L’uso di inserire monete fra gli elementi di corredo si diffonde in Italia settentrionale con la romanizzazione ma trova significative premesse nel periodo precedente con il ricorso all’aes rude. Nella maggior parte dei casi l’offerta è limitata a un singolo esemplare, mentre i gruzzoli monetali compaiono nelle sepolture della Transpadana già dalla fine del II – inizi del I secolo a.C. per divenire più frequenti in epoca basso imperiale, in particolare nel IV secolo.
A Calcinate (BG), località Villa Passa, sono state ritrovate monete in quattro delle tombe indagate. Nelle tombe a incinerazione le monete non presentano tracce di esposizione al rogo e, dunque, facevano parte del corredo secondario disposto presso i resti combusti nel sepolcro, mentre nella sepoltura a inumazione le monete sono deposte accanto al corpo del defunto. Sembrano essere presenti sia adulti sia subadulti e non si esclude la possibilità di sepolture multiple come sembrerebbe attestare la Tomba 1; tutte le tombe inoltre contengono resti combusti di animali, principalmente caprovini. La presenza di ossa animali nelle sepolture è usuale nei contesti antichi.
Nel caso della Tomba 1, le monete sono state collocate in due punti diversi: un esemplare, forse il triente, era presso l’angolo Sud-Ovest, gli altri quattro in quello Nord-Est. Questa scelta – che ricorre anche per altri elementi del corredo, in particolare per le fibule – potrebbe suggerire che con il rito funebre sia stata sottolineata la condizione di alterità del defunto, entrato in un nuovo stato, del tutto separato dal precedente e per il quale, di conseguenza, non valgono le medesime regole vigenti nel mondo dei vivi. Spesso ricorre una stretta relazione fra monete e fibule e, soprattutto, fra monete e resti del defunto dal momento che nella prima sepoltura i quattro esemplari monetali posti nell’angolo Nord-Est e nella seconda tutti i pezzi sono a contatto con le ossa combuste. Sembra, quindi, opportuno chiedersi se in questi casi le monete, grazie al valore amuletico derivante dalla loro forma e dal metallo utilizzato per realizzarle, non costituiscano un elemento di protezione del defunto da spiriti maligni o dei vivi dal ritorno dei morti, pur senza escludere – specie per la datazione in un periodo di non completa romanizzazione – altre possibilità interpretative legate a peculiarità o tradizioni locali.
Nella Tomba 3 il rovesciamento di olpi porta a ritenere che almeno parte del rito funebre abbia sottolineato la nuova condizione del defunto: le monete coperte da una lama in ferro e, quindi, deposte in modo da non poter essere immediatamente visibili e disponibili potrebbero avere avuto analogo significato. La vicinanza di un chiodo suggerisce però, anche in questa sepoltura, la possibilità dell’attribuzione alle monete di un valore amuletico.
I chiodi, infatti, avevano un valore magico-sacrale e potevano, come le monete, fissare il defunto alla sua nuova condizione e, contemporaneamente, fornirgli uno strumento di difesa contro le profanazioni. La datazione di quest’ultimo esemplare (85 d.C.) suggerisce che la buca sia stata riempita non molto dopo la chiusura delle tombe 3 e 4, nonostante sia impossibile precisare il lasso di tempo intercorso fra le diverse azioni. Il ricorso a monete per offerte successive alla sepoltura, forse da collegare alle feste in onore dei defunti, è noto anche se – forse a causa delle difficoltà di identificazione degli esiti dei riti compiuti dopo i funerali – non ha ancora ottenuto la stessa attenzione da parte degli studiosi dell’inserimento nei corredi.
Per quanto riguarda la Tomba 6 è opportuno sottolineare come il gruzzolo monetale fosse sicuramente racchiuso entro un recipiente in legno, di cui sono stati riconosciuti alcuni resti. Posto lungo il femore sinistro, conteneva 12 monete databili – a eccezione di un esemplare – nel terzo quarto del IV secolo d.C. La presenza di gruzzoli monetali in sepolture appare più consistente nel IV secolo e, in alcuni casi, è possibile ipotizzare il ricorso a contenitori. Forse, in questi casi, si potrebbe non escludere che la deposizione delle monete sia stata “incidentale” rispetto a quella di un oggetto, la cassetta, collegata a ricordi e affetti del morto o dei suoi familiari.
Dal momento, però, che la scelta degli oggetti inseriti nelle sepolture non appare mai casuale ma guidata dalla volontà di comunicare qualcosa di ben preciso, il riconoscimento della presenza di un contenitore si presta a molteplici interpretazioni. Se la cassetta è sempre stata destinata a contenere monete, le monete potrebbero essere intese come un complemento della cassetta, che avrebbe costituito di per sé l’offerta, forse come simulacro dell’arredo domestico o simbolo di un ruolo rivestito in vita. Se la cassetta è un oggetto con altra funzione, riutilizzato al momento della sepoltura, allora il dono sarebbe costituito dalle monete.

Alice Massarenti
Nata a Mirandola, in provincia di Modena, classe ’84, si è laureata in Archeologia e storia dell’arte del vicino oriente antico e in Quaternario, Preistoria e Archeologia con una tesi in Evoluzione degli insiemi faunistici del Quaternario. Ha un’ossessione per i fossili e una famiglia che importuna costantemente con i racconti delle sue ricerche sul campo.