ArtePrimo PianoIl mito del rapimento di Proserpina nelle opere di Luca Giordano, Hans von Aachen e Gian Lorenzo Bernini

Lorenzo Del Monte1 Maggio 2019
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Questa è la storia: Plutone, re degli Inferi, per paura che i terremoti causati dal gigante Tifeo – sepolto sotto la Sicilia – potessero «far rivelare i segreti del suo Regno e che la luce irrompendo nel sottosuolo seminasse tra le ombre terrore e caos», uscì «dal regno delle tenebre» e su un cocchio trainato da neri cavalli percorse l’isola per «saggiarne le fondamenta». Venere, appena lo vide, esortò Cupido a prendere l’infallibile arco e a scagliare «frecce folgoranti in petto al dio». Il figlio, «sciolta la faretra per ubbidire alla madre, fra mille scelse una freccia che più acuminata, più stabile e più sensibile all’arco nessun’altra avrebbe potuto essere». Si inginocchiò e puntò al petto di Plutone. Presso le mura di Enna c’era il lago Pergo dalle acque profonde e intorno un bosco nel quale Proserpina raccoglieva viole o candidi gigli, «gareggiando con le compagne a chi ne raccoglieva di più». Quando il fratello di Giove la vide, «se ne invaghi e la rapì: tanto precipitosa fu quella passione». Spaventata la dea invocò la madre Cerere e nel divincolarsi dal suo rapitore, si strappò il lembo della veste; questi sforzi, però, furono vani perché il re degli Inferi «lanciò il cocchio, incitando i cavalli, chiamandoli per nome» e portò la sua preda spaventata e infelice nell’Averno, dove regnerà al fianco del marito.

Dal mito all’arte il passo è breve: la pittura e la scultura nei secoli hanno più volte raccontato questa storia; ricordiamone, allora, alcuni esempi identificativi.

Luca Giordano, Il ratto di Proserpina

Luca Giordano, tra il 1682 e il 1685, realizza con la tecnica dell’affresco la scena mitologica su commissione di Francesco Riccardi. La scena mostra un putto dietro a Plutone mentre il carro aspetta il rapitore e la rapita, nascosto da altre figure primitive coperte di peli. Difatti il mito è accompagnato da altre figure di questo genere e da alcune creature degli Inferi svolazzanti, che sembrano partecipare all’atto violento. I personaggi che rimangono colpiti da questo atto improvviso sono le compagne della Dea, con cui la giovane stava raccogliendo i fiori; in primo piano è raffigurato il cestino caduto con all’interno i fiori recisi, sparsi sul terreno.

Hans von Aachen, Il ratto di Proserpina

Nel 1589, Hans von Aachen realizza a Colonia – influenzato dal manierismo di Bartolomeus Spranger e dopo aver vissuto nel 1574 nelle terre italiche, dove perfeziona i suoi studi – la scena dell’infelice Proserpina, in cui riesce a interpretare l’istantaneità dell’azione violenta del rapimento, amplificata dall’irreale calma del gruppo delle compagne della futura regina degli Inferi, che non si rendono conto (tranne una) di cosa stia accadendo alla loro compagna.

Gian Lorenzo Bernini, Il ratto di Proserpina

Tra il 1621 e il 1622, Gian Lorenzo Bernini realizza – su commissione del Cardinale Sciopione Caffarelli-Borghese – una magnifica opera scultorea che rappresenta il rapimento di Proserpina, per poi regalarla al Cardinale Ludovico Ludovisi, forse per considerazioni di opportunità politica, oppure per una semplice attestazione di «buona volontà» da parte del Borghese. Lo Stato Italiano acquisterà l’opera nel 1908, per ricollocarla all’interno della Galleria Borghese.

Lo scultore barocco coglie l’azione al culmine del suo svolgimento e offre all’osservatore il massimo del pathos; le emozioni dei personaggi sono perfettamente rappresentate e leggibili attraverso la gestualità e l’espressività dei volti. Il potente dio dell’Oltretomba sta guardando la fanciulla avidamente, con una bramosia suggerita dalle linee d’ombra e dalle puntine bianche presenti nei suoi occhi, profondamente scavati dall’artista; la visione della fanciulla, tuttavia, gli è impedita perché ella sta premendo con la mano sopra il suo sopracciglio sinistro. Proserpina, invece, è colta nell’attimo in cui sta gridando un’invocazione disperata alla madre Cerere e alle campagne. I suoi occhi, tumidi di commoventi lacrime di marmo per la perdita dei fiori, rivelano un vero e proprio caleidoscopio di emozioni: si legge la vergogna per la sua nudità profanata dalla stringente presa e dalla violenza del rapitore, ma anche il terrore per l’oscurità degli Inferi. Seppure il gruppo abbia un punto di vista privilegiato (quello frontale), lo spettatore può girare intorno alla statua per continuare la narrazione: guardando Plutone da sinistra si scopre che il dio sta iniziando appena a correre, mentre guardando Proserpina dalla diagonale del suo plinto si vede come i suoi occhi da quella posizione sembrino guardare esclusivamente lo spettatore.

Lorenzo Del Monte

Vive a Carrara. Si è laureato all'Università di Pisa in Scienze dei Beni Culturali e ha conseguito il titolo magistrale all’Università di Roma Tor Vergata in Storia dell'Arte.