Era il 1872 quando il barone ungherese Jenö Nyári, ciambellano dell’imperatore d’Austria e Ungheria, donò al Museo Correr di Venezia una parte della sua collezione di antichità provenienti dal sito slovacco di Mad’arovce, tra cui una misteriosa tavoletta rinvenuta durante gli scavi condotti pochi anni prima. Caratterizzata da una forma subrettangolare con spigoli arrotondati, la tavoletta ha un foro all’estremità superiore della faccia principale, una doppia incisione orizzontale che continua fino all’altra faccia e un principio di foro nella faccia posteriore in posizione corrispondente al primo foro.
Da allora furono rinvenute altre tavolette dalla terramara di Bellanda (oggi irreperibile), dalla palafitta di Polada, dalla necropoli di Singen e da altri contesti europei, classificati con definizioni generiche senza tentativi di interpretazione circa la funzione o la correlazione con altri esemplari.

Durante il secolo scorso i ritrovamenti crebbero di numero e si cominciò a pensare che avessero uno scopo cultuale, come idoli antropomorfi, o che potessero essere strumenti di calcolo a base 12, come in numerose civiltà antiche, tanto da definirli anche “talismani” dotati di un ipotetico valore magico. Tuttavia, le impressioni erano effettuate a crudo, poi la tavoletta veniva cotta e talvolta verniciata, come se si trattasse di veri e propri documenti, oppure di operazioni contabili più importanti o ancora, come ipotizzato da alcuni studiosi, di prototipi di calendari lunari.
Le analogie osservate tra i simboli incisi su reperti provenienti da siti anche distanti, come i siti palafitticoli della cultura di Polada, Lucone di Polpenazze e Bande di Cavriana, lasciano intuire che fra i vari abitati lacustri nei pressi del Lago di Garda esistessero contatti culturali basati su un’ideografia comune.

Negli anni ’80 del secolo scorso si notò come le tavolette fossero distribuite in Austria, Svizzera, Italia (che ne detiene oltre il 45%), Germania, Polonia, Romania, Slovacchia, Boemia, Moravia, ex-Jugoslavia e Ungheria, ma soltanto con lo sviluppo dei sistemi dendrocronologici di calibrazione fu possibile datare in modo assoluto i contesti di ritrovamento: per la Germania meridionale cadono tra 2150 e 1800 BC, per il medio Danubio (Böheimkirchen e Unterwöbling) tra il 2000 e il 1750 BC, per il sito di Mad’arovce tra 1770 e 1430 BC, per la cultura di Věteřov tra 1700 e 1500 BC, in Italia settentrionale nel Bronzo antico I-II (Polada B, tra il 2050 e il 1800 BC) e nel Bronzo medio tra 1800 e 1400/1300 BC.
I siti in cui queste enigmatiche tavolette sono state rinvenute sono soprattutto contesti di abitato, mentre sono rari i casi attestati di contesti sepolcrali in Europa centro-orientale, come quelli della necropoli a cremazione di Ostrovul Mare-Bivolarii in Romania e della necropoli austriaca di Franzhausen (che ha restituito l’unica tavoletta che proviene direttamente da una sepoltura). I contesti spesso non sono databili in maniera affidabile: molte tavolette sono state recuperate in raccolte di superficie o in scavi di vecchia data e forniscono solo indicazioni cronologiche generiche.

Ad oggi i segni codificati sono 56 su 349 superfici impresse e l’intero repertorio delle tavolette è catalogato e pubblicato sul sito istituzionale del Museo Archeologico dell’Alto Mantovano: in ogni scheda sono presenti località di ritrovamento, codice di identificazione, collocazione e ogni caratteristica utile a studiosi e appassionati.
La forma delle tavolette può essere rettangolare, trapezoidale, ovoidale, ellissoidale stretta, circolare; mentre i segni possono essere puntiformi, coppelle circolari, coppelle con croce iscritta, triangoli, quadrati, rettangoli, scanalature, segni a croce di S. Andrea, a croce latina o a bracci angolati. Nei reperti ritrovati in Italia si registra una notevole ricchezza nella forma, sono presenti una maggiore varietà di segni e loro associazioni, così come due o più tipi di impressioni sono presenti sullo stesso oggetto; in Europa, invece, la forma è spesso ellissoidale più o meno allungata, sono più frequenti le tavolette che presentano un solo tipo di impressione ed è presente il segno della coppella con punti o raggi, un motivo frequentemente utilizzato sulla ceramica e sugli oggetti metallici.

Risulta evidente come tutte le aree interessate dal fenomeno delle tavolette enigmatiche facciano parte di una grande compagine culturale intessuta di rapporti e influenze reciproche, ravvisabile nella produzione di ornamenti, in particolare spilloni in bronzo, vaghi d’ambra o di faïence, nelle tipologie di insediamento dei villaggi su palafitte, nella produzione metallurgica, in particolare le asce. Gli studiosi, quindi, ritengono che una società di questo tipo abbia prodotto un proprio sistema di notazione, anche se resta da chiarire perché si sia sviluppata solo nell’Europa centro-orientale e non abbia interessato le regioni dell’Europa occidentale, all’infuori della Corsica (Francia, Spagna, Portogallo e Gran Bretagna).
La diffusione delle tavolette non sembra perdurare nel Bronzo recente, quando l’asse degli scambi si spostò verso l’area egea e il Mediterraneo Orientale. Questo sistema venne abbandonato, forse in seguito all’incontro con una struttura politica ed economica più avanzata come quella micenea, con un proprio sistema di scrittura e notazione, rappresentato dalla Lineare B.

Alice Massarenti
Nata a Mirandola, in provincia di Modena, classe ’84, si è laureata in Archeologia e storia dell’arte del vicino oriente antico e in Quaternario, Preistoria e Archeologia con una tesi in Evoluzione degli insiemi faunistici del Quaternario. Ha un’ossessione per i fossili e una famiglia che importuna costantemente con i racconti delle sue ricerche sul campo.