LetteraturaPrimo PianoProperzio sull’Elicona: l’iniziazione poetica e la “recusatio” del genere epico

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Il terzo libro dell’opera properziana, pubblicato nel 23 a.C., rende immediatamente palpabili le differenze tematiche e stilistiche con i precedenti libri di elegie. Il primo libro, pubblicato nel 28 a.C., aveva sancito l’ingresso di Properzio nel circolo di Mecenate ed era interamente incentrato sulla relazione amorosa tra il poeta e la bella Cinzia, figura enigmatica ed ingombrante, che si palesa a partire dal primo verso della prima elegia del primo libro e diviene presto causa delle sofferenze amorose di Properzio. Il secondo libro, dedicato a Mecenate, è ancora largamente signoreggiato dalla tematica erotica, ma lascia spazio ad altre questioni più specificatamente programmatiche. Il terzo libro, evidentemente più influenzato dal volere del princeps, si apre con un ciclo di cinque elegie, volte a enfatizzare la figura del poeta vate e costruite per ribadire con forza la superiorità della poesia elegiaca sul genere epico.

La poesia elegiaca, poesia di pace, viene infatti preferita, sotto tutti gli aspetti, ad una poesia intrisa di sangue e di violenze. Properzio si presenta come sacerdote della poesia amorosa e si inserisce nel solco della poesia alessandrina, omaggiando, sin dall’esordio della prima elegia del terzo libro, i poeti Callimaco e Fileta di Cos. L’elegia 3.3 si pone, in questo ciclo, come una particolarissima iniziazione poetica. Senza celare il modello esiodeo, enniano e virgiliano, Properzio sogna di trovarsi sul monte Elicona, in procinto di abbeverarsi presso l’Ippocrene, da cui già attinse il pater Ennius. La sorgente dell’Ippocrene, scaturita nel punto in cui Pegaso aveva colpito la roccia, andava a rappresentare metaforicamente l’ampiezza della materia del genere epico. Prima che il poeta possa saziare la sua sete con quell’acqua, che simboleggia un campo estraneo alla sua arte, viene prontamente fermato da Apollo, nascosto nella selva Castalia. Il dio, che aveva osservato Properzio appoggiato alla sua lira, rimprovera il poeta per il fatto di essersi allontanato dai giri prestabiliti della poesia elegiaca. La poesia epica, infatti, non rappresenta l’ambito d’elezione del poeta, che deve mantenersi nel solco di una poesia tenue e lieve. Properzio deve guardarsi bene dalla turbolenza della materia bellica, che non può essere sostenuta dalla piccola navicella del suo ingegno. Per aspirare alla fama e non essere travolto dalle onde della poesia epica, il poeta umbro deve dunque rimanere ancorato alla poesia amorosa. Apollo indica poi un sentiero muschioso, che conduce alla grotta della poesia elegiaca. In un ambiente angusto ed arredato con strumenti dionisiaci ed apollinei, che ben raffigurano la versatilità della poesia elegiaca, Properzio si trova al cospetto delle nove muse, tutte intente a varie occupazioni. Dal gruppo emerge Calliope, la musa prediletta dal poeta. Subito, dolcemente, Calliope inizia a parlare al poeta, ribadendo la sua naturale ed imprescindibile predisposizione verso il genere elegiaco. L’epica, legata alla guerra, di argomento storico o mitologico, riporta soltanto dolore e disperazione. Properzio, invece, dovrà cantare le vittorie degli amanti, affinchè le ragazze chiuse in casa possano concedersi amori furtivi. Il canto del poeta dovrà essere portatore di pace e diletto e dovrà tenersi lontano dal sangue dei campi di battaglia.

Il concetto è ripreso più volte nei libri properziani e rappresenta un Leitmotiv all’interno dell’intera produzione poetica dell’autore. La disgrazia della guerra va continuamente scongiurata e l’arte non deve essere imbrigliata in ideologie guerrafondaie. Non può passare inosservato lo spirito antimilitarista di Properzio, che si fa più incisivo nell’elegia 3.4, in cui il poeta immagina di assistere ai futuri trionfi di Augusto appoggiato al seno della sua donna. Del resto, nell’elegia 3.1 il poeta aveva maledetto chiunque avesse trattenuto Apollo nelle armi, limitandone la natura di dio di pace. Ad ogni modo, alla fine del discorso, Calliope asperge le labbra di Properzio con l’acqua della pozza gorgonea, ribaltando, di fatto, la situazione iniziale. Alla magnificenza delle acque dell’Ippocrene si contrappone, a chiusura di elegia, l’esiguità della pozza gorgonea, che pur discende dall’Ippocrene. La pozza gorgonea sta a simboleggiare la circoscritta minutezza della poesia elegiaca, ritenuta inferiore rispetto al genere epico e, certamente, meno magniloquente di quest’ultimo. Properzio viene incoronato poeta d’amore da Apollo e da Calliope senza, però, un suo fattivo coinvolgimento. Properzio subisce, in qualche modo, la decisione degli dei, che allontanano il poeta dal genere epico. Proprio questo aspetto rende estremamente interessante la recusatio (il rifiuto) del genere epico operato all’interno dell’elegia 3.3. Nonostante la netta predilezione verso il genere elegiaco, Properzio infarcisce i versi di riferimenti epici, omaggiando, in questo modo, i padri con cui non condividerà mai le acque.

Anita Malagrinò Mustica

Nata a Venezia, ma costantemente in viaggio per passione e lavoro, studia Lettere Classiche a Bari. Sognando di poter dedicare la sua vita alla ricerca e all’insegnamento, ha collaborato e collabora con varie realtà editoriali, scrivendo per diverse riviste di divulgazione scientifica e culturale. Appassionata di teatro e di poesia, porta avanti numerosi progetti performativi che uniscono i due ambiti.