The New ∀bnormal, la V edizione di Straperetana nel borgo di Pereto (progetto nato nel 2017, ideato da Paola Capata e Delfo Durante, a cura di Saverio Verini con la collaborazione di Matteo Fato), si diffonde e avvolge l’intero nucleo urbano in un incontro esplorativo tra le opere e la realtà cittadina, scoperta di nuovo in un dialogo di innesti tra forme e linguaggi, tra mondi in contrasto e consonanza liminale, tra case e strade, tra nuovi racconti inattesi e storie abbandonate, percezioni irreali e visioni dell’ignoto che si restituiscono a un nuovo sguardo.
Partendo come fonte ispirativa dal saggio The Weird and the Eerie di Mark Fisher, il progetto curatoriale rifugge i confini dell’ordinario, varcando la soglia del noto verso l’incauto, l’indefinibile, lo straordinario, portando la riflessione nei territori della metamorfosi e della commistione fantastica, del perturbante, del combattimento e dell’unione tra conformazioni alterate e ibridate.
Il percorso coinvolge 24 artisti: Giacomo Alberico, Francesca Banchelli, Giuditta Branconi, Enzo Cucchi, Luca De Angelis, Andrea Di Cesare, Daniele Di Girolamo, Floating Beauty, Luca Francesconi, Oscar Giaconia, Francesca Grilli, Sacha Kanah, Claudia Losi, Giulia Mangoni, Edoardo Manzoni, Paride Petrei, Giulia Poppi, Carol Rama, Andrea Respino, Moira Ricci, Giuliano Sale, Andrea Salvino, Gabriele Silli, Giovanni Termini.
Incubi e incanti, misteri e rivelazioni conducono il fruitore nelle trame trasformi e stranianti dell’inquieto, attraversando una fascinazione inestricabile lungo tracce di enigmi tentacolari, oltre i confini dello spazio e del tempo, insinuanti in luoghi molteplici e in perenne relazione con l’inconoscibile, l’inusitato, il metafisico.

Nell’opera Tempo dopo tempo, la doratura rimane sulle dita, ma non importa di Floating Beauty ci si ritrova nei passi lenti e perlustrativi di una caccia al tesoro attraverso le migliaia di pepite di mollica, appallottolate e dorate, disseminate per le vie del borgo che conducono e accompagnano lungo il percorso, in una mappatura fiabesca, preziosa ed effimera. Le molliche, come il titolo suggerisce, rilasciano la propria doratura materializzando un ulteriore segno e impronta che permane tra le dita e il ricordo.

Lingue in bocca di Enzo Cucchi si staglia e si stringe su una superficie angolare nel cortile interno del Palazzo Maccafani. Ferocemente ironica, eteroclita e zoomorfa, la scultura in bronzo è un elemento ibrido e dinamico, appartenente trasversalmente alla storia e alla contemporaneità, stratificazione di epoche e immaginari, simboli e articolazioni figurali emersi e silenziosamente ancorati in un punto di congiunzione e di incontro.

Giulia Poppi, nel soffio delicato – già nel titolo – dell’opera Sffsssshh, condensa e conforma un’impalpabile e volubile materialità gassosa, candida nebulosa discesa e penetrata tra le mura del palazzo, ospite pervasiva diafana e fragile che si nutre di aria e di luce.

In Untitled di Gabriele Silli una realtà vegetale proveniente dall’ambiente marino si impone allo sguardo e alla percezione olfattiva ramificandosi all’interno del Palazzo Maccafani in una conformazione che sembra in perenne mutazione e movimento, un essere animato che riprende vita mostrando la sua forma composita, poderosa e straordinaria, portando come baluardo il suo peregrinare, la sua pelle muschiata e pungente su cui l’artista trafigge una pera, richiamo alla città di Pereto e al pittogramma di Straperetana.

Luca Francesconi nella serie Cafone compone figure antropomorfe stilizzate, sculture composte di acciaio e ortaggi – tra metafore umoristico-idiomatiche e capricci o invenzioni ironiche, protrudenti e deformi – che nella loro viva materialità esposta e celebrata sono soggetti a inesorabile e continua trasformazione, a incontrastabile deperimento. Le opere – già nell’etimologia della parola cafone, probabilmente derivato del latino “cavare” o “scavare” – sono indissolubilmente legate ai ritmi stagionali e alla terra, dove si origina ogni crescita e mutazione.

All’ingresso di Palazzo Iannucci l’installazione scultoreo-sonora Voci discrete di vecchie canzoni di Daniele Di Girolamo, in un dialogo tra artificio e natura, tra immaterialità del suono e presenza scultorea, conduce il fruitore in una sospensione metafisica in cui il brusio di insetti, registrato durante l’impollinazione, sussurra l’incedere costante e sempre rinnovato del lavorio di natura, intimo e spesso celato.

Paride Petrei nell’opera Tripode anfibio monopinnato, tra funzionalità oggettuale di uno scafo e il suo ribaltamento in chiave zoomorfica, compone un innesto simulacrale sinuoso, attraente, conducendo il fruitore in una navigazione dentro il flusso continuo del tempo, in una memoria perduta di simboli che attraversa epoche, miti, culti e ritualità.

Edoardo Manzoni in Richiamo Vivo cattura in un’assenza inquieta l’eco di un mondo boschivo, miraggio di un tempo di caccia e di confronto con la natura in una fascinazione malinconica e nostalgica che sembra intonata sugli accordi di una rovina: le gabbie per uccelli vuote, posizionate su rami trovati nei boschi limitrofi al borgo di Pereto, rimandano suoni, odori e colori quasi dispersi nel sapore struggente dell’abbandono, di quel che resta e resiste, che sopravvive alle macerie, svuotato ma permanente nell’impronta lasciata.

Nelle linee tracciate dal ricordo Giacomo Alberico in Tenda di ciniglia trasporta l’osservatore nel ricordo di una quotidianità appena interrotta, una memoria affettiva che assume le forme dell’abitare, di un oggetto in disuso quanto la casa che lo ospita, racchiudente storie di vite passate nella semplicità. La forma lineare e compatta si distende nell’impossibilità e al contempo nella familiarità del racconto che scivola tra le fessure di un possibile ingresso.

In Picnic at Hanging Rock/Pereto Giulia Mangoni – nella suggestione derivata dal film di Peter Weir – fa riaffiorare fantasmagoriche figure disperse, portali aperti su misteri insondabili, in cui l’artista riporta vedute della città riprese da foto antiche, che trascinano con loro inquietudini ed enigmi, trepidazioni e forme sinistre.

In Apnea di Sacha Kanah, l’impermanenza della struttura scultorea – composta da polvere addensata e costretta in una conformazione colonnare – evidenzia la sua presenza costruttiva, al contempo solida e instabile, e il suo incessante e inevitabile principio corrosivo che la condurrà a completa dissoluzione.
In The New ∀bnormal, titolo ispirato all’ultimo album dei The Strokes, la V edizione di Straperetana nella riflessione sull’inquieto, il trasformativo, il metamorfico e il perturbante attraversa generi e stili, “medium” e poetiche, in un composito panorama emblematico che diventa metafora di un principio mutativo, intrinseco, duale.

Nicoletta Provenzano
Nata a Roma, storica dell’arte e curatrice. Affascinata dalle ricerche multidisciplinari e dal dialogo creativo con gli artisti, ha scritto e curato cataloghi e mostre, in collaborazione con professionisti del settore nell’ambito dell’arte contemporanea, del connubio arte-impresa e arte-scienza.