LetteraturaMusicaPrimo PianoTra letteratura e musica: le origini dell’eroe byroniano e la sua notevole influenza

Lucia Cambria1 Agosto 2022
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Nel periodo culturale che oggi conosciamo come Romanticismo, ovvero tra la fine del Settecento e la prima metà dell’Ottocento, si fece strada nell’immaginario letterario il cosiddetto “eroe romantico”: una figura dipinta di tratti quasi leggendari, che si oppone alle norme e alle convenzioni sociali e per questo, abbandonata la cerchia mondana, si concentra su se stesso, ponendosi anche nel nucleo delle opere letterarie.

L’eroe romantico spesso è posto fuori della struttura della civiltà e in questo modo, in opposizione agli artifici dell’uomo è, per converso, assimilabile alle forze della natura, quelle governate da leggi imprescindibili e primordiali, nate ancora prima dell’uomo. Questa emarginazione ha come conseguenza un forte tratto introspettivo dell’eroe, il quale è travolto dalla melanconia, dall’isolamento e, spesso, dalla misantropia.

Una particolare tipologia di “eroe romantico” è quello che viene definito “eroe byroniano”, nome che proviene, naturalmente, dal poeta George Gordon Byron (meglio noto come Lord Byron). Infatti, sia il suo carattere che i personaggi che ha dipinto nelle proprie opere – quasi sempre modellati su se stesso – hanno delle caratteristiche ascrivibili a questo particolare tipo di “eroe”. Si tratta di un uomo orgoglioso, lunatico, cinico e particolarmente misterioso, attanagliato dai sensi di colpa ma anche da un forte desiderio di vendetta.

L’opera di Byron nella quale si delinea per la prima volta un personaggio di questo genere è Childe Harold’s Pilgrimage (Il pellegrinaggio del giovane Harold), pubblicata tra il 1812 e il 1818. Il poemetto, autobiografico, è composto da quattro canti: i primi due vennero pubblicati nel 1812, il terzo nel 1816 e il quarto nel 1818. I primi due canti hanno contribuito alla notorietà del Byron poeta. Scriverà infatti: «Mi svegliai un mattino e mi ritrovai famoso». Nel giro di tre giorni dalla loro pubblicazione vennero vendute 500 copie e successivamente ne vennero prodotte dieci edizioni.

Deluso dalla propria vita, Harold intraprende un viaggio – un vero e proprio pellegrinaggio in solitudine – verso terre straniere. Quello che per i giovani dell’epoca era il tipico e rituale viaggio in Italia, diviene per Harold quasi un cammino di redenzione. I primi due canti descrivono i viaggi tra Portogallo, Spagna, le isole dello Ionio e l’Albania. Nel terzo canto il pellegrino si trova in Belgio e sulle Alpi e nel quarto non è più Harold a parlare, ma il poeta stesso, in viaggio tra Venezia, Ferrara, Firenze e Roma.

Walter Scott, scrittore celebre per il romanzo storico Ivanhoe, lesse l’opera e così commentò: «L’eroe è un uomo moderno nella moda e nella fortuna, consumato e sazio alla ricerca della dissipazione; l’autore, nel raccontare i suoi viaggi, sta facendo la stessa cosa con se stesso». La Anti-Jacobin Review commentò che Harold serve da strumento a Byron per esprimere il proprio io al pubblico, cosa che il poeta stesso confermerà riguardo il quarto canto, l’ultimo.

Questo tipo emotivo-caratteriale è stato oggetto di caricatura in Nightmare Abbey di Thomas Love Peacock, pubblicato nel 1818, in cui si legge: «Non ho alcuna speranza per me stesso e per gli altri. Lo nostra vita è una falsa natura; non è nell’armonica delle cose; è tutto come un insieme di antiaris le cui radici sono la terra e le cui foglie il cielo che deposita la propria brina velenosa sugli esseri umani; amore, fama, ambizione, avarizia – tutti idoli e tutti malsani – una meteora nei secoli che svanisce nei vapori della morte». Queste parole di Peacock, che trasudano nichilismo, sono quasi interamente tratte dal canto quarto dell’opera di Byron.

Il lancio del prototipo byroniano venne recepito anche in Russia, esercitando la propria influenza su Alexander Pushkin, in particolare in Eugene Onegin (1825-1832), dove il protagonista Eugene è più volte messo a confronto con Harold. Egli ha la stessa melanconia inguaribile e la medesima prospettiva onirica sulla realtà concreta. Tatiana, l’altra protagonista del romanzo in versi, lo definisce «un moscovita travestito da Harold».

Clive Staples Lewis, il celebre autore de Le cronache di Narnia (1950-1956), incluse Harold e il giovane Werther nei tipici prototipi romantici, «sommersi nell’autocommiserazione per causa di immaginarie afflizioni».

L’opera ebbe grande risonanza non solo nel mondo letterario, ma anche in quello delle arti in generale. Le poesie supplementari pubblicate con i due primi canti vennero messe in musica da Ludwig van Beethoven e Charles Gounod. Hector Berlioz compose la sinfonia in quattro parti Harold en Italie nel 1834. Inoltre, molte della trascrizioni di Franz Liszt nei suoi Années de pèlerinage, composti tra il 1848 e il 1882, riportano nelle epigrafi versi del Canto III di Childe Harold’s Pilgrimage.

Lucia Cambria

Siciliana, laureata in Lingue e letterature straniere e in Lingue moderne, letterature e traduzione. Particolare predilezione per la poesia romantica inglese e per la comparatistica. Traduttrice di prosa e versi, nel 2020 ha trasposto in italiano per Arbor Sapientiae il romanzo "L’ultimo uomo" di Mary Shelley.