La Lunigiana prende il suo nome da Luni, porto e centro commerciale di età romana, situato alla foce del fiume Magra. La regione si presenta chiusa tra le Alpi Apuane, la catena appenninica, le montagne che formano la testata della valle del fiume Vara e il Mar Tirreno settentrionale. Il suo territorio oggi è in gran parte montuoso e collinare, coperto da ampie distese boschive di castagni e pini alternati a pascoli e valli alluvionali.
Le statue-stele della Lunigiana sono state rinvenute casualmente in epoche diverse al di fuori dei contesti originari. Studiando soprattutto la tipologia degli elementi raffigurati sulle statue-stele, come armi e monili, si è individuato un arco cronologico che va dall’inizio dell’Eneolitico fino alla piena età del Ferro. In Lunigiana sono state ritrovate fino a oggi circa 80 statue-stele, sia nel fondovalle che in zone collinari, ma anche in zone montuose fino a 700 metri di altitudine. Le zone che hanno restituito il maggior numero di monumenti sono le terrazze alluvionali del fiume Magra e dei suoi affluenti, tra i 150 e i 350 metri sul livello del mare, mentre nella zona nordoccidentale costiera non ci sono stati molti ritrovamenti (soltanto le statue-stele del Golfo di La spezia, a una profondità di 12 metri, e la stele di Lerici). Anche la valle del fiume Vara risulta quasi priva di rinvenimenti: l’unico esemplare risulta essere quello di Zignago.

In base alla forma e agli oggetti raffigurati, queste stele sono state classificate in tre gruppi distinti: A, il più antico; B; C, il più recente. Si può notare una graduale evoluzione nella rappresentazione della figura umana, che corrisponde a un sempre maggiore realismo. Su alcune delle statue-stele più tarde appaiono inoltre alcune iscrizioni incise in alfabeto etrusco, che hanno suscitato molto interesse, ma la cui interpretazione è ancora incerta. Il tipo di alfabeto usato – che viene datato al pieno VI sec a.C., comprendente il tipico segno a “croce di S. Andrea” con suono dentale “th” – ricorda quello caratteristico dell’Etruria interna e settentrionale, della Padania e del Veneto.

Il sito di Pontevecchio, nel Comune di Fivizzano (MS), è l’unico in cui i resti furono rinvenuti in situ. I primi ritrovamenti risalgono al 1905, quando – durante i lavori agricoli per dissodare un terreno – vennero rinvenute ben 9 statue-stele infisse verticalmente nel terreno, allineate a poca distanza le une dalle altre con la faccia rivolta verso occidente. Le stele furono estratte dal terreno e presto vendute al Comune di La Spezia, che in seguito le espose presso il Museo Archeologico Castello San Giorgio. Purtroppo, non è stato rilevato il punto esatto di ritrovamento; con il passare degli anni si è persa memoria della loro esatta localizzazione e non è stato più possibile esaminare lo strato archeologico in cui erano inserite e che le circondava.
Pochi anni fa la Soprintendenza ha attivato la procedura dell’archeologia preventiva, in quanto era stata richiesta l’autorizzazione per importanti lavori nell’area dove erano state rinvenute le stele secondo la tradizione orale locale. Una volta liberata l’area dalla vegetazione selvatica, si è rinvenuto alla profondità di circa 70 centimetri dal piano di campagna una lente carboniosa contenuta al tetto di un loess ricco di materiale litico scheggiato, databile all’Epigravettiano finale (14.000-8.000 a. C). Sono stati rinvenuti oltre 200 reperti, tra cui alcuni manufatti ritoccati e non, scarti di produzione, nuclei di varie materie prime e un percussore. Le ricerche sono proseguite con la speranza di raggiungere quel “terreno scuro” in cui, secondo le testimonianze dei primi studiosi, erano infisse le statue-stele; raggiunti i 140 centimetri dal piano di campagna è emerso uno strato di colore grigio scuro, contenente carboni e rari frammenti ceramici databili genericamente all’età del Bronzo, probabile testimonianza dell’ultimo momento di frequentazione dell’area. In questo strato era presente una piccola fossa oblunga, forse una di quelle da cui fu estratta una delle stele dell’originario ritrovamento, ipotesi supportata dagli indizi di manomissione dello strato avvenuta circa un secolo fa, in occasione dell’asportazione delle stele, grazie alla presenza sul fondo di un frammento di filo spinato in ferro.

Le ricerche archeologiche testimoniano che nell’epoca in cui furono eretti questi monumenti, erano molto frequenti contatti e scambi fra la Toscana nord-occidentale – di cui la Lunigiana appare zona di cerniera – e il territorio ligure e padano-settentrionale. Le aree in cui le stele venivano deposte dovevano quindi rivestire un particolare valore come punti di guado, luoghi strategici di sosta o di convergenza viaria, dato che venivano prescelti i crinali, i valichi, gli ambienti più esposti al sole e i corsi d’acqua che dovevano costituire i primi itinerari naturali per gli spostamenti legati all’economia e ai collegamenti con le aree limitrofe.

Alice Massarenti
Nata a Mirandola, in provincia di Modena, classe ’84, si è laureata in Archeologia e storia dell’arte del vicino oriente antico e in Quaternario, Preistoria e Archeologia con una tesi in Evoluzione degli insiemi faunistici del Quaternario. Ha un’ossessione per i fossili e una famiglia che importuna costantemente con i racconti delle sue ricerche sul campo.