Il Reichmarschall Hermann Göring (Rosenheim 1893 – Norimberga 1946), braccio destro di Adolf Hitler, come è noto fu un grande appassionato di arte, nonché rapace collezionista; approfittò della guerra per accaparrarsi, con ogni mezzo, quante più opere possibili.
Nel 1936 Göring fu responsabile del piano quadriennale per la rinascita economica della Germania in vista della guerra e avviò la confisca di tutti i beni di proprietà ebraica, promuovendo – inoltre – un minuzioso programma di incameramento delle opere d’arte rinvenute nei Paesi occupati: nel ’39 depredò l’intero patrimonio artistico della Polonia, nella campagna di Francia fece man bassa dell’arte nazionale in collaborazione con Alfred Rosenberg e Wilhem Keitel e l’anno successivo rastrellò in via riservata circa un terzo dei capolavori del Louvre; per quanto riguarda l’Italia, la sua ricerca iniziò a partire del 1942. Anche grazie a questi saccheggi, Göring arricchì la propria collezione, la quale era curata dal mercante Walter Andreas Hofer, colui che si occupò di organizzare gli acquisti e le esportazioni.
Fra le varie opere di cui il feldmaresciallo del Terzo Reich si impossessò vi è un quattrocentesco capolavoro d’arte sacra: si tratta di quattro tavole dipinte da Hans Multscher (Reichenhofen presso Memmingen, Algovia 1400 circa – Ulma 1467).


Le tavole lignee facevano parte di un polittico commissionato all’artista tedesco nel 1456 dalla comunità religiosa della città altoatesina di Vipiteno, per ornare l’altare maggiore della nuova parrocchia di “Nostra Signora della Palude”.
Il sontuoso polittico tardogotico, completato nel 1459 e caratterizzato da una forte espressività dei personaggi, era composto da quattro portelle lignee dipinte sul recto con le scene della Passione di Cristo (Cristo all’orto, Salita al Calvario, Flagellazione, Incoronazione di spine) e sul verso con scene della vita della Vergine (Annunciazione, Natività, Adorazione dei Magi, Morte della Vergine); l’altare era inoltre munito di realistiche sculture lignee raffiguranti angeli reggidrappo, santi e profeti, realizzate dallo stesso artista.
Questo grande manufatto artistico ha una storia turbolenta. Fu smembrato nel 1779 durante il rimaneggiamento barocco della chiesa e, nell’Ottocento – a seguito di un’ulteriore rifacimento della parrocchia – alcune delle sue sculture (la Madonna col bambino, le Sante Barbara, Apollonia e Caterina) furono reimpiegate in un altare in stile neogotico, luogo in cui ancora oggi si trovano; altre sculture finirono invece al Ferdinandeum Museum di Innsbruck, al Bayerisches Nationalmuseum di Monaco e in una collezione privata di Basilea. Le quattro tavole dipinte, invece, sono ubicate attualmente al Museo Multscher della città altoatesina per la quale furono realizzate, ma non rimasero sempre in tale luogo.
Negli anni ’40 del Novecento, le tavole del Multscher – che si trovavano in una regione allora divisa in due per le opzioni di appartenenza all’Italia o al Terzo Reich – finirono sotto le mire del feldmaresciallo. Il suo mercante tentò di acquistarle ma il permesso gli venne negato dal Ministro dell’Educazione Nazionale Giuseppe Bottai, il quale tentò sempre di contrastare l’uscita dall’Italia delle opere d’arte. Hofer, per ottenere lo scopo, fece pressione sull’ambasciatore italiano a Berlino, Dino Alfieri, affinché intercedesse presso Galeazzo Ciano; a quel punto il Ministro Bottai non poté nulla contro la volontà di quest’ultimo e di Mussolini.
Le tavole furono prelevate da Vipiteno e custodite nel Castello del Buonconsiglio di Trento, prima di essere spedite in Germania; il 6 aprile 1943 si trovavano a Berlino, al cospetto di Göring, che le ricevette in “dono” da parte di Mussolini.

Solamente due giorni dopo, il Ministero della Pubblica Istruzione iniziò per conto del Ministero degli Esteri le trattative per l’acquisto. Il Comune di Vipiteno dovette sottostare alla vendita forzosa. Il prezzo inizialmente stabilito fu di tre milioni di lire che per la progressiva svalutazione divennero nove milioni, di cui otto furono convertiti d’autorità in titoli di stato inalienabili. La città altoatesina venne così, di fatto, espropriata dell’opera.
Al termine della guerra, gli alleati affrontano il problema del recupero e della restituzione delle opere d’arte sottratte dai tedeschi e, in base alla dichiarazione di Londra del 5 gennaio 1943, considerarono nulle le compravendite fatte dalle autorità tedesche perché ritenute frutto di indebite pressioni, disponendo la restituzione delle opere ai paesi di provenienza, ma non ai venditori.
Nel 1948 gli Americani confiscarono i beni di Göring, tra cui vi erano le tavole del Multscher che furono restituite allo Stato italiano e conservate a Palazzo Vecchio a Firenze. Vipiteno aveva illecitamente alienato – se pur forzosamente – le sue opere alla Germania nazista, quindi non avrebbe potuto riaverle indietro. Fu proprio questo che ribadì Rodolfo Siviero, in quegli anni Ministro plenipotenziario a capo dell’Ufficio Recupero opere d’arte che intanto era stato istituto in Italia nel 1946.
La città altoatesina rivoleva le tavole del Multscher, quindi nel 1959 l’allora direttore alla Soprintendenza di Trento, Nicolò Rasmo, decise di tentare di risolvere la questione scrivendo una serie di lettere ufficiali ai Ministeri competenti per chiedere la restituzione delle tavole; sfruttando l’occasione del quinto centenario della creazione dell’altare, propose l’organizzazione a Vipiteno di una mostra. In tal modo, non senza difficoltà, il prestito gli venne concesso e le tavole furono consegnate a Rasmo il 15 settembre 1959; si trattava però di una concessione a «carattere assolutamente temporaneo», in quanto entro il 31 dicembre dello stesso anno, al termine dell’esposizione, le tavole sarebbero dovute tornare a Firenze.
Il 17 ottobre 1959, alle ore 11, si inaugurò nel Municipio di Vipiteno la mostra sull’altare di Hans Multscher. Da qui le tavole vennero trasferite nel Museo intitolato all’artista tedesco: non furono mai più restituite a Firenze.



Anna D’Agostino
Classe '93, laureata in Storia dell'Arte con una tesi in Museologia sull'arredamento dell'Ambasciata d'Italia a Varsavia dalla quale è scaturita una pubblicazione in italiano e polacco. Prosegue la ricerca inerente l'arredamento delle Ambasciate d'Italia nel mondo grazie a una collaborazione con la DGABAP del Mibact. É iscritta al Master biennale di II livello "Esperti nelle Attività di Valutazione e di Tutela del Patrimonio Culturale".