CinemaPrimo PianoLe strade perdute in “Animali notturni” di Tom Ford

Nadia Pannone7 Giugno 2019
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Conosciuto dai più per la sua attività nel mondo della moda, famoso per aver rilanciato il marchio Gucci e aver creato una griffe a proprio nome, Tom Ford si è cimentato negli ultimi anni anche con il linguaggio cinematografico, raggiungendo notevoli risultati. Il suo status di regista si consacra nel 2016, grazie ad Animali notturni, pellicola che coniuga – in maniera del tutto funzionale – l’amore per il glamour alla narrazione, portando a compimento un’opera estremamente incisiva e dallo stile raffinato ed elegante. Ispiratosi al romanzo Tony & Susan di Austin Wright, Ford sceglie come cornice della sua storia un mondo a lui vicino: il suo mondo. Susan (Amy Adams) è, infatti, una gallerista di successo. Ricca e bellissima, con un marito altrettanto impeccabile (Armie Hammer), conduce una vita apparentemente ineccepibile, ma non impiegheremo molto a percepire quanta pochezza e infelicità si celino dietro questa maschera di perfezione. Significativo, a tal proposito, l’incipit del film in cui donne anziane e obese, vestite da majorettes, ballano nude e goffe sotto una pioggia di coriandoli dorati. I lustrini celano la decadenza dei corpi – martoriati dalla chirurgia – e dello spirito. Il culto dell’estetica ha corrotto per sempre anime un tempo genuine. Ma se un altro film dello stesso anno, The Neon Demon di Nicholas Winding Refn, intraprendeva un vero e proprio viaggio nel “diabolico” universo della moda, Animali notturni imbocca un’altra direzione.

Susan riceve un manoscritto: è il romanzo del suo ex marito Edward ed è dedicato a lei. Si chiama Animali notturni, proprio come l’uomo era solito soprannominarla. Non si tratta solo di un innocente regalo: la lettura la ferirà profondamente, come preannunciato dal taglio sul dito inferto dalle pagine del libro. Lasciando in sospeso una vita insoddisfacente e un marito infedele, Susan trascorre le sue notti immergendosi totalmente nel racconto, straordinariamente violento e brutale. «Brutale», come lei stessa definisce la fine della relazione con il suo ex marito. Le similitudini tra la loro storia e quella raccontata nel romanzo iniziano a risultarle evidenti: Susan rivive la passata relazione con Edward e dà il suo volto al protagonista del romanzo Tony (interpretato, in entrambi i casi, da un intenso Jake Gyllenhaal); la moglie Laura è la sua copia (Isla Fisher) e la figlia adolescente India è identica a quella che Susan ha avuto con il suo attuale marito.

A questo punto, iniziano ad alternarsi tre piani narrativi – continuamente richiamati da inquadrature analoghe, ma dai cromatismi opposti – che contribuiscono a sfumare i confini tra ciò che è reale e ciò che è fittizio. Scopriamo che quello che aveva unito Susan ed Edward all’inizio è esattamente quello che alla fine li ha divisi. Interessante, qui, la riflessione sull’arte delineata da Ford attraverso le visioni opposte dei due protagonisti. Edward, seppur designato più volte come “debole”, ha – al contrario – il coraggio di perseguire l’arte inseguendo il suo sogno di essere uno scrittore, pur consapevole di quanto la strada possa essere lunga e impervia. Susan, invece, pur cercando disperatamente di slegarsi dal mondo alto-borghese rappresentato dalla madre, mette ben presto da parte il desiderio di essere un’artista, non ritenendo di avere innata quella creatività che solo pochi eletti possiedono e che di certo – almeno secondo la sua opinione – nemmeno Edward ha in dote. Meglio essere pragmatici e rincorrere un obiettivo concreto e realizzabile, come quello di diventare una gallerista, rappresentando quelle persone che hanno avuto il coraggio che a lei è mancato e verso cui, ormai, non prova più il minimo interesse. In un mondo insensibile, nel quale essere “veri uomini” equivale a raggiungere il successo e a mostrarsi sempre forti e sicuri di sé, la sensibilità di Edward viene denigrata. Un senso di umiliazione e frustrazione, questo, riversato nelle pagine del romanzo, ambientate di notte, nelle strade infinite e sperdute del Texas, luogo selvaggio per antonomasia, legato da sempre nell’immaginario americano alla brutalità e alla solitudine.

