ArtePrimo PianoNuovi approcci all’indagine archeologica: l’uso del georadar nel caso di Falerii Novi

Alice Massarenti30 Ottobre 2020
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L’antica Roma si trovava al centro di una rete di città che concorrevano all’organizzazione, all’amministrazione e all’economia dell’impero. Si stima che fossero presenti circa 2000 città entro la fine del I secolo d.C. nel mondo romano, ma finora è stato impossibile studiarne l’urbanistica a fondo, in quanto soltanto una piccola parte delle città può essere scavata e sono poche quelle che offrono la possibilità di essere indagate in maniera estensiva, come ad esempio Ostia o Pompei.

Recentemente le tecniche di indagine sono state arricchite da metodi non invasivi come la magnetometria che hanno permesso di ottenere immagini digitali delle strutture sepolte senza la necessità di distruggere gli strati superficiali. Una limitazione del metodo è che non può indagare fino alle più antiche unità stratigrafiche, ma nel caso di Falerii Novi (Fabrica di Roma, VT) l’applicazione dell’indagine magnetometrica e del georadar ci hanno permesso di ottenere la conformazione dell’intero sito.

Indagine magnetometrica di Falerii Novi (fotografia aerea di Google Earth, immagine da Verdonck et alii, 2020)

La città fu fondata nel 241 a.C. in seguito alla distruzione della vicina Falerii Veteres da parte di Roma e l’occupazione continuò fino al settimo secolo d.C.. L’Università di Cambridge ha scelto di indagare questo sito con la tecnologia del georadar per completare i dati ottenuti durante la precedente campagna in cui si era utilizzato il magnetometro, per poi pubblicare i risultati sulla rivista Antiquity. Dalla sovrapposizione dei due set di dati possiamo ottenere maggiori informazioni utili alla ricostruzione del sito originario: infatti l’alta risoluzione dei dati ottenuti con il georadar ha permesso di identificare i singoli elementi strutturali, come ad esempio le colonne di un tempio o le rovine di edificio, consentendo un’accurata analisi architettonica prima impossibile.

Immagine Georadar alla profondità stimata di 80-85 centimetri (fotografia aerea di Google Earth, immagine da Verdonck et alii, 2020)

Oltre al teatro già osservato durante la precedente missione, sono stati individuati mediante georadar altri edifici pubblici prima non distinguibili: un tempio, un “macellum” o edificio del mercato e un complesso termale. Sebbene siano edifici che rientrano nell’architettura tipica di una città romana, alcuni sono più sofisticati di quanto ci si aspetterebbe in una piccola città. Sono inoltre state rinvenute due grandi strutture adiacenti alle mura che hanno suscitato la curiosità degli studiosi. A est della porta nord si trova un recinto definito su tre lati da un “porticus duplex”, cioè un passaggio coperto con una fila centrale di colonne, che si apre su una strada. Due strutture, ciascuna con una nicchia centrale, si trovano una di fronte all’altra all’interno del complesso. Si tratta – con tutta evidenza – di un edificio pubblico, anche se l’unica struttura simile pare essere il “porticus” recentemente scoperto a nord della porta ovest che definisce il recinto del tempio. L’area nella parte sudoccidentale della città è il fulcro dell’indagine più recente e mostra le Insulae XLI e L, delimitate a ovest da una strada con direzione nord-sud meno definita rispetto ad altre vie, forse a causa di una rimozione o alla perdita della superficie pavimentaria.

Dettaglio alla profondità di 75-80 centimetri (immagine da Verdonck et alii, 2020)

Due o tre case occupano la parte orientale dell’area; tutte si aprono sulla strada che si trova a circa 10 metri a est e mostrano molte delle pareti crollate. A ovest si trovano strutture più grandi, compreso un bagno termale nell’Insula XLI che comprende un bagno per immersioni e una serie di stanze absidali con ipocausti a cui in un secondo momento potrebbe essere stata aggiunta un’altra camera. Un’area a forma di U a nord delle terme può rappresentare un portico che circonda una palestra (area esercizi). Mentre queste terme hanno dimensioni minori rispetto a quelle a sud-est, la loro architettura è comunque elaborata, cosa che indica che fossero a uso pubblico. A sud, all’interno dell’Insula L, si trova un grande edificio rettangolare che – ai lati della strada che corre a ovest – mostra un passaggio con colonne su entrambi i lati. Un secondo passaggio interno è arricchito a est da contrafforti decorativi e strutturali, mentre un terzo passaggio lungo il lato est dell’edificio non ha tracce di elaborazione decorativa.

In grigio i muri, in rosso le superfici e in azzurro i condotti idrici (immagine di A. Launaro, in Verdonck et alii, 2020)

L’edificio si trova all’interno della cinta muraria, ai piedi di un pendio, ed è collegato a una serie di condutture dell’acqua che corrono anche al di sotto di altri edifici. Questa rete si collega con l’acquedotto della città correndo sotto le Insulae, oltre che lungo le strade. L’architettura e la presenza delle tubature indicano che la grande struttura rettangolare non era una cisterna, ma piuttosto un “natatio” all’aperto o una piscina associata alle terme adiacenti, formando così parte di un imponente stabilimento termale pubblico. I rilevamenti hanno inoltre disvelato una topografia sacra caratterizzata da templi disposti nella periferia della città e altri edifici monumentali articolati nello spazio adiacente alle porte.

Alice Massarenti

Nata a Mirandola, in provincia di Modena, classe ’84, si è laureata in Archeologia e storia dell’arte del vicino oriente antico e in Quaternario, Preistoria e Archeologia con una tesi in Evoluzione degli insiemi faunistici del Quaternario. Ha un’ossessione per i fossili e una famiglia che importuna costantemente con i racconti delle sue ricerche sul campo.