ArtePrimo Piano“Riunione di condominio” di Natascia Abbattista: un enigma a Casa Vuota

Nicoletta Provenzano1 Gennaio 2022
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Nel progetto di Natascia Abbattista Riunione di condominio, a cura di Francesco Paolo Del Re e Sabino de Nichilo, l’inquieto si annida nelle stanze dello spazio espositivo Casa Vuota: luoghi vissuti, sospesi, attraversati da memorie.

Come in un enigma giallistico, si allude a un pericolo annunciato o a un’efferatezza compiuta, intuita da frasi sovrapposte, interrotte e accennate dalle tracce audio diffuse, parte dell’installazione Riunione di condominio che, oltre a dare il titolo alla mostra, coinvolge l’osservatore nell’ambientazione noir come ospite e testimone a posteriori, investigatore accurato e ingegnoso.

Gli ambienti domestici, attraversati da un presagio funesto, si caricano di ipotesi indiziarie, ritratti di identikit di serial killer, oggetti sinistri e attraenti che catturano lo sguardo del fruitore in una volontà analitica e congetturale, frammista a smarrimento, a proiezioni immaginarie che attraversano gli elementi macabri in una volontà narrativa di supposizioni inquietanti. Il quotidiano assume connotazioni che accarezzano il terrifico, in un rimando costante tra le opere esposte e gli spazi della casa.

Natascia Abbattista, Riunione di condominio, 2021, Casa Vuota, foto di Fabrizio Provinciali

Nell’opera installativa Riunione di condominio un cerchio di sedie di ispirazione ottocentesca accoglie il visitatore includendolo in un’irreale riunione condominiale, dove le sedute sono cuscini di fiori funebri, aghi e spilli richiamanti un maleficio, chiodi e viti dalla simbologia oscura, colorati “marschmallow” rievocazione di un immaginario americano,  mentre tracce vocali – originariamente innocenti conversazioni audio tra gruppi di amici, accostate, interrotte e interposte – si tramutano in testimonianze sospette, rivelative, attestazioni probanti, orientate da una chiave interpretativa pregiudiziale mediata da un’incidenza comunicativa che conduce la sfera percettiva, come in una dinamica mass-mediatica.

Natascia Abbattista, Identikit, 2021, installazione di pastelli acquerellati su carta, dimensioni variabili, Casa Vuota, foto di Fabrizio Provinciali

I ritratti dell’opera Identikit riflettono sul valore iconico costruito intorno alla figura del serial killer, esaltata nello scenario comunicativo mediale, in una fenomenologia che assomma i personaggi in linearità ritrattistiche sequenziali.

Natascia Abbattista, Plastico, 2021, videoinstallazione, Casa Vuota, foto di Fabrizio Provinciali

Nell’opera Plastico, la fittizia tranquillità e pacatezza dell’interno di una casa di bambole è interrotta dalle minacciose miniature dei ritratti identikit e da una videoinstallazione contenuta all’interno dell’ambientazione del modellino.

Natascia Abbattista, Plastico (particolare), 2021, videoinstallazione, Casa Vuota

La perfezione ordinaria di oggetti e riproduzioni minuziose emerge all’improvviso come una spiazzante meta-rappresentazione: una “mise en abyme” e metalessi narrativa che coincide e sovrappone le opere della mostra alle immagini miniate e alla videoinstallazione posta all’interno di Plastico, in un ironico sovrapporsi dei territori di indagine, dove lo splatter è supposto, accennato e infine sconfessato nella visione integrale del video che rivela una preparazione culinaria da un iniziale travisamento horror.

All’interno di una stanza buia, in piena solitudine, l’opera Eternità, tra percezione sonora e visiva, immerge l’osservatore in un glaciale mistero attraverso la luce di un refrigeratore socchiuso, che preclude la vista celando il proprio (forse tremendo) mistero, mentre una traccia musicale degli anni Settanta che dà il titolo all’opera assume una suggestione ambivalente.

Natascia Abbattista, Eternità, 2021, installazione, traccia audio, frigorifero, tapparella socchiusa e porta chiusa, dimensioni variabili, Casa Vuota

Nella mostra Riunione di condominio, il fascino e la curiosità per il perturbante e lo spaventoso si alternano a un gioco interpretativo, ironico e bizzarro, talvolta stravolgente e ambiguo, ma non concluso, impossibile da decifrare completamente, e aperto all’inatteso.

Nicoletta Provenzano

Nata a Roma, storica dell’arte e curatrice. Affascinata dalle ricerche multidisciplinari e dal dialogo creativo con gli artisti, ha scritto e curato cataloghi e mostre, in collaborazione con professionisti del settore nell’ambito dell’arte contemporanea, del connubio arte-impresa e arte-scienza.