Le leggende narrano le origini divine di Cori, il cui antico nome era Còra (Còre in dialetto corese arcaico), attribuendone alternativamente la fondazione al troiano Dardano, a un re di Alba Longa, a Enea e infine a Corace, da cui il toponimo. Questi fu infatti un sopravvissuto alla guerra di Troia che, sempre secondo la leggenda, giunse nel paese dopo la fine del conflitto riportandolo a nuova vita. Tuttavia, il nome del sito sembra piuttosto derivare dal latino arcaico Corax (Corvo), con riferimento all’animale totemico.
Posizionata in cima a una collina, con i Monti Lepini alle spalle e la Pianura Pontina di fronte, secondo la leggenda Cori venne fondata in un periodo compreso tra il XIII ed il XII secolo a.C.; certo è che le sue origini sono antichissime, persino pre-romane, come testimoniato da recenti scoperte archeologiche, le quali hanno portato al rinvenimento di un nucleo abitativo risalente all’Età del Bronzo. Già a partire dalla fine del VI secolo a.C. la città rivela una strutturazione urbana, con mura e terrazzamenti in opera poligonale, importanti aree sacre e santuari.
Secondo le fonti storiche, Còra era annoverata fra i Prisci Latini, l’originario nucleo di popoli di stirpe latina organizzati in una federazione di stati sovrani. Prima dell’invasione da parte dei Volsci, questa godeva di piena autonomia, tanto che possedeva e coniava lei stessa una moneta dal nome di “corano”. Tuttavia, suddetta autonomia venne messa a dura prova nel 642 a.C., quando il re Tullo Ostilio – in seguito alla distruzione di Alba Longa – pretese la sottomissione delle città Latine, le quali risposero con la guerra. Il conflitto terminò con l’uccisione di 300 ostaggi di Cora e di Pometia ad opera di Appio Claudio, il quale li giustiziò nel Foro Romano. Fu così che la Lega Latina si sciolse e le singole città che la componevano furono costrette a piegarsi a Roma. Cori ottenne il riconoscimento di città federata, ossia stato alleato, condizione che mantenne sino alla riforma generale amministrativa dell’Italia attuata da Roma dopo la guerra civile. Tuttavia, in qualità di alleata di Roma, Cori conservò una larga autonomia politica e amministrativa, tanto da fregiarsi dell’acronimo S.P.Q.C. (Senatus PopulusQue Coranum), che continua ancora oggi a essere il motto della città.
Il successivo avvenimento bellicoso che coinvolse la città si data al 340-338 a.C., quando Cori prese parte alla guerra Latina al fianco di Roma contro Privernum e Fondi, e dalla quale ancora una volta non ne uscì incolume, poiché subì forti devastazioni dalle armate guidate da Vitruvio Vacco. Dopodiché, due altri conflitti la videro protagonista: le guerre puniche – in qualità di alleata di Roma, nel 218-201 a.C. – e la guerra fra Mario e Silla, tra il 90 e l’88 a.C.
Poche le informazioni in merito alla città circa il periodo imperiale, mentre nei secoli dell’Alto Medioevo diversi riferimenti storici confermano che Cori subì una profonda decadenza: nell’832 dovette contrastare un’incursione saracena, mentre nel 1167 venne probabilmente saccheggiata dalle truppe di Federico Barbarossa (1122 c.a.-1190). Nel 1212 Pietro degli Annibaldi ricevette Cori in concessione revocabile da parte di Papa Innocenzo III, per ritornare sotto la sovranità pontificia dopo la morte dell’Annibaldi, nel 1234, quando venne peraltro dichiarata castellania inalienabile da Papa Gregorio IX (1170 c.a.-1241). Tuttavia, parallelamente all’egemonia ecclesiastica, procedeva lo sviluppo dell’ordinamento comunale: il primo statuto cittadino risale infatti alla metà del 1200. L’istituto comunale perse invece molta autonomia nel 1363, con l’applicazione delle Costituzioni Egidiane anche alla provincia di Marittima.

Nelle cronache medievali Cori si dimostra essere sempre alleata militarmente con la vicina Velletri, tanto che i due centri si difendevano a vicenda dai tentativi d’ingerenza delle Signorie che li circondavano (i vincoli di aiuto reciproco risalgono almeno al 1207). Agli inizi del Quattrocento la città venne invasa da Ladislao di Durazzo (1377-1414), dominazione che durò fino al 1410, quando venne definitivamente annessa ai territori della Chiesa.
In età rinascimentale Cori mantenne larga autonomia come feudo del Senato di Roma, condizione dalla quale fu affrancata nel 1847: mentre il paese donò a Roma una Statua della Minerva del I secolo a.C., oggi esposta nella Piazza del Campidoglio, Roma regalò in cambio i colori giallo e rosso e l’acronimo S.P.Q.R. Numerosi gli edifici, i palazzi e i monumenti risalenti a tale periodo: basti citare la cappella dell’Annunziata e il complesso monastico di Sant’Oliva. Tale situazione rimase invariata fino al 1832, quando Cori fu inserita nella legazione di Velletri (eccezion fatta negli anni in cui fece parte dell’Impero Francese).
Nel 1870, a seguito dell’Unità d’Italia, venne prima annessa alla Provincia di Roma (ottenendo Giulianello come frazione), poi – nel 1934 – dopo la fondazione di Littoria (l’odierna Latina), il paese passò sotto l’amministrazione della neonata provincia Pontina. Sin dal tempo della Guerra Latina (496 a.C.), la città si arricchì di quegli edifici e monumenti (come le mura, i templi e il ponte della Catena) che attrassero l’attenzione di artisti, letterati ed eruditi a partire dal Rinascimento e ancora oggi conservati.

Lo stemma di Cori è un leone rampante: non si sa esattamente a cosa si riferisca né quando sia stato adottato per la prima volta, ma lo stemma civico più antico di cui si hanno notizie venne fatto scolpire agli inizi del ‘400 dal cardinale Pedro Fernandez de Frias (?-1420) e si trova nella Cappella dell’Annunziata. Sul gonfalone è invece riportata la scritta “Città di Cori” con l’apposita corona.

In questo lungo arco di tempo, la città si arricchì dunque di architetture religiose, civili e militari, fontane e siti archeologici che – fin dal Rinascimento – attrassero l’attenzione di artisti, letterati ed eruditi, e a cui sarà interamente dedicato il prossimo articolo.

Martina Scavone
Nata a Roma, classe ‘93. Si è laureata all’Università di Roma Tor Vergata: triennale in Beni Culturali e magistrale in Storia dell’Arte. Dopo un Master di II livello in Gestione dei Beni Culturali, ha iniziato a lavorare attivamente come curatrice e storica dell'arte. Ama leggere, viaggiare e l’arte in tutte le sue sfaccettature.