LetteraturaPrimo PianoLetteratura, tra storia e leggenda: le origini di “Tristano e Isotta”

Beatrice D'Angelo18 Febbraio 2020
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Le due maggiori testimonianze del romanzo Tristano e Isotta ci giungono nelle versioni di Béroul e di Thomas. Lo studio e l’approfondimento del corpus legato al romanzo su Tristano e Isotta è interessante – in prima istanza – perché la totalità delle sue varianti rappresenta la prima fase dello sviluppo del romanzo bretone e cortese. Per quanto concerne l’intreccio, domina quello tradizionale, espressione del prodigio dell’amore personale come elemento tragico che mette a nudo l’uomo interiore nell’eroe epico e spalanca un abisso tra volere e dovere. Come nei romanzi del ciclo antico, l’amore qui è passione fatale, dettame del destino a cui gli innamorati non possono sottrarsi. Tristano, infatti, prima di bere il filtro era un tradizionale eroe epico, vassallo ideale di suo zio.

La prima parte del romanzo può dirsi un tipico esempio di fiaba eroica, ma non appena Tristano si innamora di Isotta egli cambia completamente, diventando prigioniero del proprio destino. Tutte le sue imprese da questo momento sono volte a salvare la sua relazione illegittima con Isotta. Nella seconda parte del romanzo vediamo infatti che Tristano passa da valoroso cavaliere ad astuto uomo, che cerca di tramare al fine di mantenere la propria relazione. Tristano e Isotta riconoscono i propri ruoli e non attentano all’ordine sociale, ma non provano alcun pentimento di fronte a Dio – in quanto non c’è male nelle loro intenzioni – e non si sentono sottoposti a una forza superiore. Quindi l’amore è una forza nefasta e devastante nei confronti di tutti, non solo dei due amanti.

La variante di Béroul è la più arcaica – possiede delle caratteristiche che non esistevano prima del 1191 – e si ritiene che sia stata scritta da più autori e in periodi differenti (anche se questa ipotesi non ha ottenuto totale approvazione tra gli studiosi). Come è ben noto, la trama di Tristano e Isotta ha radici celtiche che affondano in storie in cui erano presenti già il “triangolo” e la magia d’amore ma non altri elementi – quali le descrizioni dei sentimenti e il conflitto tra vita spirituale dell’uomo e contesto sociale – che potrebbero essersi aggiunti grazie alla lirica d’amore (basti pensare che nella lirica provenzale l’amore è rivolto alla moglie di un altro). Lo studioso Jonin afferma che Béroul nella sua versione segue la tradizione e riproduce i costumi e le usanze del suo tempo, concedendo spazio alla descrizione dei sentimenti. In Béroul appaiono anche motivi epici, ma in generale nella versione “comune” è il filtro d’amore la fonte principale dell’amore funesto (assieme alla breve durata della sua azione, 3 o 4 anni). Quando l’azione del filtro d’amore finisce, i protagonisti provano angoscia e colpa. Per quanto riguarda i cortigiani, sono visti in modo negativo perché criticano gli amanti quando questi non hanno responsabilità sul proprio sentimento, ma ne sono vittime. Tuttavia l’autore è indulgente con i protagonisti anche quando Isotta fa un giuramento ambiguo, come se le sofferenze dei protagonisti dovessero suscitare sempre compassione.

Thomas nel suo romanzo propone un’interpretazione della storia con delle intenzioni più cortesi, perché ha mantenuto la geografia storica del XII secolo: ha rappresentato Marco come re inglese (e per questo ha dovuto rinunciare alla figura di Artù, che invece è presente nella versione di Béroul), ha rimosso alcuni personaggi ed episodi secondari e in generale ha mantenuto un senso di verosimiglianza. Il filtro magico in questa versione perde di importanza. Thomas è molto fedele ai dettami cortesi, celebra l’amore tra i due protagonisti e se il filtro cessa di essere una giustificazione, questo rafforza la compassione nei confronti degli amanti in quanto l’amore è frutto di una libera scelta. Thomas ha introdotto pochi elementi nuovi – tra cui la grotta dell’amore in cui gli amanti vivono in esilio – e ha eliminato quasi del tutto la descrizione della vita quotidiana in favore di un’analisi dell’animo dei personaggi, in particolar modo di Tristano (la sofferenza amorosa viene spesso espressa sotto forma di monologhi, e poi per bocca stessa dell’autore) che ha spesso tentennamenti e rimorsi di coscienza. Questo sviluppo dell’elemento psicologico è tipico del romanzo cortese (lo troviamo anche in Chrétien de Troyes). La vita dei protagonisti nel bosco è idilliaca (opposta a quella rappresentata da Béroul). Il giaciglio di cristallo al centro della grotta rappresenta un altare pagano consacrato alla dea dell’amore e quando i due giovani sono costretti a separarsi, Tristano – grazie all’aiuto di un gigante – fa porre nella grotta una statua di Isotta con Brangania e la venera (la deificazione dell’amata e il culto pagano dell’amore sono indubbiamente tratti della dottrina cortese). Thomas a un certo punto divide anche il corpo e l’anima: al momento della separazione dei due amanti, Isotta appartiene con il corpo a Marco e con l’anima a Tristano (questo tipo di divisione appartiene alla norma cortese). Ci sono anche altri motivi tipicamente cortesi, come la formazione del giovane Tristano nelle scienze e nelle arti e la sua condotta rispettosa nel corteggiamento a Isotta. Tutti questi tratti, però, non fanno dell’opera di Thomas un’illustrazione delle dottrine cortesi, ma rappresentano piuttosto lo sforzo di introdurre eleganza in una leggenda tetra e crudele. Thomas ha dimostrato l’impossibilità della dottrina cortese nel trovare una via d’uscita ai conflitti reali dell’amore personale nel contesto della società medievale.

Beatrice D'Angelo

Nata a Messina, laureata in Lingue e Letterature Straniere, attualmente sta studiando per conseguire il titolo magistrale. Ama la musica, la storia, il buon cibo e la buona compagnia. Le piace catturare paesaggi con la sua macchina fotografica. Sfrutta ogni occasione per imparare qualcosa di nuovo e per viaggiare, soprattutto in treno.