LetteraturaPrimo PianoLetteratura, tra storia e leggenda: la cristianizzazione dei miti celtici nel “Perceval” di Chrétien de Troyes

Beatrice D'Angelo21 Gennaio 2020
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Chrétien de Troyes è uno dei maggiori autori del romanzo cavalleresco. Egli ha scritto cinque opere principali, ma per molti Perceval o il racconto del Graal (1175-1190 ca.), rimasto incompiuto, è il romanzo più interessante. Vi sono varie teorie sull’origine di questo intreccio, ma è fin da subito interessante notare come con quest’opera avviene nell’autore un serio mutamento ideologico, che però non appare in totale contrasto con le idee che avevano ispirato le sue opere precedenti.

In Perceval, infatti, vengono superati i concetti di casta e ceto, cosa che a quel tempo era possibile solo nella morale cristiana; ciò che assume assoluta rilevanza all’interno dell’opera è la misericordia come amore cristiano, che si contrappone sia alla cavalleria che all’amore cortese. Il peccato di cui Perceval assume gradualmente coscienza con lo sviluppo della storia è quello di aver trascurato Dio. Non solo: alla realtà mondana della corte arturiana si contrappone la realtà sacra, rappresentata dal castello del Re Pescatore. Questo aspetto è effetto della cristianizzazione di miti antico-celtici: per esempio, il Graal nel romanzo non è solo fonte di abbondanza ma anche simbolo del potere sacrale. Chrétien de Troyes impiega, insomma, la simbologia della comunione cristiana. Ovviamente questa storia non può essere considerata una compiuta allegoria della passione di Cristo, in quanto Perceval non è un Messia ma un semplice eroe, il cui percorso è fatto di successi e fallimenti; tuttavia le sue avventure sono inserite in un contesto che sembra essere stato fortemente influenzato dalla morale cristiana.

In Perceval, Chrétien de Troyes fa sì che al conflitto tra cavalleria e amore se ne sostituisca un secondo, più complesso del precedente, rappresentato dalla dicotomia tra  cavalleria e amore cristiano (o misericordia). L’amore cortese non scompare, dunque, ma retrocede in secondo piano. Il protagonista, infatti, prova tanto l’amore cortese (nei confronti di Biancofiore), quanto l’amore compassionevole (nei confronti della madre) e dunque nell’opera trovano spazio tanto la cavalleria cortese quanto la cavalleria cristiana. Il rapporto dell’eroe con la madre e con l’amata – due fallimenti – prepara la strada al conflitto principale, al fallimento di maggiore portata (l’abbandono di Dio); questo espediente permette a Chrétien de Troyes di presentare nell’opera un chiaro percorso, rendendola vicina alla struttura di un romanzo di formazione.

L’autore mantiene l’elemento dell’infanzia di Perceval (che ricorda le storie celtiche sull’infanzia di Cu Chulainn e di Finn), tratto tipico di questo tipo di romanzi. La figura del giovane “sciocco” è necessaria per creare il contrasto con la successiva maturazione di Perceval. L’infanzia del protagonista è molto lontana dal mondo cavalleresco, e fin quando Perceval non entra davvero in questo mondo a lui nuovo, sarà sempre considerato come “Perceval il Gallese”. Dopo il primo incontro con i cavalieri, Perceval – a differenza degli altri eroi dello stesso autore – decide di voler diventare come loro, e si reca per questo alla corte di Artù, perché lui «fa i cavalieri». Egli sacrifica l’amore filiale alla cavalleria, e questo è mostrato come un grave peccato, che anticipa l’episodio centrale del romanzo, un altro grave peccato che è la mancanza di compassione nei confronti del Re Pescatore (poiché l’eroe non gli pone le giuste domande, quelle che lo potrebbero salvare). Per quanto riguarda gli eventi successivi al suo arrivo a corte, Perceval continua a mantenere anche alla corte di Artù i tratti dello sciocco, e i cortigiani si fanno beffe di lui. Queste beffe costituiscono un forte contrasto con la sua prima impresa – la vittoria sul Cavaliere Vermiglio – che lo aveva elevato a livello sociale, in quanto quel cavaliere aveva offeso la regina e aveva anche sottratto ad Artù una coppa (che ha delle somiglianze con il Graal, quindi questa missione sembra anticipatoria di quella principale del romanzo).

Dopo il compimento dell’addestramento presso Gorneman, Perceval non assume più connotati di stoltezza. Egli riceve degli ammonimenti dal suo maestro, tra i quali quello di non parlare troppo, perché chi parla molto ha più possibilità di peccare (in realtà è proprio a causa di questo che Perceval pecca, non ponendo le giuste domande al Re Pescatore). Anche al castello di Biancofiore, Perceval mantiene il silenzio (tanto da essere scambiato per muto). L’abbandono poi della fanciulla da parte del cavaliere ha dei tratti che richiamano l’Yvain, anche se tale abbandono non è centrale in Perceval tanto quanto lo era nell’opera citata in precedenza; Perceval si ricorda della donna solo quando vede il sangue sulla neve. L’episodio centrale del Graal è la prova principale per Perceval: egli non infrange il suo silenzio seguendo le norme cavalleresche, per cui in questo caso preferisce l’etichetta alla compassione. Il fallimento di Perceval, a differenza di quello degli altri eroi, non è solo personale, ma prolunga le sofferenze del Re Pescatore e potrebbe portare alla devastazione del regno.

Alcuni ritengono che il Perceval sia finito con il fallimento del protagonista, e che Chrétien de Troyes non abbia interrotto l’opera ma l’abbia semplicemente terminata. Tuttavia ciò non sembra probabile: lo dimostrano gli accenni alla speranza della salvezza che si susseguono attraverso tutta l’opera (anche l’eremita da cui Perceval si reca, spinge l’eroe sulla via del pentimento, quindi verso la salvezza). A Perceval non interessano le imprese cavalleresche, ma a differenza degli altri eroi è interessato esclusivamente a trovare il castello del Graal, al fine di espiare il proprio peccato. Con ogni probabilità, quindi, ci troviamo di fronte a un romanzo di formazione rimasto incompiuto.

Beatrice D'Angelo

Nata a Messina, laureata in Lingue e Letterature Straniere, attualmente sta studiando per conseguire il titolo magistrale. Ama la musica, la storia, il buon cibo e la buona compagnia. Le piace catturare paesaggi con la sua macchina fotografica. Sfrutta ogni occasione per imparare qualcosa di nuovo e per viaggiare, soprattutto in treno.