Avrebbe compiuto 91 anni fra qualche giorno Luciano De Crescenzo, l’eclettico e infaticabile scrittore napoletano che ha saputo conquistare il cuore e le “menti” di parecchi italiani. Che dire di Luciano? Ha fatto di tutto, infondendo il suo modo di intendere la vita in ogni settore in cui si è affacciato. A tanti capita di svolgere, per necessità o passione, diverse attività prima di approdare a quella che sarà la professione definitiva e così può dirsi anche per Luciano che, dopo essersi laureato in ingegneria, proverà inizialmente a fare il negoziante, poi l’addetto commerciale all’IBM fino a diventarne presto dirigente, quindi entrerà nel mondo dello spettacolo diventandone protagonista attivo come regista oltre che come attore. Ma l’ambito nel quale si può dire abbia riscosso maggior successo è stato quello dello scrittore.
Si è detto che Luciano, mancato poco meno di un mese fa, sia stato coi suoi scritti capace di raccontare il difficile in modo semplice e, in effetti, la sua vena umoristica e il suo particolare modo di scrivere agevolano indubbiamente la comprensione di alcuni concetti piuttosto ostici, specie nell’ambito filosofico e della storia ellenistica. Riscosso un successo straordinario con il suo primo romanzo Così parlò Bellavista, del quale diresse la regia nel film omonimo, De Crescenzo ha sempre manifestato attraverso le sue pubblicazioni l’interesse per il mondo antico, conducendo perfino una trasmissione televisiva sui miti e leggende degli antichi greci, oltre che per la filosofia e per la sua città. E così ha raccontato di Ulisse, dell’amore e delle donne non solo attraverso la sua personale interpretazione ma anche tramite quella che ne diedero i grandi pensatori del passato, ha narrato la storia della filosofia medievale e moderna illustrandone i tratti peculiari dei rappresentanti attraverso la vita e le opere di alcuni illustri personaggi, e parlato della sua Napoli, direttamente o indirettamente, attraverso i simboli partenopei, servendosi di quell’umorismo, quell’ironia e quella verve tipici che, piaccia o non piaccia, conquistano e agganciano l’interesse di chiunque lo legga. La malattia neurologica di cui soffriva, che non gli consentiva di riconoscere le persone, lo penalizzerà proprio in ciò in cui era più forte: la sua socievolezza.
Uno degli ultimi testi di quest’anno si intitola Napolitudine: Dialoghi sulla vita, la felicità, e la smania ‘e turnà, scritto con Alessandro Siani: uno sguardo particolare, ironico e divertente, sulle pieghe e le abitudini di questa città, di quel passato che ritorna confluendo nella contemporaneità, una serie di dialoghi che invitano anche alla riflessione. Il titolo fonde due termini – Napoli e latitudine – e fa riferimento alla malinconia, quella che Luciano provava pur stando a Napoli, quella che «si arrampica sulle papille gustative stuzzicate dal profumo delle sfogliatelle sfornate calde», quella che «prende tutti i sensi». Senza dubbio la celebrazione di un amore viscerale: la stessa che la sua città oggi gli restituisce.

Monica Di Martino
Laureata in Lettere e laureanda in Filosofia, insegna Italiano negli Istituti di Istruzione Secondaria. Interessata a tutto ciò che "illumina" la mente, ama dedicarsi a questa "curiosa attività" che è la scrittura. Approda al giornalismo dopo un periodo speso nell'editoria.