ItinerariPrimo PianoLe vie consolari #1 – La Via Appia

Ginevra Latini25 Aprile 2020
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La Via Appia, già definita da Stazio «regina viarum», è un museo a cielo aperto: non mancano di ornare il suo tracciato resti di ville, teatri, basiliche, acquedotti e monumenti funebri di epoca romana. Lo storico Procopio, dopo averla percorsa nel 535, la ritiene «degnissima di spettacolo» per la sua bellezza e per l’ottimo stato delle sue pietre di basolato: connesse e levigate.

La via prende il nome da Appio Claudio, il censore che nel 312 a.C. la fece costruire a partire da Porta Capena. Inizialmente univa Roma a Capua; successivamente si estese fino a Benevento, poi a Venosa e infine anche a Taranto e Brindisi. Divenne in questo modo la strada privilegiata che collegava la capitale dell’impero al sud di Italia, la via da cui gli eserciti romani partirono alla conquista della Sicilia, del Nord Africa e del Mediterraneo orientale.

L’inizio della via Appia era segnato, subito dopo il lato est del Circo Massimo, nella parte confinante con il Celio, dalla Porta Capena, l’antica porta delle Mura Serviane che dava il nome alla prima regione augustea e che segnava l’origine della via nel punto in cui le mura scendevano dal Celio per risalire sull’Aventino. Subito al di fuori della porta la tradizione colloca la fonte delle Camene, sede della ninfa Egerìa, collegata con Numa e con il culto di Fortuna. Agli inizi del Il secolo Traiano costruì l’Appia Traiana, un nuovo percorso da Benevento all’Adriatico. Successivamente venne costruito l’arco trionfale detto di Druso, più probabilmente di Lucio Vero e Caracalla fece passare sopra l’Arco di Druso un acquedotto per alimentare le sue nuove terme.

Arco di Druso

Ai lati della via ci sono file di mausolei visibili ancora oggi tra cui quelli di Cecilia Metella, degli Scipioni e la tomba di Servilio Quarto restaurata da Canova. L’Appia è quindi ricca di templi, altari, archi onorari e specialmente tombe, sia di ricche famiglie che di persone comuni; anche i primi cristiani che scavarono qui alcune fra le più celebri catacombe, basti pensare alle Catacombe di San Callisto, di San Sebastiano e alle non troppo distanti Catacombe di S. Domitilla (anche dette dei Santi Nereo e Achilleo). In seguito la zona assunse un carattere agricolo: si installarono alcune colonie agricole facenti capo a monasteri e a nobili famiglie che trasformarono alcuni monumenti in fortezze.

Il primo tratto della via è urbano: inizia di fronte al Circo Massimo, vicino alle Terme di Caracalla, dove si trova Porta Capena e termina a Porta San Sebastiano, la porta più grande e longeva delle Mura Aureliane. Oltre Porta San Sebastiano inizia la splendida area del Parco dell’Appia Antica che ospita i monumentali resti degli acquedotti.

Nel tratto laziale la via passa tra i Castelli romani e fiancheggia due laghi: il laghi di Albano e di Nemi. Si incontrano quindi arte e natura – si passa vicino alla Villa di Domiziano, alla Porta Pretoria di Albano Laziale, ai musei di Ariccia e Genzano, al Tempio di Diana e al Museo delle Navi Romane di Nemi, al Ponte di Loreto di Lanuvio e al Museo archeologico di Velletri –  ma si sollecitano anche altri sensi: è impossibile resistere ad alcuni piatti tipici della Via Appia laziale come il pane casareccio di Genzano, le fragoline di Nemi, la porchetta di Ariccia e la porchettina tuscolana.

Ginevra Latini

Dottoranda in Italianistica, si è specializzata in letteratura contemporanea e filosofia moderna alla Sapienza. Ha curato numerose pubblicazioni su Ovidio. Studia pianoforte, si appassiona di filosofia, musica, arte, itinerari a piedi ed è attiva nel panorama editoriale.