LetteraturaPrimo PianoLetteratura, tra storia e leggenda: la “malattia d’amore” nei romanzi medievali

Beatrice D'Angelo1 Gennaio 2020
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La “malattia d’amore” è un tema fondamentale all’interno dei romanzi medievali. Pur appartenendo a un così lontano passato, essendo essa relativa a un sentimento tra i più comuni nell’essere umano, possiede alcuni tratti che rimangono fortemente attuali. Questo fenomeno, come ci suggerisce il nome stesso, durante il Medioevo veniva considerato una vera e propria malattia, i cui tratti tipici erano inappetenza, palpitazioni, sospiri, irrequietezza generale e insonnia. Venivano anche consigliate dagli stessi medici, in vari trattati sull’argomento (ad esempio nel De la maladie d’amour ou mélancolie érotique di Jacques Ferrand), delle cure abbastanza fantasiose che appaiono oggi chiaramente prive di fondamento, come rivolgersi a delle anziane che avrebbero denigrato verbalmente la donna o l’uomo amati al fine di “curare” il malato d’amore, oppure il giacere con numerose schiave.

Un esempio di opera in cui è fondamentale il fenomeno della malattia d’amore è il Floriant e Florete, romanzo arturiano di autore anonimo datato attorno al 1270-1320. È giunto ai nostri giorni soltanto in un codice, il De Ricci 122, custodito nella Public Library di New York. La storia è di ambientazione prevalentemente siciliana, tranne per alcune avventure di Floriant e per gli episodi alla corte di re Artù. Si racconta del re e della regina di Sicilia, e di come il malvagio siniscalco Maragot uccida senza rimorso il proprio sovrano in modo da ottenere sia la regina che il trono. Tuttavia egli non vede coronato il suo piano in quanto la regina, incinta, si rifugia nel castello di un fedele suddito. Viene poi alla luce un bambino, Floriant, preso in custodia dalla fata Morgana, che si occupa di istruirlo. Quando egli raggiunge l’adolescenza lo invia alla corte di re Artù per poter apprendere l’arte della cavalleria, tuttavia non gli viene rivelata l’identità dei suoi genitori, ma Morgana gli promette che gliela svelerà quando avrà raggiunto la corte di Artù. Durante il suo viaggio egli affronta tante avventure fantastiche e, giunto alla corte del re, gli vengono finalmente rivelate le sue origini. Floriant così parte per riconquistare ciò che è suo e vendicare il padre. Nel frattempo, in Sicilia, il malvagio siniscalco era diventato re grazie ai suoi inganni. Essendo venuto a conoscenza dell’imminente arrivo di Floriant con l’esercito di Artù pronto a sconfiggerlo, Maragot chiede e ottiene l’alleanza e l’aiuto di alcuni re, e addirittura dell’Imperatore di Costantinopoli. Gli eserciti si combattono, e alla fine Floriant sconfigge Maragot e lo smaschera davanti a tutti. Maragot viene punito con una morte cruenta, e vengono anche celebrate le nozze tra Floriant e la figlia dell’Imperatore, Florete, che durante la guerra si erano innamorati. Conquistata quindi la pace, Floriant trascura per tre anni le avventure e vive una vita agiata e monotona. La coppia ha anche un figlio, Froart. Floriant, dopo essere stato tacciato di accidia (con un chiaro riferimento a Eric e Enide e, in generale, a Chrétien de Troyes) parte assieme alla moglie alla ricerca di nuove avventure, giungendo infine a Costantinopoli, dove i due scoprono che l’Imperatore è deceduto e che quindi loro sono i nuovi regnanti. Trascorrono altri tre anni, dopo di che tornano in Sicilia e, durante una battuta di caccia, Floriant insegue un cervo che lo conduce in una dimora fuori dal tempo, in cui lo attende Morgana. Egli non potrà più uscire da quel palazzo, e presto – dietro sua insistenza – verrà condotta lì anche Florete, per vivere insieme in eterno.

