ArtePrimo PianoOccupazione in grotta: il sito della Ciota Ciara

Alice Massarenti11 Settembre 2020
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La grotta della Ciota Ciara (Borgosesia, VC) si trova sul versante occidentale del Monte Fenera e rappresenta una delle più importanti evidenze preistoriche, soggette a scavo sistematico, dell’Italia del nord-ovest. Si tratta, infatti, dell’unico scavo che abbia permesso di mettere in evidenza una chiara occupazione preistorica in grotta. L’occupazione antropica si è alternata all’utilizzo della grotta come rifugio da parte dell’Ursus spealeus. L’uomo ha utilizzato la Ciota Ciara come rifugio durante i periodi di caccia ma anche come accampamento di lunga durata, probabilmente durante i mesi estivi. Si tratta di una grotta carsica attiva, con uno sviluppo di circa 80 metri lungo il ramo principale, che presenta due accessi: un’imboccatura triangolare a sud-ovest e un’apertura secondaria a ovest originatasi dal crollo di una porzione della parete della grotta. Sul corridoio principale rettilineo, si innesta un ramo laterale ascendente che porta ai vani superiori: Sala della Torre e Sala dei Pipistrelli.

Gli scavi eseguiti all’interno della Ciota Ciara hanno portato alla luce una grande quantità di reperti, tra cui moltissime ossa di animali e due resti umani (un osso occipitale e un incisivo) inizialmente identificati come neandertaliani. Grazie allo studio di questi resti ossei è stato possibile capire quali faune vivessero in zona e, di conseguenza, ipotizzare come dovesse apparire l’ambiente circostante. Sono state riconosciute una dozzina di specie di mammiferi di grossa taglia. I Carnivori rinvenuti sono: orso speleo, orso bruno, leone, lince, lupo, volpe e tasso; gli erbivori: cervo, camoscio, bue, cinghiale, marmotta e rinoceronte. Interessante la presenza, seppur sporadica, dell’istrice.

La presenza di cervo, lince, tasso e istrice indica un ambiente boschivo e un clima temperato umido, verosimilmente un periodo interglaciale soprattutto per i livelli superiori. L’orso speleo, invece, ci fornisce un importante dato cronologico: dato che si è estinto sulle Alpi circa 28mila anni fa sappiamo che i depositi presenti nella grotta non possono essere più recenti di questa data. L’orso speleo o delle caverne era un animale di grosse dimensioni (paragonabile al Grizzly attuale) che ha vissuto in Eurasia durante il Pleistocene (da 400mila anni fa a 20mila anni fa). Pur appartenendo all’ordine dei carnivori aveva sviluppato una dieta prevalentemente vegetariana, come si può dedurre dall’osservazione dei suoi denti molari, larghi e piatti. Resti di questo animale sono molto comuni: passava i lunghi mesi invernali in letargo all’interno delle grotte e quando – per cause accidentali – un esemplare moriva, l’ambiente carsico e l’isolamento dai fattori esogeni ne favorivano la fossilizzazione.

Il micromammifero maggiormente rappresentato è l’arvicola rossastra, che vive soprattutto in zone collinari o montagnose, sia nei boschi di latifoglie che di conifere. Tra i mammiferi che indicano la presenza di praterie sono presenti in grande quantità l’arvicola campestre e l’arvicola sotterranea. All’interno del deposito sono presenti – seppur in misura minore – lo scoiattolo, il ghiro e il moscardino, che indicano la presenza di ambienti forestali. La marmotta e l’arvicola delle nevi indicano un residuale ambiente alpino; questi animali sono presenti solo nella parte più bassa del deposito. Nel complesso, si può rilevare che l’ambiente circostante la grotta della Ciota Ciara era di tipo misto, con foreste che probabilmente coprivano la vallata e le pendici del Monte Fenera, mentre a quote più alte l’ambiente era di tipo prativo, con qualche area che presentava una rada copertura erbacea.

Da un punto di vista biocronologico, la presenza di animali come Canis lupus, Ursus spelaeus, Vulpes vulpes e Rupicapra rupicapra attribuisce il sito all’Aureliano (era che comincia 300mila anni fa). L’associazione a micromammiferi, inoltre, permette di attribuire il sito al passaggio tra il Toringiano inferiore e superiore e permette di documentare un passaggio da un clima temperato fresco a un clima più temperato. Le industrie litiche prodotte dai gruppi umani che a più riprese hanno frequentato la Ciota Ciara sono state realizzate utilizzando materie prime di provenienza locale o semi-locale, soprattutto quarzo ma anche selce, opale, milonite, riolite, diaspro e radiolarite.

Tutte le operazioni di scheggiatura si svolgevano all’interno del sito impiegando come unica tecnica la percussione diretta con pietra dura. Raramente i margini delle schegge così ottenute sono stati ritoccati per la realizzazione di strumenti quali raschiatoi, incavi e denticolati. A differenza delle materie prime locali, la riolite e la radiolarite si trovano solo come strumenti finiti e quindi probabilmente scheggiati altrove. L’analisi delle tracce d’uso condotta sul materiale litico ha permesso di individuare tracce riferibili alla lavorazione di legno fresco, legno secco e palco; questi dati – in accordo con i risultati ottenuti dallo studio tecnologico – definiscono l’occupazione musteriana come un’occupazione residenziale di breve/media durata, caratterizzata da processi economici riferibili alla trasformazione delle materie prime.

Alice Massarenti

Nata a Mirandola, in provincia di Modena, classe ’84, si è laureata in Archeologia e storia dell’arte del vicino oriente antico e in Quaternario, Preistoria e Archeologia con una tesi in Evoluzione degli insiemi faunistici del Quaternario. Ha un’ossessione per i fossili e una famiglia che importuna costantemente con i racconti delle sue ricerche sul campo.