Quando si parla di “Botteghe Oscure” viene da pensare inevitabilmente ad Aldo Moro: il suo corpo venne ritrovato, dopo cinquantacinque giorni di prigionia, il 9 maggio 1978 nella Renault 4 depositata in una traversa della romana via delle Botteghe Oscure. Questa storica strada deve il suo nome alle numerose attività commerciali e artigiane che in epoca medievale si trovavano tra le rovine e gli archi “oscuri” – semisepolti – del Teatro Balbo. Su questa stessa via è collocato l’ingresso di Palazzo Caetani, sede della Fondazione Camillo Caetani dal 1963. Il Palazzo, dal 1948 al 1960, è stato il domicilio della redazione della rivista letteraria Botteghe Oscure, fondata e diretta da Marguerite Chapin Caetani. «Gli scrittori d’oggi hanno doveri di forte gratitudine verso Marguerite Caetani» – dirà di lei Giuseppe Ungaretti – «venuta tra noi dagli Stati Uniti a recare l’entusiasmo della sua giovane Patria, e tuttora so che alla causa delle lettere sarà difficile dedicare un fervore d’intelligenza e di cuore che uguagli il suo». La missione di Marguerite era quella di diffondere il meglio della letteratura: non fu semplicemente un mecenate, ma compì importanti scelte culturali; alla sua lungimiranza e al suo acume si devono pubblicazioni di autori che in quegli anni erano sconosciuti e che, anche grazie a lei, diventarono i massimi rappresentanti della letteratura italiana ed europea.
La prima rivista da lei fondata fu Commerce, pubblicata in Francia dal 1924 al 1932; fu sicuramente il modello culturale di riferimento su cui venne improntata Botteghe Oscure: lo stesso nome rimanda al “commercio di idee” inteso come scambio, come arricchimento. Quando – nel 1932 – Marguerite e suo marito Roffredo lasciarono la residenza a Versailles (presso Villa Romaine), il progetto Commerce cessò di esistere e con esso la fittissima rete culturale intrecciata da Marguerite e dai suoi agenti letterari – sparsi nei vari Paesi europei – che le segnalavano le migliori opere da pubblicare. Trasferitisi in Italia (a Ninfa, nell’abbraccio delle mura dell’antica città medievale), i Caetani spalancarono le porte della nuova e suggestiva dimora (come accadeva in Francia, a Villa Romaine, negli anni Venti) a vecchi e nuovi amici: intellettuali, scrittori, pittori e musicisti. Temporaneamente sospesi, alla fine del conflitto mondiale ripresero con assiduità gli incontri e le riunioni ai quali partecipavano anche giovanissimi ed entusiasti artisti, animati da febbrile creatività. È in questo clima di poetico fervore che prende vita la nuova rivista, il cui primo numero esce a Roma nel 1948. Come è possibile leggere nel Quaderno IV, lo scopo di Botteghe Oscure è quello di «creare un punto d’incontro e di raccolta per ciò che di maggiormente significativo si venga via via producendo dalle varie letterature; offrire larga ospitalità (nell’intento di far conoscere ciò che nessuno o pochi conoscono) agli scrittori giovani; non accettare alcuno scritto, salvo rarissime eccezioni, che non sia assolutamente inedito».
L’intenzione è quella di accogliere i giovani artisti, le persone non famose, oscure appunto. La qualità delle opere pubblicate e l’eccellente varietà dei pezzi selezionati si devono al gusto e alla coscienza critica di Giorgio Bassani, curatore unico della rivista, dotato di un fiuto letterario straordinario. Quando gli viene affidata la redazione di Botteghe Oscure, Bassani ha 32 anni e di lì a poco pubblicherà le Cinque storie ferraresi con cui vincerà il Premio Strega nel 1956. Per comprendere cosa rappresentò per Bassani l’incontro e l’amicizia con Marguerite, riportiamo le parole dello scrittore:
Marguerite Caetani era quel che si dice un mecenate. […] Da un punto di vista mio personale non c’è dubbio, e mi piace ricordarlo a distanza di poche settimane dalla sua scomparsa, che io ho imparato molto, da lei. Ho avuto occasione di conoscerla in anni difficili per tutti, e anche per me. Ero, a quel tempo, nel 1947, ancora in gran parte immerso in problemi miei, esclusivamente miei, come accade a qualsiasi giovane portato a vivere di una realtà prevalentemente interiore e in un certo modo ossessiva. Ciò avveniva per me anche sul piano letterario. […] Marguerite Caetani mi insegnò, non già a prendermi meno sul serio, ma a vedere le cose della mia vita in una prospettiva più reale. Era una donna di grande e severa generosità, e di grande carattere, ma possedeva anche il dono della distrazione interiore. Aveva innato il senso delle proporzioni, e, come le persone che per istinto o per uso di mondo sono abituate a guardare da punti di vista superiori, quelli della relatività. Innamoratissima della letteratura, molto sensibile ai valori dell’arte, Marguerite Caetani ignorava il fanatismo. La sua impetuosa natura americana si era sposata in maniera incantevole con quanto di più raffinato e gentile appartiene all’Europa dei primi decenni del secolo.
