Architettura, Design e ModaArtePrimo PianoUn salotto per la regina: il “boudoir” di porcellana di Maria Amalia di Sassonia

Anna D’Agostino20 Agosto 2022
https://lacittaimmaginaria.com/wp-content/uploads/2020/07/etwetgwe4twe4tgw.jpg

Un particolare ambiente in stile rococò è oggi collocato nella Reggia di Capodimonte: si tratta del meraviglioso salottino di porcellana voluto dalla regina Maria Amalia di Sassonia, consorte di re Carlo di Borbone.

Real Fabbrica della Porcellana di Capodimonte, Il salottino di porcellana della Reggia di Portici, 1757-59.

Proprio i due regnanti di Napoli – con l’intento di eguagliare le celebri manifatture reali europee di Meissen, Vincennes-Sèvres e Vienna – fondarono nel 1743 una fabbrica di porcellana all’interno della Reggia partenopea: la Real Fabbrica di Capodimonte. Probabilmente fu la regina a imprimere la passione per le porcellane al marito, in quanto proprio suo nonno, Augusto di Sassonia, intorno al 1708 aveva avviato l’innovativa produzione di Meissen.

La manifattura napoletana superò qualitativamente quella tedesca e francese, poiché il particolare impasto a grana fine, ideato dal chimico fiorentino Livio Vittorio Schepers, consentiva di modellare particolari minuziosi, esaltati da una vernice di copertura che donava interessanti effetti cromatici e luministici. Diedero grande lustro alla fabbrica lo “scultore del re” Giuseppe Gricci e il pittore Giovanni Caselli, i quali – in linea con il gusto rococò dell’epoca – definirono lo stile raffinato e decorativo che la caratterizza. Tutto ciò è sintetizzato proprio nel salottino di porcellana della regina, una delle ultime creazioni di questa manifattura.

Particolare della decorazione del salottino di porcellana

Il “boudoir” fu realizzato tra 1757 e 1759 su progetto dello scenografo piacentino Giovan Battista Natali per l’appartamento privato di Maria Amalia nella Reggia di Portici. Alla sua esecuzione parteciparono le diverse maestranze della Real Fabbrica; coloro che furono impegnati nella lavorazione dei pezzi, come la cottura e l’esecuzione degli stucchi, furono diretti dal già citato Gricci.

L’ambiente è a pianta quadrangolare, fastosamente decorato da più di tremila pezzi di porcellana bianca con decorazioni policrome a rilievo, montati su un’armatura in legno. Il decoro a “chinoiserie” invade letteralmente tutto il salottino con festoni floreali, frutta, animali esotici e libri. Viene celebrata la figura del re Carlo, elogiato dalla moltitudine di personaggi asiatici presenti che srotolano dei cartigli, in lingua mandarino, tutti volti a celebrare la magnanimità e la lungimiranza del re che da poco aveva fatto istituire con Matteo Ripa la prima colonia cinese in Europa, la quale diventerà la propaggine dell’Università degli studi linguistici di Napoli l’Orientale. Le pareti sono ulteriormente arricchite da sei grandi specchiere francesi, mentre la volta – realizzata da Mattia Gasparini – è in stucco che imita la maiolica, dal cui centro pende un grande lampadario a dodici bracci in porcellana costituito da un fusto a forma di palma su cui si arrampica una scimmia, accanto alla quale vi è un giovane cinese seduto che pungola un drago con il suo ventaglio. Non si conservano il pavimento originario, le porte intagliate e i tendaggi, eseguiti dalla Manifattura di San Leucio.

La volta in stucco
Il lampadario a dodici bracci in porcellana

Questo prezioso “boudoir”, come si è detto, non fu realizzato per la Reggia di Capodimonte, nel quale ancora oggi è possibile ammirarlo, ma per quella di Portici; la motivazione è da ricercarsi nel passaggio dei beni borbonici al demanio italiano avvenuto a seguito dell’Unità d’Italia. In tale occasione il salottino fu smontato e trasferito a Capodimonte nel 1866, durante l’amministrazione del piemontese Annibale Sacco, direttore della Real Casa Savoia, che volle riunire nel Museo di Capodimonte i tesori provenienti da altre dimore borboniche.

Particolare della decorazione del salottino di porcellana

Il soffitto in stucco venne ricongiunto alle pareti solo nel 1957, in quanto a causa delle difficoltà di smontaggio e movimentazione si trovava ancora nel sito originario.

Anna D’Agostino

Classe '93, laureata in Storia dell'Arte con una tesi in Museologia sull'arredamento dell'Ambasciata d'Italia a Varsavia dalla quale è scaturita una pubblicazione in italiano e polacco. Prosegue la ricerca inerente l'arredamento delle Ambasciate d'Italia nel mondo grazie a una collaborazione con la DGABAP del Mibact. É iscritta al Master biennale di II livello "Esperti nelle Attività di Valutazione e di Tutela del Patrimonio Culturale".