Gli ornamenti sono elementi fondamentali nella creazione dell’identità sociale e individuale dei gruppi umani; per gli archeologi, quindi, il loro studio è un valido strumento per la comprensione delle convenzioni sociali, dei rituali, degli scambi e dei confini culturali. L’impiego della materia dura animale per la confezione di elementi d’adorno può essere considerato tradizionale, dato che se ne hanno tracce fin dal Paleolitico. Si nota durante il Neolitico tardo un progressivo aumento quantitativo e di variabilità del supporto, mentre dall’età dei Metalli vengono impiegate diverse materie prime come quelle metalliche. Il fenomeno riguarda tutta l’Europa sia in abitati che in contesti funerari.
Prendendo in esame gli elementi di adorno su denti animali provenienti da diversi siti dell’Italia settentrionale distribuiti tra l’età del Rame e il Bronzo antico, tra il 3.500 e il 1.650 a.C. circa, si va incontro ad alcune difficoltà, quali l’esatto inquadramento cronologico non disponibile per tutti i siti, la quantità e i tipi di elementi ritrovati (che dipendono dalla funzione del sito e dalla metodologia di scavo) o le difficoltà dovute alla letteratura specializzata che in passato, non avendo interesse nel reperto, non ha classificato il ritrovamento o registrato il numero esatto e le dimensioni dei ritrovamenti.
Le zone che hanno restituito la maggior parte degli ornamenti sono quelle nei pressi dei laghi, principalmente in Lombardia. Durante il Neolitico recente l’impiego di denti forati nella confezione di elementi di ornamento è attestato da pochi ritrovamenti e principalmente su specie selvatiche come orso, cane, suini maschi. Nella seguente età del Rame questi ornamenti si ritrovano in prevalenza nei contesti funerari, mentre i reperti del Bronzo antico provengono principalmente da contesti abitativi.

Partendo dalla materia prima animale, per creare l’ornamento si poteva forare l’apice per ottenere un pendente, la parte centrale del dente per un vago o un anello, due estremità per una placchetta; inoltre si poteva ottenere un elemento composito aggiungendo al pendente altri materiali. La specie maggiormente utilizzata era il cinghiale, seguivano il maiale e i canidi (lupo, cane o volpe), più rari erano invece il cervo e l’orso, ma sono presenti anche oggetti in carapace di tartaruga, ossa di uccelli e di piccoli mammiferi come la lepre. Reperti di straordinario interesse sono alcuni pendenti ricavati da denti umani, da squalo, da tasso e da cavallo. Per quanto riguarda gli animali domestici – il maiale, il cane e il cavallo – si può notare come gli ornamenti in Italia settentrionale siano presenti in minore quantità rispetto all’utilizzo di denti provenienti da specie selvatiche. Si trovano prevalentemente in Lombardia, in una fascia centrale che va dal Lago di Como fino al Lago di Garda.
L’utilizzo di un animale particolare o raro può fare chiarezza sullo status di chi lo indossava. Si può supporre anche che, mentre i suini erano ricercati per la produzione di denti grandi e adatti a essere perforati, altre specie animali come l’orso o il cervo fossero ricercati per le doti di abilità richieste al cacciatore che lo abbatteva. Nel caso del cane invece potrebbero aver avuto più importanza motivazioni di tipo affettivo. La perforazione di ossa umane è attestata con lo scopo decorativo di parti anatomiche, come le falangi, a cui si aggiungono i pendenti ricavati dai denti; ciò potrebbe ricollegarsi al fenomeno dei resti umani sparsi rinvenuti in abitato, ben documentato anche nella preistoria recente e nella protostoria.

Per quanto riguarda l’utilizzo di questi elementi d’adorno, sembra che fossero legati a tutte le fasi dell’esistenza umana e non solamente alla dimensione funeraria. Infatti sui vaghi in pietra attribuiti all’età del Rame sono presenti significativi livelli di usura dovuti all’utilizzo quotidiano, ed è lecito supporre che i vaghi in altri materiali avessero simile funzione. Nell’antica età del Bronzo, invece, non si nota usura su alcune decine di vaghi in pietra (lignite e carbonato), circostanza che potrebbe indicare una funzione rituale piuttosto che quotidiana.
Confrontando la produzione dell’Italia settentrionale con quella delle regioni europee vicine si può notare una corrispondenza tra le materie prime utilizzate nei diversi siti. Ad esempio, da Canton Friburgo (Svizzera) provengono elementi di ornamento riconducibili al tipo della placchetta su dente di “Sus scrofa” simili a quelli presenti a Fiavé (provincia di Trento), e risalenti al Bronzo antico, mentre all’interno dei dolmen del sito di Sion Petit-Chasseur (Svizzera) sono state raccolte diverse placchette quadrangolari multiforate su dente di “Sus”. A Fiavè, le placche ricavate da canini di cinghiale, forate ai lati (utilizzate sia come elemento cucito ai capi di abbigliamento, che come pendenti) ripetono un modello molto diffuso nell’ambiente eneolitico dello Chamblande. La loro presenza in livelli relativi al Bronzo antico potrebbe significare il perdurare di tradizioni decorative e di codici di comunicazione caratteristici di età precedenti.

Alice Massarenti
Nata a Mirandola, in provincia di Modena, classe ’84, si è laureata in Archeologia e storia dell’arte del vicino oriente antico e in Quaternario, Preistoria e Archeologia con una tesi in Evoluzione degli insiemi faunistici del Quaternario. Ha un’ossessione per i fossili e una famiglia che importuna costantemente con i racconti delle sue ricerche sul campo.