Tra il XVI e il XIX secolo le ballate si diffusero a mezzo di foglietti, che erano venduti a un penny e ne ospitavano una o due. Erano le cosiddette “ballate di strada”, rivolte a un pubblico poco colto, che trattavano argomenti semplici inerenti la vita quotidiana: figli e mariti che partivano per la guerra, episodi di cronaca nera, eventi politici. Se questi fogli erano raccolti insieme, formavano un piccolo libro detto “chapbook”. Come sappiamo, non tutte le ballate d’amore hanno un lieto fine, in quanto spesso gli amanti devono affrontare degli impedimenti insormontabili, non possono sposarsi, muoiono di pena. Un simbolo dell’amore che non termina con l’impedimento della morte è quello del “nodo d’amore” tra la rosa e il rovo, che nascono rispettivamente dalle tombe dei due amanti e si intrecciano.
Esistono molteplici tipi di ballate: un caso interessante è rappresentato dalle “return songs” in cui il protagonista arriva sotto mentite spoglie e pone delle domande per vedere se la donna che lo avrebbe dovuto aspettare gli era stata fedele mentre lui era in guerra. Questo tipo di canzoni derivano dal genere medievale “Hind Horn”: la maggior parte di queste ballate presenta il protagonista maschile che non viene riconosciuto dalla donna perchè sono trascorsi ormai moltissimi anni dalla sua partenza e, approfittando di questo, egli la corteggia. La donna rifiuta, dicendo che non può donargli il proprio cuore in quanto appartiene già al suo amato, che è in guerra. A questo punto l’uomo è rassicurato sulla fedeltà della donna e può finalmente rivelarsi. Questo tipo di storia fa ovviamente pensare a Penelope e Ulisse, con Ulisse che torna dopo vent’anni dalla guerra e si finge un altro per capire se la moglie gli è stata fedele.
Molti intellettuali crearono delle collezioni di ballate, per esempio Francis James Child (1825-1896) che scrisse English and Scottish Popular Ballads oppure Costantino Nigra (1828 -1907), dignitario piemontese che catalogò gran parte del folklore della sua regione e nel 1888 pubblicò I canti popolari del Piemonte (annotati per segnalare anche le variazioni di pronuncia), o ancora James Madison Carpenter con la sua raccolta di canzoni tradizionali, risalenti al periodo tra il 1927 e il 1955 e comprendente non solo la tradizione britannica ma anche quella americana.

Beatrice D'Angelo
Nata a Messina, laureata in Lingue e Letterature Straniere, attualmente sta studiando per conseguire il titolo magistrale. Ama la musica, la storia, il buon cibo e la buona compagnia. Le piace catturare paesaggi con la sua macchina fotografica. Sfrutta ogni occasione per imparare qualcosa di nuovo e per viaggiare, soprattutto in treno.