Salvatore Fergola (Napoli 1796 – 1874), grande protagonista della scena artistica partenopea negli anni della Restaurazione, è purtroppo ancora poco conosciuto. Nato a Napoli in una famiglia di artisti, si dedicò inizialmente allo studio delle lettere e dell’architettura e successivamente a quello della pittura. Seguì le orme del padre, sia nell’uso della tempera che nell’impostazione della veduta sull’esempio di Jakob Philipp Hackert, tanto da poter essere considerato un suo legittimo erede. Insieme al padre lavorò, inoltre, all’Officio Topografico Militare napoletano, dove nei primi decenni dell’Ottocento si iniziò a sperimentare la litografia, arte del quale Fergola fu maestro tanto da fondare, nel 1823, il primo stabilimento litografico in Italia.

Nel frattempo Fergola era già pittore della corte dei Borbone; infatti, anche per tale motivo, da un lato la sua produzione di dipinti ebbe una distribuzione elitaria e dall’altro, con le stampe, attirò un pubblico più vasto, fatto di borghesi proiettati verso i nuovi consumi culturali. Le grafiche realizzate in questi anni, sottoscritte come “Litografia Fergola”, furono senza dubbio il frutto di una stretta collaborazione con il padre Luigi, pittore e disegnatore di vedute. Proprio queste ultime furono i soggetti delle sue stampe, in cui vi era una grande attenzione agli effetti della luce e alla ricchezza del chiaroscuro.

Nel 1819, Fergola – appena ventenne – seguì Francesco di Borbone in Sicilia e in Puglia e immortalò nei suoi dipinti i paesaggi di quelle due regioni del Regno. Il rapporto con il suo mecenate si rafforzò quando il duca salì al trono come Francesco I, e dunque Fergola fu nominato “pittore di corte” con un cospicuo appannaggio. Nelle sue opere l’artista napoletano rappresentò gli eventi di rilievo del Regno delle Due Sicilie, diventando un reporter ufficiale di un momento storico eccezionale, quando la Napoli della prima metà dell’Ottocento era una vera metropoli, la terza città in Europa per popolazione. La città partenopea fu all’avanguardia sia per le iniziative culturali, in particolare nel campo musicale dove il Teatro di San Carlo fu un vero tempio internazionale della lirica, sia per l’introduzione di rilevanti innovazioni tecnologiche, come la costruzione della prima ferrovia italiana (inaugurata nel 1939, percorreva il tratto Napoli-Portici), il battello a vapore, i ponti sospesi in ferro e il primo sistema bancario moderno grazie a banchieri provenienti dalla Francia. É questo slancio verso la modernità dei Borbone che Fergola rappresentò nei suoi dipinti. Inoltre Fergola dipinse la vita quotidiana e la ricchezza della capitale del Regno, gli ultimi splendori di una corte ancora sfarzosa, di cui ritrasse i luoghi – tra la Campania e la Sicilia – e gli eventi, come le cacce e i tornei.


Tra il 1829 e il 1830 – dopo aver seguito re Francesco I a Madrid, per dare in sposa sua figlia Maria Cristina al Re di Spagna – Fergola si trattenne diversi mesi a Parigi, ospite del duca d’Orléans e della duchessa di Berry, tra i più importanti collezionisti d’arte contemporanea in Europa. Nella capitale francese Fergola entrò in contatto con altre correnti artistiche che influenzano la sua ultima produzione composta da grandi marine in tempesta, tema molto caro all’immaginario artistico romantico, divenendone in tal modo uno dei grandi interpreti italiani. Il pittore napoletano passò dunque da un iniziale versante documentario, in cui si celebra il dominio dell’uomo sugli elementi, a un approccio emozionale, una romantica rivincita della natura sulla tecnologia e sullo sviluppo.

Nonostante ciò, Fergola – per numerose e complesse ragioni – è stato un artista dimenticato, in particolare perché gli studi sulla pittura napoletana dell’Ottocento hanno sempre privilegiato la “Scuola di Posillipo”, molto apprezzata in quanto rappresentante di un approccio diretto alla natura, formata da pittori indipendenti, dunque svincolati da legami con i committenti. Fergola, invece, fu l’opposto: l’ultimo pittore di Corte. Inoltre, un’altra motivazione risiede nell’accezione negativa che ebbe la dinastia dei Borbone nella revisione storica risorgimentale, un giudizio che insieme ai Borbone trascinò con sé anche il loro pittore.

Solamente tra il 2016 e il 2017 l’artista è stato presentato al grande pubblico in una splendida mostra monografica tenutasi al Palazzo Zevallos Stigliano di Napoli. Un primo, piccolo riconoscimento all’arte di un grande pittore.

Anna D’Agostino
Classe '93, laureata in Storia dell'Arte con una tesi in Museologia sull'arredamento dell'Ambasciata d'Italia a Varsavia dalla quale è scaturita una pubblicazione in italiano e polacco. Prosegue la ricerca inerente l'arredamento delle Ambasciate d'Italia nel mondo grazie a una collaborazione con la DGABAP del Mibact. É iscritta al Master biennale di II livello "Esperti nelle Attività di Valutazione e di Tutela del Patrimonio Culturale".