ArtePrimo PianoIl reimpiego dei materiali e degli edifici antichi durante il Medioevo

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A seguito della caduta dell’Impero romano, avvenuta nel 476, le zone dell’Impero subirono una contrazione demografica che, unita alla fine del paganesimo, creò un aumento di edifici in rovina i quali diventarono vere e proprie cave di materiale o vennero predisposti, a seguito di modifiche, per svolgere una nuova funzione. Il fenomeno del riuso rappresentò una pratica molto diffusa durante il Medioevo, che interessò tutti i generi d’arte, soprattutto l’architettura. A tal proposito spicca il Pantheon di Roma, il quale all’inizio del VII secolo venne convertito in una chiesa dedicata alla Madonna e tutti i martiri.

Al di là del rimaneggiamento utilitaristico nell’architettura, era piuttosto diffuso il riuso dei materiali antichi tanto che tale pratica venne regolata da un’apposita legislazione. A tal proposito, nel 458 venne emanata una legge che autorizzava gli spogli, a patto che fossero eseguiti su edifici non più restaurabili e che non avevano un pubblico utilizzo. Attraverso tale pratica il pezzo antico venne degradato a mero materiale da costruzione, tralasciando completamente il suo valore storico in quanto testimonianza del mondo antico. La difficoltà nel reperire le materie prime utili alla costruzione indusse spesso a riutilizzare un pezzo antico per il materiale con cui era fatto:  non di rado le statue venivano fuse per fabbricare armi.

Quanto menzionato è ascrivibile a una pratica prettamente utilitaristica ma esistono anche altri due tipi di reimpiego: quello di prestigio e quello ideologico. A differenza del riuso utilitaristico, che come abbiamo visto era diffuso per economizzare tempo e lavoro, quello di prestigio teneva conto delle qualità estetiche delle spoglie che per questa ragione venivano disposte in posizioni di rilievo all’interno della nuova collocazione. I frammenti occupavano i punti più visibili, in prossimità dei portali. All’interno delle chiese invece si concentravano nelle aree presbiteriali, in prossimità dell’altare. Non si sentiva la necessità di costruire i componenti architettonici, data l’enorme disponibilità di frammenti che a volte mantenevano la loro antica funzione. Proprio a tal proposito si segnala un largo riuso di colonne e capitelli.

Anche gli architravi furono ampiamente riutilizzati, sia all’interno di edifici che si rifanno alle basiliche costantiniane, sia come stipiti o trabeazioni di portali. Gli antichi sarcofagi furono usati prevalentemente senza essere modificati; tutt’altra sorte toccò ai capitelli che – dopo essere stati incavati – venivano utilizzati come acquasantiere, gli altari in fonti battesimali, gli architravi e i fusti delle colonne in sarcofagi.

Terzo e ultimo reimpiego è quello ideologico. Un esempio eclatante può essere la trasformazione dei templi in chiese, a prova della vittoria del cristianesimo sulle religioni pagane. Si pensi però anche ai cavalli della basilica di San Marco, saccheggiati da Costantinopoli dopo la conquista del 1204, i quali rappresentavano un trofeo di guerra, chiaro emblema del potere raggiunto dalla Repubblica di Venezia.

Degno di menzione è senz’altro Carlo Magno, che legittimò il suo potere con le spoglie fatte portare da Roma e da Ravenna per decorare la cappella di Aquisgrana. Molte grandi istituzioni legittimarono il loro potere richiamando la tradizione della città eterna, ponendosi come eredi della sua grandezza.

Valentina Bortolotti

Nata a Roma, è laureata in Storia dell’arte e attualmente sta studiando per ottenere il patentino da accompagnatrice turistica. Fotografa autodidatta, guida turistica in erba, ama trascorrere il tempo nei musei in solitaria.