci resta che questo paradossale assioma per comprendere ancor meglio come la loro vita e la loro scomparsa si leghino indissolubilmente e inevitabilmente. Ci sono circostanze della vita che restano ancora tangibili dopo la morte e che trasudano da ciò che di “visibile” su questo mondo resta: le opere, i versi e, come nel caso che vedremo, la tomba.
«All’ombra de’ cipressi e dentro l’urne / Confortate di pianto è forse il sonno / Della morte men duro?», si chiedeva Ugo Foscolo. In una sola domanda il poeta condensa insieme tutta la vanità della vita e l’ineffabile sacralità della morte e del giaciglio eterno, il quale è testimonianza di un vissuto. Nel cimitero di Père-Lachaise, a Parigi, c’è una tomba a forma di sfinge ricoperta di baci: è qui che giace Oscar Wilde.
Perché la sfinge? Una delle più celebri poesie di Wilde si intitola proprio The Sphinx: si tratta di 174 versi nei quali un giovane chiede a una sfinge i dettagli delle sue avventure sessuali fino a che, disgustato, chiede di essere lasciato solo con il proprio crocifisso, che «piange per ogni anima che muore, e invano piange per ogni anima». Fu scritta dal poeta nel corso di venti anni e venne pubblicata nel 1894.
Alcuni dei versi di quest’opera sono stati utilizzati da Michael Gessner come epigrafe di una poesia dedicata proprio alla tomba di Wilde e scritta nel 2016: Wilde’s Tomb (La Tomba di Wilde, presente in Selected Poems). Gessner è un poeta americano autore di undici libri di poesia, saggi e romanzi. Nominato due volte per il Pushcart Prize, un premio letterario statunitense, le sue poesie sono spesso liriche ed elegiache.
«Ma questi, i tuoi amanti, non sono morti…
Si risolleveranno e udranno la tua voce…
e correranno a baciare le tue labbra»
Questi sono i versi di The Sphinx scelti da Gessner per aprire la sua poesia dedicata a quella tomba che tutti corrono a baciare: si tratta delle persone che negli anni non hanno mai smesso di udire la voce di Wilde. Si è infatti sviluppata l’usanza di baciare il monumento della tomba e la lapide con un rossetto sulle labbra per lasciarne l’impronta. Questa pratica è stata però vietata dal 2011 in quanto le operazioni di pulizia stavano via via rovinando la pietra.
Nel 1908 allo scultore Jacob Epstein venne commissionata la tomba del poeta in cambio di duemila sterline, somma anonimamente donata a questo scopo. Lo scultore, ispirandosi alla poesia di Wilde, scelse così una sfinge come soggetto del monumento funebre, in particolare per la presenza del piccolo angelo che si trovava al suo orecchio, il quale si rifaceva al verso «sing me all your memories» («cantami tutte le tue memorie»). Ci sono poi altre cinque figure e una ha un crocifisso, che simboleggia il martirio di Wilde: ciò rappresenta il lato sensuale della vita del poeta unita al suo fervente cattolicesimo.
L’angelo è poi stato rimosso ed è stato sostituito da un copricapo. Dopo una serie di polemiche per la nudità della statua – che venne risolta apponendo una placca di bronzo sui genitali – la statua venne svelata nell’agosto del 1914 dal poeta e occultista Aleister Crowley. Quella placca a forma di farfalla venne poi rimossa un paio di settimane dopo, ma nel 1961 venne vandalizzata e le vennero rimossi i testicoli, i quali – si dice – sono stati utilizzati per anni come fermacarte dal custode del cimitero.
La poesia di Gessner descrive la tradizione di baciare la statua e la lapide ripercorrendo coi suoi versi ogni minimo dettaglio del monumento, tracciandone il profilo e descrivendone tutti i particolari. L’ultima strofa è una riflessione sul ruolo che la tomba ha, ovvero quello di essere testimonianza di una vita vissuta nell’amore e nella poesia:
«Così qui l’amore è vivo
sopravvivendo ai relitti continua a essere,
un involucro di rossetto di cuori in volo
verso altri luoghi, meno consci,
più riceventi, un ultimo Campo di Grazia»

Lucia Cambria
Siciliana, laureata in Lingue e letterature straniere e in Lingue moderne, letterature e traduzione. Particolare predilezione per la poesia romantica inglese e per la comparatistica. Traduttrice di prosa e versi, nel 2020 ha trasposto in italiano per Arbor Sapientiae il romanzo "L’ultimo uomo" di Mary Shelley.