LetteraturaPrimo PianoUn ritratto di Leonardo Sciascia, a più di trent’anni dalla scomparsa

Adele Porzia8 Aprile 2021
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Quando, nel 1967, uscì nei cinema italiani la pellicola di Elio Petri A ciascuno il suo, tratta dall’omonimo libro di Leonardo Sciascia, venne posta la prima pietra di una serie di film (non solo italiani) tratti dalla florida penna dello scrittore. Fu il primo incontro tra il cinema e questo prolifico intellettuale siciliano, che più che siciliano si riteneva anzitutto italiano. «Sono uno scrittore che vive e si occupa della Sicilia, ma se vi dicessi che la situazione della Sicilia riflette l’Italia e perfino l’Europa, potrei ancora essere considerato uno scrittore siciliano?», sottolineò in un’intervista poco prima di morire.

Elio Petri sarà sempre un profondo sostenitore del pensiero sciasciano e amante della sua letteratura. Non mancherà di citare nei suoi film anche opere minori, divenendo in un certo senso il suo regista personale. Petri spiegava questa predilezione per Sciascia dicendo che era “in primis” un ammiratore del mistero, dei racconti polizieschi. Ed era quanto meno rapito dal modo in cui Sciascia trattava il mistero perché, sfruttando quella sua preziosa impalcatura poliziesca, rifletteva sulla natura dell’individuo e sulla società contemporanea in cui viveva.

Quello che incantava Elio Petri di questo scrittore, schivo e di poche parole, era immancabilmente la sua immensa capacità di studiare la vita di tutti i giorni, la società in tutta la sua interezza, svelandone gli aspetti meno lusinghieri, quelli che altri nascondevano sotto il tappeto. Andava ben oltre i racconti gialli tradizionali, tracciando la delicata situazione della Sicilia. E, quindi, dava a quelle storie, a quei misteri, un’origine ben più remota e antica, destinata a fluire insieme alle tante cose che non andavano bene nella sua terra.

Sciascia non era il tipo che taceva o si nascondeva: era un intellettuale che non seguiva il branco. Quando, qualche anno fa, la Rai fece un’intervista ad Andrea Camilleri – poco prima che divenisse cieco e morisse – per ricordare il suo maestro, questi non parlò dell’interesse di Sciascia nei confronti della Sicilia o del valore civile delle sue opere; piuttosto volle ricordare lo Sciascia scrittore. «La capacità di Leonardo stava nel preannunciare i tempi. È quello che fanno i grandi scrittori. Vedeva la realtà, così come la vediamo tutti, ma aveva quell’innata capacità di vedere in avanti, nel futuro, lì dove nessuno riesce. Ecco perché sostengo con forza che fosse uno scrittore profetico», diceva Camilleri.

Chi lo conosceva non lo descriveva come un gran chiacchierone. Era un tipo di poche parole, ma «quando carburava, diventava un fiume in piena», racconta Gaspare Agnello, suo grande amico e presidente degli Studi Antonio Russiello. L’ha conosciuto in occasione di un piccolo premio letterario che si svolgeva nel paesino dove Sciascia era nato e cresciuto, Racalmuto. «Leonardo non credeva nei premi letterari, li odiava profondamente, ma accettò di buon grado di farsi affiancare da me nella selezione degli artisti esordienti del suo paese. Qui confluivano i giovani scrittori della Sicilia. E ricordo che io tentavo in tutti i modi di farlo smettere di fumare. Se ne stava sempre con la sua immancabile sigaretta tra le dita. E una volta lui mi disse, certo stufo dei miei continui tentativi di persuasione: “Gennarì, ma tu fumavi?”. E io effettivamente fumavo, ma avevo smesso. E allora mi disse che i pentiti sono gente pericolosa. Certo, non si riferiva a me, ma ai pentiti della mafia. Però era una di quelle cose, tra le tante che diceva, che ti facevano restare dapprima sull’attenti e che poi ti facevano sorridere», racconta Agnello.

Un altro episodio che fa capire chi fosse Leonardo Sciascia l’ha raccontato Alberto Alaino, giornalista Rai cui era capitato da giovane di vedere spesso il grande scrittore. E gli faceva sempre un certo effetto, incontrare quest’uomo così serio, pessimista per i suoi contemporanei ma realista a nostro avviso, così gentile e buono, che parlava così poco e al momento giusto. E, naturalmente, provava un grande rispetto nei suoi confronti. Allora, ricorda che l’ultima volta che lo vide da ragazzo, il giovane giornalista si era rasato la barba, mentre in precedenza era andato con una folta barba in conferenza stampa. Allora Sciascia gli si avvicinò e gli disse: «Bisogna decidersi». Non gli disse come doveva tenere la barba, solo di scegliere. Secondo Alaino, Sciascia – tra le altre cose – era anche questo: un vero maestro e, come tale, capace di spingere l’allievo a decidersi, piuttosto che indicargli la strada da seguire.

Eppure, vi è un avvenimento particolare con cui è il caso di concludere, visto che si è iniziato parlando di Elio Petri, che aveva ben compreso la natura drammatica dei suoi scritti. Sciascia amava andare al cinema e all’epoca, in quelle sale cinematografiche, si poteva anche fumare. Vi trascinava chiunque, altrimenti andava da solo. Una sera portò con sé un caro amico d’infanzia a vedere l’ultimo di Federico Fellini, regista che Sciascia adorava. Al termine, lo scrittore disse all’amico, semplicemente, mentre era visibilmente emozionato: «Bello, eh?». Poi tornarono a casa, in silenzio, senza emettere un solo suono. In fondo, Sciascia era davvero il poeta del silenzio.

Adele Porzia

Nata in provincia di Bari, in quel del ’94, si è laureata in Filologia Classica e ha proseguito i suoi studi in Scienze dello Spettacolo. Giornalista pubblicista, ha una smodata passione per tutto quello che riguarda letteratura, teatro e cinema, tanto che non cessa mai di studiarli e approfondirli.