La violenza a cui ci troviamo di fronte è spietata, eppure Ford riesce a metterla in scena senza ricorrere a immagini esplicite: non si tratta di una violenza banale e fine a se stessa, ma dai tratti marcatamente psicologici, costruita sull’angoscia che scaturisce prima del compimento effettivo dell’atto, quando speriamo ancora che tutto possa risolversi, ma avvertiamo – nel nostro profondo – che non ci sarà alcun tipo di riscatto. Gli “animali notturni” di Ford sono strafottenti e sarcastici come i protagonisti del feroce Funny Games di Michael Haneke (1997) e, al contempo, spaventosamente realistici; molto più dei personaggi bizzarri e fasulli che popolano il mondo dei “vernissage” di Susan. Proprio come Edward era stato incapace di salvaguardare l’amore e il futuro con Susan, Tony non riesce a proteggere sua moglie e sua figlia, rimanendo pressoché inerte di fronte al brutale destino riservatogli. In un primo momento risulterà facile allo spettatore scagliarsi contro un soggetto apparentemente così inetto, ma la realtà è che raramente ci eravamo trovati di fronte a un personaggio così umano e autentico. Abituati a implacabili vendicatori, Edward/Tony è semplicemente un uomo: fragile, che ha fatto delle scelte sbagliate ed è dilaniato dai sensi di colpa ma, proprio per questo, meritevole della nostra comprensione.

Susan, sconvolta dalla lettura del romanzo, per la prima volta capisce i sentimenti di Edward. È confusa, si chiede il perché del suo gesto. Si tratta di un tentativo di riavvicinamento? Una dichiarazione d’amore? Un espediente meschino per farla soffrire? Lacerata dai dubbi, riflette sui suoi errori e sulle strade che ha perduto e capisce di aver tradito i suoi ideali giovanili. Aveva ragione, Edward, quando le diceva di avere gli occhi tristi di sua madre: dopotutto, è esattamente in lei che si è trasformata.

Il fruitore, tuttavia, possiede tutti gli strumenti per interpretare il gesto di Edward: dagli indizi disseminati nel film – come il quadro con su scritto «Revenge», che Susan dimentica di avergli fatto comprare – alla vendetta che Tony, nel romanzo, riesce dolorosamente a ottenere con l’aiuto del controverso detective Andes (Michael Shannon). Tramutando in parole su carta il suo dolore e uccidendo la parte di sé ancora legata al passato, l’uomo è finalmente pronto a rinascere, non senza concedersi – però – un’ultima rivincita. È lui, con la sua “debolezza” ed emotività, a uscirne vincente e ad aver coronato il suo sogno di vivere di arte. Susan invece ha perso, su tutti i fronti, e mentre questa consapevolezza le piomba addosso, non può far altro che bere un bicchiere dopo l’altro in un ristorante di lusso, fissando il vuoto con sguardo vitreo.

Animali notturni nasconde un universo di sottotesti difficili da sviscerare completamente. È un thriller dalla tensione palpabile, un noir inquietante, un notevole esempio di narrazione stratificata, una satira pungente del mondo ingannevolmente sfavillante a cui lo stesso Ford appartiene, una critica alla mercificazione dell’arte, una riflessione sul senso di colpa, sulla redenzione e sul bisogno di vendetta. Questo e tanto altro in un film mai scontato e, per questo, meritevole di innumerevoli visioni.

Nadia Pannone

Basta poco a renderla felice: un buon film, un po' di musica anni Ottanta, una libreria, qualche conversazione stimolante, un lago, delle luci al neon, una piazza deserta e assolata, delle foto vintage, una coperta e un buon caffè.