La personale di Antonello Viola Anche Bach mi ha salvato presso la Francesca Antonini Arte Contemporanea è una metrica rigorosa che conduce il pensiero lungo canoni temporali progressivi e sedimentati nello spazio mediano del supporto che si estende nell’insieme dei margini, da cui i confini delimitati si espandono nel territorio della percezione, del segno, dell’emersione di un colore dal fondo, in una vibrazione portata ai massimi livelli espressivi.
La mostra presenta dieci opere inedite su carta giapponese e una installazione su vetro pensata appositamente per lo spazio espositivo.

Nell’opera dell’artista la pittura ad olio è materia stessa, supporto stratificato che si unisce alla carta aumentandone lo spessore, su cui si posa la lucentezza metallica dell’oro o del rame che moderano l’esuberanza coloristica nella quasi totalizzante monocromia, dalla quale affiorano fasce, brani, guizzi e scintille di colore.

Antonello Viola sublima il linguaggio pittorico in un immediato e alto ordine costruttivo in cui sonate e silenzi compiono i giusti passi melodici, innalzati in foglie d’oro e d’argento attraversate da segni a matita, appena accennati o acutamente determinati, che raschiano la superficie o si giustappongono a essa, rivelando passaggi, sovrapposizioni, ritorni e rimozioni: la pittura si compie come entità unica e indissolubile in spazi interstiziali temporali permanenti, saturati da postulati fondamentali di un’esistenza pittorica sospirata in toni sottili, nell’interezza del silenzio, negli accenti di una luminosità riflessiva, o nella velata patina poetica di una bilanciata politezza formale.

Nel lavoro minuzioso e dilatato nel tempo, l’artista, come scrive Davide Ferri nel testo critico che accompagna la mostra, «può aggiungere nuove porzioni di colore, gocciolature e accenni a nuove stratificazioni che rilanciano in superficie quelle sottostanti e confondono la temporalità dell’opera, complicando il rapporto tra un “prima” e un “dopo” della pittura a cui corrisponde un dentro e un fuori». Ogni momento si compenetra nell’altro in una durata qualitativamente connessa a un’interiorità propizia e piena, custode di una soglia dimensionale che unifica lo svolgersi di un lavoro introiettivo, trascendente, che interiorizza la coscienza di un tempo cairologico simile a quello bachiano.

Processo e risultato pittorico come alterità primaria, nella progressività e nell’identità del fare, concentrano e disseminano lucentezza pervasiva che si irradia dal quadro all’ambiente circostante in un dialogo visivo che coinvolge il fruitore in un’analisi dell’insieme e del particolare che si rivela poco a poco, dall’abbagliante chiarore della doratura.
Nella grande installazione su vetro, dipinto ad olio e foglia d’oro, la trasparenza del supporto evidenzia e rivela l’intensità cromatico-luministica negli accordi dei colori sovrapposti, fusi, addizionati, sedimentati in ordini successivi: opacità e brillantezza compongono una partitura dal ritmo frammentato e armonico, proiettivo, che ingaggia lo spazio percettivo dell’osservatore in un movimento continuo di un tempo indivisibile.

La mostra Anche Bach mi ha salvato è un inno al tempo, alla mutevole eternità dell’atto poetico, metronomo di momenti significativi e stati d’animo complessi, orchestrati in andamenti ieratici che si riflettono e propagano leggi immutabili, tra stasi e lento divenire.

Nicoletta Provenzano
Nata a Roma, storica dell’arte e curatrice. Affascinata dalle ricerche multidisciplinari e dal dialogo creativo con gli artisti, ha scritto e curato cataloghi e mostre, in collaborazione con professionisti del settore nell’ambito dell’arte contemporanea, del connubio arte-impresa e arte-scienza.