All’interno del romanzo vi sono tre personaggi principali che vengono colpiti dalla malattia amorosa. Il primo è Maragot, il siniscalco del re. Egli non ha alcun tipo di esitazione nel commettere un omicidio per raggiungere il suo scopo. La malattia amorosa porta l’innamorato a perdere il contatto con la realtà, egli vive in un mondo a parte (basti pensare a come il personaggio di Lancillotto ne Il cavaliere della carretta non si renda nemmeno conto di essersi ferito le mani mentre sta tentando di rimuovere le sbarre di una finestra per poter finalmente giacere con Ginevra). Tuttavia l’errore nel sentimento di Maragot, ciò che non lo rende amor cortese, è che il sentimento non viene ricambiato ma forzato da Maragot nei confronti della Regina. Infatti, il primo “comandamento” dell’amore cortese è che esso debba essere accettato dalla donna. In questo personaggio troviamo quindi la malattia d’amore portata al suo estremo, che permette all’antagonista di compiere un gesto atroce quale l’omicidio in un batter d’occhio e senza rimorso; si tratta di una lucida follia, che macera all’interno di Maragot. Egli ha sempre presente che la donna è inarrivabile, essendo la donna del suo signore, ma ciò non sembra importargli. Deve esternare la sua passione o arderà vivo. Il suo, oltre che quella di un appagamento psicologico, è ovviamente anche la necessità di un appagamento fisico (infatti si parla di “desiderio” e di “trarre appagamento”).

Il secondo personaggio a patire la malattia d’amore è Floriant. Egli è il tipico cavaliere cortese, valoroso, ama l’avventura e non ha paura di nulla; il lettore sa che qualsiasi combattimento lo coinvolga, finirà con la vittoria da parte sua. Egli mostra innumerevoli sintomi della malattia d’amore dopo aver visto Florete, ed è soddisfatto in parte quando possono incontrarsi e consumare l’amore dal punto di vista fisico, ma soprattutto quando “rapisce” Florete, che è una prigioniera volontaria, e poi la sposa.

Per quanto riguarda invece Florete, è un personaggio dinamico, non è la classica damigella che aspetta che il cavaliere la salvi (anzi uccide un drago per salvare Floriant), e non ha un carattere capriccioso, come per esempio quello di Ginevra. Florete ha un desiderio passionale e fisico nei confronti di Floriant e lo ammette; soprattutto, fa il primo passo nel dichiarargli i suoi sentimenti, il che non era affatto comune in questo tipo di romanzi. Viene colpita dalla malattia d’amore in maniera speculare rispetto a Floriant, per esempio dopo una battaglia entrambi non riescono a dormire perché pensano all’altro e si chiedono se provi gli stessi sentimenti amorosi.

Nel romanzo sono inoltre presenti molti richiami ad altri personaggi che in tempi antecedenti furono colpiti dalla malattia amorosa, come Didone, oppure la coppia Tristano/Isotta. Il dio dell’amore viene personificato e rappresentato come armato di arco e frecce, che «mira a tutti coloro che sono in disaccordo con lui», a sottolineare come non si possa sfuggire alla volontà dell’amore, diventandone schiavi. Altre volte invece assume implicitamente le sembianze di una bestia, “assalendo” i personaggi. È interessante notare anche come veniva utilizzato il termine “amica” in questo tipo di letteratura, assumendo dei connotati sessuali che lo rendono simile all’odierno “amante”.

Beatrice D'Angelo

Nata a Messina, laureata in Lingue e Letterature Straniere, attualmente sta studiando per conseguire il titolo magistrale. Ama la musica, la storia, il buon cibo e la buona compagnia. Le piace catturare paesaggi con la sua macchina fotografica. Sfrutta ogni occasione per imparare qualcosa di nuovo e per viaggiare, soprattutto in treno.