Il Museo di Ceramiche Duca di Martina, in Villa Floridiana, si apre in un affaccio alto e suggestivo sul golfo di Napoli, nel colpo d’occhio che racchiude la terra rigogliosa e il mare all’orizzonte. In questa splendida dimora immersa in un giardino settecentesco, la collezione di ceramiche costituita in massima parte dal fondo di Placido de Sangro, duca di Martina, accoglie la mostra Mediterraneo: Keramikos 2020 – a cura di Lorenzo Fiorucci, organizzata dall’Associazione culturale Magazzini della Lupa di Tuscania in collaborazione con il Polo museale della Campania, diretto da Anna Imponente, e il Museo Duca di Martina, diretto da Luisa Ambrosio.
La mostra prosegue una riflessione sulla ceramica artistica contemporanea iniziata nel 2018 a Viterbo, differenziandovisi nel ribaltamento tra storia e contemporaneità, che vede quest’ultima indagare su di un’area geografica nella continuità e identità che l’hanno contraddistinta attraverso le epoche.
La mostra si suddivide in tre sezioni – Omaggio, Memoria del Mediterraneo e Metafora del Mediterraneo – in un dialogo tra presente e passato plasmato, lungo le sale espositive, nelle opere di ventisei artisti contemporanei: Clara Garesio, Muky, Giuseppe Pirozzi, Franco Summa, Toni Bellucci, Andrea Caruso, Tonina Cecchetti, Eraldo Chiucchiù, Giorgio Crisafi, Carla Francucci, Evandro Gabrieli, Mirna Manni, Sabine Pagliarulo, Angela Palmarelli, Antonio Taschini, e Metafora del Mediterraneo, in cui espongono Rosana Antonelli, Luca Baldelli, Massimo Luccioli, Massimo Melloni, Riccardo Monachesi, Sabino de Nichilo, Marta Palmieri, Attilio Quintili, Mara Ruzza, Stefano Soddu, Alfonso Talotta.

Nel primo terreno di riflessione l’esposizione rende un tributo ai maestri della scultura del Novecento Clara Garesio, Muky, Giuseppe Pirozzi e Franco Summa, che nelle loro opere ripercorrono memorie arcaiche sedimentate, doni ed eredità di tempi e genti passate che segnano ancora solchi decifrabili nelle mani del presente, nell’esplorazione della natura umana riflessa sulle rive del Mare Nostrum.

Nella seconda sezione, Memoria del Mediterraneo, rimembranza e conoscenza si racchiudono in forme simboliche che danno nome ad un intero territorio, a una storia individuale e collettiva.
Gli artisti svelano a poco a poco le membra inscritte in un elemento dai confini fuggevoli, dallo spirito indomito e mutevole, materno e carnefice ad un tempo; nelle ceramiche identità complesse trovano compimento in una dimensione primitiva, primigenia, circolare, come nell’opera Amuleto di Sabine Pagliarulo, allestita in un colloquio intimo con le maschere etniche della collezione permanente del museo.

Nella terza sezione, Metafora del Mediterraneo, domina l’essenza irrefutabile e imperitura che solca instancabile l’incipit e l’expicit di ogni verso: l’acqua, il Mare. Le viscere si fanno nucleo prezioso in una metamorfosi che porta con se’ ogni formulazione, che traspone ed è partecipe di ogni affinità, come nell’opera di Sabino de Nichilo, dove vi è l’irruenza e la potenza vitale di un organismo che genera se stesso, staccandosi dalla funzionalità che lo lega ad un corpo, carne e sangue che si fanno superfetazione e creazione di un proprio spirito, di una propria identità autonoma che danza con i flutti marini.

È la stessa città di Napoli, come scrive il curatore, che apre la riflessione intorno al Mediterraneo, in uno sguardo centrato sulla sponda di un confronto che fa da misura tra ricchezze, immagini, merci, curiosità, materie.
È la storia di questo territorio a passare nelle mani degli artisti che scelgono, modellano e vivificano la terra, nell’acqua e nel fuoco, in una tecnica artistica che ha attraversato il mediterraneo nei secoli e che rappresenta il primo materiale utilizzato dall’uomo per oggetti indispensabili, prima che estetici.
Gli artisti si confrontano con la scultura ceramica che alla sua duttilità contrappone l’inevitabile incertezza del risultato affidato ai temperamenti mutevoli di una trasformazione termica e in essa, nella loro singolare e fertile poetica, solcano linee continue che indagano il tempo.

Nicoletta Provenzano
Nata a Roma, storica dell’arte e curatrice. Affascinata dalle ricerche multidisciplinari e dal dialogo creativo con gli artisti, ha scritto e curato cataloghi e mostre, in collaborazione con professionisti del settore nell’ambito dell’arte contemporanea, del connubio arte-impresa e arte-scienza.