LetteraturaPrimo Piano“Lucifer in Starlight”: un sonetto di George Meredith sull’ascesa dell’angelo caduto

Lucia Cambria9 Agosto 2021
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La figura di George Meredith, visivamente parlando, è nota per essere stata immortalata nel celebre dipinto del pittore preraffaellita Henry Wallis, La morte di Chatterton, che ritrae il giovanissimo poeta Thomas Chatterton riverso sul letto dopo aver ingerito una fiala di arsenico: Meredith fu utilizzato da Wallis come modello.

Più tardi divenne invece noto come romanziere e poeta, descrivendo nelle proprie opere – in particolare nella prosa – le caratteristiche della società inglese vittoriana. Nato nel 1828 a Portsmouth, studiò giurisprudenza in Germania, dove rimase per due anni. Tornato in Inghilterra, lavorò nell’ambito editoriale e come giornalista. Dopo un primo matrimonio fallito (la moglie era infatti fuggita col pittore Wallis), si sposò nuovamente e andò a vivere nel Surrey. Non riuscì mai a raggiungere un certo livello di successo con le proprie opere letterarie, quindi continuò la propria attività presso case editrici. Nel 1905, quattro anni prima di morire, ricevette l’Ordine al Merito da re Edoardo VII e succedette ad Alfred Lord Tennyson come presidente della Society of Authors.

Sebbene la sua attività letteraria venga oggi ricordata grazie ai suoi romanzi, in particolare L’egoista (1879), La prova di Richard Feverel (1859) e Diana di Crossways (1885), Meredith si dedicò anche alla stesura di versi, come la raccolta Modern Love (1862). Tra le sue opere più suggestive si ricorda il sonetto Lucifer in Starlight (Lucifero nella luce stellare, 1883), in cui viene descritto il tentativo dell’angelo caduto di tornare in Paradiso. Il «Principe Lucifero» si erge infatti dall’inferno per rivoltarsi contro Dio perché non vuole più possedere quell’«oscuro dominio». La sua nera figura, sollevandosi dall’abisso infernale e dirigendosi verso l’alto, si confonde tra le nubi oscurando il sole:

 

«In una notte stellata si erse il Principe Lucifero.
Stanco del suo oscuro dominio il demone ondeggiò
Sulla sfera roteante verso le nubi in parte ripartite,
Dove i peccatori abbracciavano lo spettro del loro riposo»

 

L’angelo caduto ha coperto il sole, tanto da aver oscurato anche le distese nevose dell’Artico:

 

«Povere prede del suo eccesso d’orgoglio erano quelle.
E adesso s’inclinava verso la sua ala sinistra,
Ora la sua enorme massa di sabbia africana virava,
Ora il nero pianeta ombreggiava la neve artica»

 

Nella seconda parte del sonetto, il demone non riesce più a procedere nella sua ascesa ed è costretto a tornare indietro, consapevole di non poter più tornare nelle grazie di Dio.

 

«Librandosi attraverso le ampie zone che pungevano le sue cicatrici
Con il ricordo della vecchia rivolta al Terrore,
Raggiunse metà altezza, e verso stelle,
Che sono il cervello del cielo, guardò e poi affondò.
Intorno all’antico percorso marciava, in fila,
L’armata della legge inalterabile»

 

Lucifero sta fluttuando in cielo sovrastando i continenti fino a che giunge a «metà altezza», una zona che non è né cielo né terra, un punto equidistante da Dio e dalle tenebre infernali: è qui che volge lo sguardo alla luce stellare ed è qui che inizia il suo volo nel senso opposto. La visione della luce degli astri ha condotto quell’angelo disubbidiente verso l’ordine naturale delle cose, in un punto in cui il cielo e gli inferi esistono nello stesso medesimo modo, tanto da annullarsi vicendevolmente. A quell’altezza mediana e neutra Lucifero sa di non potersi opporre all’ineluttabilità delle leggi che governano la natura.

Lucia Cambria

Siciliana, laureata in Lingue e letterature straniere e in Lingue moderne, letterature e traduzione. Particolare predilezione per la poesia romantica inglese e per la comparatistica. Traduttrice di prosa e versi, nel 2020 ha trasposto in italiano per Arbor Sapientiae il romanzo "L’ultimo uomo" di Mary Shelley.