LetteraturaPrimo PianoI volti della filosofia: Plotino, il padre del neoplatonismo

Francesca Ricciuti27 Luglio 2019
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Di Plotino, erede di Platone e padre del neoplatonismo, possediamo informazioni biografiche che ci vengono per la maggior parte dalla Vita di Plotino, composta da Porfirio come prefazione agli Enneadi, gli unici scritti di Plotino.

L’informazione sul suo luogo di nascita, Licopoli (in Egitto), si deve alla Suda. Porfirio riteneva che Plotino, suo maestro, avesse sessantasei anni quando morì nel 270 d.C., nel secondo anno di regno dell’imperatore Claudio II, il che ci fa presumere che fosse nato intorno al 204 d.C.

Plotino intraprese lo studio della filosofia a ventisette anni, attorno al 232, e a tal fine si recò ad Alessandria d’Egitto. Qui non fu soddisfatto di nessun insegnante, finché un conoscente gli suggerì di ascoltare le lezioni di Ammonio Sacca. Dopo aver assistito a una sua lezione, dichiarò all’amico: «È questo l’uomo che cercavo», e cominciò a studiare sotto la guida del suo nuovo maestro. Oltre ad Ammonio, Plotino fu influenzato dalle opere di Alessandro di Afrodisia, di Numenio di Apamea e da vari stoici.

Plotino non scrisse nulla fino all’età di 49 anni, per mantenere la promessa, fatta al suo maestro, di non rivelare la sua dottrina per iscritto; in seguito però si convinse a scrivere i saggi che sarebbero diventati le Enneadi nel corso di diversi anni, dal 253 d.C. fino a pochi mesi dalla morte, avvenuta diciassette anni più tardi.

Secondo la dottrina di Plotino da un principio semplice scaturisce il molteplice; egli chiama «Anima del mondo» il principio vitale da cui prendono forma le piante, gli animali e gli esseri umani: è da questo principio universale che è possibile comprendere i gradi inferiori della natura.

Secondo la dottrina plotiniana l’Uno è la prima trascendente ipostasi, cioè la prima realtà sussistente. Esso non può contenere alcuna divisione, molteplicità o distinzione; per questo è al di sopra persino di qualsiasi categoria di essere.

 L’Uno «non può essere alcuna realtà esistente» ma è «prima di tutto ciò che esiste».

La seconda ipostasi è quella dell’Intelletto generato per emanazione o processione. L’emanazione avviene per una sorta di auto-contemplazione estatica  dell’Uno: nel contemplarsi, l’Uno si sdoppia in un soggetto contemplante e un oggetto contemplato.

Le idee platoniche non sono per Plotino degli oggetti di pensiero: l’Intelletto non pensa le idee, piuttosto, le Idee sono tutte identiche all’Intelletto stesso, e sono perciò principalmente soggetti di pensiero.

La terza ipostasi è quella dell’Anima, sorgente della vita, che si fa veicolo dell’Uno nel mondo e che procede dall’autocontemplazione dell’Intelletto.

Come punto più basso della processione dell’Uno c’è la materia che non è un’ipostasi ma un non essere.

Giunti al punto più basso dell’emanazione comincia la risalita o conversione (epistrophé), che soltanto l’uomo è in grado di compiere. Fra tutte le creature viventi, l’uomo è infatti l’unico essere dotato di libertà capace di volgersi alla contemplazione dell’intelligibile. Soltanto l’anima del sapiente però sa compiere questa ascesa: la maggior parte delle anime individuali, incarnate nel corpo, non avverte l’esigenza del ritorno all’unità perché non conosce la meta da raggiungere o perché non è in grado di arrivarci.

È abitudine far concludere la filosofia classica con questo filosofo e collocare l’opera di Agostino di Ippona come inizio del Medioevo culturale.

Francesca Ricciuti

Abruzzese, classe '85. Laureata con lode in Filologia Classica presso la Sapienza di Roma. Da sempre appassionata delle lingue classiche, ha insegnato sia privatamente che a scuola.