ArteIn EvidenzaPosizioni e gesti: esempi dell’uso del linguaggio del corpo in alcuni dipinti rinascimentali

Ana Maria Sanfilippo17 Luglio 2022
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Nel capolavoro I Musici di Caravaggio è presente un  personaggio visto di schiena. Questo tipo di postura, nelle figure dei quadri caravaggeschi, svolge sempre un ruolo indicatore nei confronti dello spettatore. Il personaggio che dà le spalle è, infatti, da interpretare come un invito ad addentrarsi maggiormente nell’opera, a penetrare nell’ambiente, condividendone la spazialità con le figure fittizie che lo animano. In altre parole, è il personaggio stesso a “comunicare” con l’osservatore, suggerendo un tipo particolare di visione o di coinvolgimento verso il quadro. In questo specifico caso, è proprio Caravaggio a indicarci un modo di visualizzazione ottimale per la propria opera, fornendoci una sorta di libretto di istruzioni.

Caravaggio, I Musici, 1597, olio su tela, Metropolitan Museum of Art, New York

Facendo un passo in avanti, possiamo introdurre un comune stratagemma utilizzato in molte opere rinascimentali e, più in generale, moderne. Spesso, difatti, vi sono degli indizi all’interno dei dipinti dati proprio dai personaggi stessi che, attraverso un codice di gesti o posizioni, vogliono comunicare significati precisi allo spettatore. In particolare, all’interno di questo codice corporale molto preciso, possiamo distinguere due tipologie simili tra loro: il gesto di designazione e il cosiddetto tipo del “festaiuolo” o ammonitore.

Leonardo da Vinci, Vergine delle Rocce, 1483-1486 circa, olio su tavola, Musée du Louvre, Parigi

Per quanto riguarda il primo caso, come già si evince dalla dicitura, siamo di fronte a tutti quei casi in cui troviamo dei personaggi che indicano o designano un punto di particolare interesse all’interno del dipinto. Un esempio molto importante ed evidente di ciò è costituito dalla Vergine delle rocce di Leonardo da Vinci, che qui possiamo vedere nella versione del Louvre di Parigi (esiste, infatti, una seconda versione dello stesso soggetto, conservata alla National Gallery di Londra, ma che non presenta nel dettaglio il nostro caso).

Leonardo Da Vinci, Vergine delle Rocce, 1494-1499 poi 1506-1508 circa, olio su tavola, National Gallery, Londra

Nella Vergine delle rocce francese vediamo Maria insieme ai piccoli Giovanni Battista e Gesù, accompagnati da un angelo all’interno di un contesto naturale e acqueo. Lo spazio quasi surreale della grotta connota il dipinto di una forza immaginativa particolare, che lo discosta dalle tradizionali rappresentazioni di questo tipo di soggetto. Per quanto riguarda il tema della gestualità, il gioco triangolare di sguardi e indicazioni che si crea è del tutto unico. La Vergine tende la mano aperta con fare protettivo verso Gesù Bambino, posto nella parte inferiore della composizione. Allo stesso tempo, tiene vicino a sé in modo affettuoso Giovanni Battista.

Dettaglio dalla Vergine delle rocce di Parigi; osserviamo il gesto affettuoso e protettivo della Vergine nei confronti del piccolo San Giovanni Battista in preghiera

L’angelo si rivolge direttamente verso lo spettatore, sorridendo enigmaticamente, e indica la figura del Battista. Sembra quasi che voglia ingannarci facendo credere che il vero soggetto da osservare sia il Battista stesso e non Gesù bambino. In realtà, indirizzando il nostro sguardo verso il Battista, notiamo che egli è in posizione di preghiera e si sta rivolgendo a Gesù bambino benedicente.

Dettaglio dalla Vergine delle rocce di Parigi; qui l’angelo indica San Giovanni Battista mentre osserva lo spettatore, instaurando così un rapporto diretto con lo spazio esterno al dipinto

Si può vedere questo stesso tipo di figura anche nel San Giovanni Battista di Leonardo da Vinci, conservato al Louvre di Parigi.

Leonardo da Vinci, San Giovanni Battista, olio su tavola di noce, 1508-1513, Museo del Louvre, Parigi

Il secondo caso, invece, è costituito dalla figura del cosiddetto “festaiuolo” o ammonitore. Più in generale, quest’immagine – come la precedente – si riferisce a un personaggio che all’interno del dipinto si rivolge allo spettatore o indica un punto da osservare e su cui soffermare l’attenzione. Più in generale, il ruolo del “festaiuolo” era affidato ad angeli o giovani fanciulli; questa caratteristica genera una lieve differenziazione con il caso precedente, osservato in Leonardo da Vinci, dovuto al fatto che il gesto di indicazione poteva essere affidato a qualsiasi tipo di personaggio. Il “festaiuolo”, invece, si riferisce a una categoria più specifica di personaggi: per l’appunto, angeli e giovani fanciulli. Come nel caso dell’angelo della Vergine delle rocce o della figura di schiena nel dipinto I Musici, anche questo personaggio funziona da collegamento tra l’interno e l’esterno del dipinto, tra lo spettatore e ciò che accade dentro lo spazio figurato. Un chiaro esempio ci è fornito dal dipinto Madonna col Bambino e angeli di Filippo Lippi.

Filippo Lippi, Madonna col Bambino e angeli (anche detta Lippina), 1465 circa, tempera su tavola, Galleria degli Uffizi, Firenze

Possiamo notare l’angelo, nella parte inferiore della tavola, che è chiaramente ascrivibile alla tipologia del “festaiuolo”. Il suo sguardo è diretto allo spettatore e il suo corpo compie una torsione tale da rivolgersi direttamente verso di noi, senza possibilità di errore. Ancora, il Battesimo di Cristo di Piero della Francesca presenta, nella parte sinistra, un gruppo di tre angeli. Tra questi, il terzo personaggio nascosto sul retro dell’albero è la figura del “festaiuolo”. Anche qui ne ritroviamo i tratti principali: dirige l’attenzione allo spettatore, è un angelo, e occupa una parte marginale dell’opera in termini compositivi.

Piero della Francesca, Battesimo di Cristo, 1440-1450, tempera su tavola, National Gallery, Londra

Con questo breve excursus, abbiamo quindi mostrato in che modo siano i personaggi stessi a dirigere effettivamente l’attenzione verso un soggetto o una porzione significativa del dipinto. Ciò ci fa comprendere che esiste un codice linguistico fatto di gesti e posture interni all’arte rinascimentale che, se conosciuti, permettono un approccio più approfondito nei confronti delle opere stesse. Potremmo considerare questo “modus operandi” da parte degli artisti come una sorta di “Biblia pauperum”, funzionale a educare gli spettatori a leggere in maniera corretta le diverse opere pittoriche.

Ana Maria Sanfilippo

Classe ’96, risiede in Friuli-Venezia Giulia. Laureata presso l’Università degli Studi di Udine in Conservazione dei Beni Culturali, Studi italo-francesi, si sta specializzando in Arts, Museology and Curatorship a Bologna, dove sta frequentando l’ultimo anno della magistrale. Ha partecipato all’organizzazione della mostra digitale “Trasmissione”, di cui ha co-curato anche il catalogo. Ama la letteratura, l’arte e lo studio delle lingue straniere.