ArtePrimo PianoBiennale di Venezia: la Lituania e il mare che non c’è

Nicoletta Provenzano16 Maggio 2019
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Una zona nascosta dell’Arsenale nord di Venezia, Fondamenta Case Nuove, si interseca in calli e calleselle che profumano di panni stesi ad asciugare e risuonano delle voci dei bambini che giocano per strada in uno scenario autentico scandito dai ritmi del quotidiano. Il Padiglione della Lituania nell’Arsenale della Marina Militare si intreccia con questo piccolo mondo, segreto e quasi introvabile, e si apre alla vista introducendo il curioso, l’osservatore, l’amante dell’arte, in una corte verdeggiante, ampia e silenziosa.

Pavilion of Lithuania, Sun & Sea (Marina), photo by Andrea Avezzù, Courtesy: La Biennale di Venezia

Quasi a contrasto con quel piccolo mondo preservato dalla folle e incontrollata caratterizzazione turistico-massimizzata di gran parte della città, le tre artiste Rugilė Barzdžiukaitė, Vaiva Grainytė e Lina Lapelytė, con la curatela impeccabile di Lucia Pietroiusti, ci introducono all’interno del Padiglione Lituano: in una finta spiaggia al coperto, alimentata da un finto calore estivo ed affollata da noncuranti e svagati villeggianti, abili spalmatori di creme solari.

Pavilion of Lithuania, Sun & Sea (Marina), photo by Andrea Avezzù, Courtesy: La Biennale di Venezia

Dall’alto, si osserva curiosamente la gente seminuda che occupa il tempo senza sentire il peso di un cielo assente, di un’aria irreale, di una paradossale vacanza intrappolata in una “goccia d’ambra”, senza sponde, senza il miraggio di un orizzonte marino.

Pavilion of Lithuania, Sun & Sea (Marina), photo by Andrea Avezzù, Courtesy: La Biennale di Venezia

La performance Sun & Sea (Marina) crea immagini di vita simulata dalla disorientante familiarità, uno scenario tranquillo dominato dall’alto dagli spettatori, sottoposti volontariamente a spiare un nutrito numero di persone in costume, stregati e sconcertati da una conosciuta parentesi vacanziera: asciugamani coloratissimi, braccioli, secchielli, ciambelle, attività ginniche da bagnasciuga intervallate da saggi contorsionistici sulla sabbia dorata, il tamburellare dei racchettoni, gli sbadigli annoiati delle adolescenti che controllano con ogni probabilità le ultime esaltanti novità delle influencer di turno.

Pavilion of Lithuania, Sun & Sea (Marina), photo by Andrea Avezzù, Courtesy: La Biennale di Venezia

I classici rumori della vita da spiaggia vengono sovrastati da canti salmodiali, litanie intonate dalla voce principale a cui rispondono gli astanti. Il coro liturgico del padiglione si svela nelle sue ansie e preoccupazioni, uno ad uno, poco alla volta. Quasi catapultati nel libro di David Foster Wallace, nella crociera del triste divertimento forzato, dalle particolareggiate e personalistiche contingenze e angosce personali, la piccolezza e l’impotenza dell’umanità viene alla ribalta in una invocazione che chiarisce l’inevitabilità e la certezza del proprio destino mortale.

Pavilion of Lithuania, Sun & Sea (Marina), photo by Andrea Avezzù, Courtesy: La Biennale di Venezia

È la nostra idea d’infinito che si perde nella ristretta realtà di quattro mura rispecchianti menti imprigionate, incapaci di vedere al di là dell’orizzonte. Abbandonato il sole, il mare, la speranza, rimaniamo ancorati ai ritornelli accattivanti della vivace futilità. Il mondo si spegne nell’indifferenza generale, nel divertimento annoiato e disattento, nella tintarella data da un sole artificiale.

L’azione performativa unisce insieme l’opera lirica e teatrale alla coralità liturgica di un tableaux vivants che si ripete instancabilmente ogni sabato all’interno del magazzino della Marina Militare, per la prima volta usati come contesto espositivo della biennale veneziana.

Pavilion of Lithuania, Sun & Sea (Marina), photo by Andrea Avezzù, Courtesy: La Biennale di Venezia

Non stupisce l’assegnazione da parte della giuria del Leone d‘oro a questo padiglione che strizza l’occhio al facile coinvolgimento dato da una mescolanza tra azione teatrale e operistica con citazioni compositive derivate dal contesto cinematografico, cui il pubblico è più avvezzo, per condurlo nel vivo di un contenuto urgente e pressante, attraverso lo svelamento di un falso idillio. La performance nella sua presenza e azione reale rappresenta la simulazione di un mondo potenzialmente realizzabile che genera incertezze, interrogativi e ansie su cui è essenziale riflettere.

Nicoletta Provenzano

Nata a Roma, storica dell’arte e curatrice. Affascinata dalle ricerche multidisciplinari e dal dialogo creativo con gli artisti, ha scritto e curato cataloghi e mostre, in collaborazione con professionisti del settore nell’ambito dell’arte contemporanea, del connubio arte-impresa e arte-scienza.