I caratteri distintivi che isolavano Botteghe Oscure dalle altre riviste erano essenzialmente due: l’esistenza di un unico curatore e il taglio antologico. La scelta di non pubblicare saggi, articoli o recensioni, ma unicamente prose e poesie dando così voce esclusivamente agli scrittori, donò alla rivista una peculiarità davvero singolare, estranea al concetto stesso di rivista letteraria del secondo dopoguerra. Non si può però considerare Botteghe Oscure come una semplice antologia perché la sua critica indiretta era applicata nella selezione delle opere pubblicate (e, forse per questo, ancora più evidente) e orientata oggettivamente in certe direzioni piuttosto che in altre: molti scrittori che collaborarono con la rivista pubblicarono, in seguito, libri destinati al successo (Giuseppe Tomasi Lampedusa vi pubblicò in esclusiva il primo capitolo de Il Gattopardo, che nel 1959 gli valse il Premio Strega); le scelte di Marguerite e Bassani, insomma, orientarono il gusto letterario italiano verso nuovi orizzonti. Sfogliando il primo Quaderno della rivista, il lettore si ritrovava di fronte L’anguilla di Eugenio Montale, le poesie di Sandro Penna, le splendide pagine de Il mondo è una prigione di Guglielmo Petroni, Azorin e Mirò di Manlio Cancogni, le poesie di Attilio Bertolucci. Botteghe Oscure deve aver senz’altro suscitato fin da subito un certo scalpore: le 227 pagine del primo Quaderno non furono accompagnate da alcuna nota esplicativa; la rivista ben si illustrava da sola: a parlare per essa erano i testi. Bassani stesso affermò successivamente: «Ancora a dover scegliere tra la via di Svevo e quella di Tomasi di Lampedusa, tra quella di Cassola e quella di Gadda o della Banti, tra quella di Moravia e quella di Soldati? Quando invece si sa che tutte le strade vanno bene, o male: e che l’unica cosa necessaria a un romanzo perché funzioni – l’unica che l’acqua del suo linguaggio deve lasciar trasparire – è la ragione per la quale esso è stato scritto, la sua necessità».
La rivista, a ben vedere, era l’unica a non trattare dello scrivere sullo scrivere, bensì dello scrivere stesso. Vantava di collaborazioni e inediti favolosi: prose e poesie di Elsa Morante, la tragedia Beatrice Cenci di Alberto Moravia, il romanzo Valentino di Natalia Ginzburg, Cancroregina di Tommaso Landolfi, i racconti di Antonio Delfini, prose e poesie di Mario Soldati, Le ragazze di Sanfrediano di Vasco Pratolini, i racconti di Carlo Betocchi, L’egoista di Emilio Gadda, i contributi e i racconti dello stesso curatore Giorgio Bassani; e per la sezione poetica: Franco Fortini, Libero de Libero, Alfonso Gatto, Rocco Scotellaro, Giorgio Caproni, Carlo Levi, Mario Luzi, Umberto Saba, Margherita Guidacci, Toti Scialoja, Vittorio Sermonti. Negli ultimi anni di pubblicazione, la rivista veniva distribuita in tredici Paesi – esclusa l’Italia – e precisamente in Francia, Stati Uniti, Gran Bretagna, Svizzera, Austria, Germania, Olanda, America del Sud, Belgio, Grecia, Portogallo, Turchia. I prosatori e i poeti stranieri che spesso contribuivano alla rivista erano artisti come Paul Valéry, Albert Camus, James Spencer, E. E. Cummings, Dylan Thomas, Paul Celan, Truman Capote, Bertolt Brecht, solo per citarne alcuni.

Su una cosa Marguerite era categorica: l’ampiezza. Inutilmente amici e collaboratori le avevano fatto notare quell’eccessiva voluminosità (per alcuni Quaderni si parla addirittura di 500 pagine) che stava letteralmente prosciugando le sue risorse; lo stesso Truman Capote le scriveva, riportando le parole di un editore americano, che «quella non era una rivista, ma un libro» e biasimava l’eccessiva fatica – finanziaria e fisica – che costava alla fondatrice. Marguerite ascoltava, non rispondeva, vendeva qualcosa dalle sue collezioni, spediva gli assegni e andava avanti per la sua strada. Così Botteghe Oscure aveva intrapreso il dodicesimo anno di pubblicazione, con due uscite annuali (una in primavera e l’altra in autunno), per un totale di venticinque Quaderni; ma l’avventura era destinata a concludersi. Le motivazioni sulla fine delle pubblicazioni vengono spiegate nel Congedo con il quale Bassani volle salutare i lettori e tirare le somme di quell’esperienza durata quasi tredici anni, sottolineando il fatto che la rivista non era stata solo «una semplice antologia periodica di buoni racconti e di buone poesie», ma che le scelte operate avevano contribuito a «esercitare un’influenza critica notevolmente incisiva sul corso della letteratura italiana del dopoguerra e sull’orientamento del gusto del nostro Paese».
Oggi più che mai, alla luce della mancata fortuna – e memoria – critica della rivista romana, la sua fondatrice Marguerite Chapin Caetani merita il riconoscimento che non ha mai chiesto e che dovrebbe ottenere. Troppo poco si conosce di lei, troppo poco se n’è scritto, eppure la grandezza della sua anima è intuibile non solo dal mirabile progetto delle riviste, ma soprattutto dalle lettere che amici e collaboratori nel corso degli anni le hanno mandato come testimonianza di affetto e stima. «Pensare a lei mi dà un piacere squisito. Lei si circonda di poeti e di artisti, eppure l’aria intorno a lei rimane pure e cristallina, senza ombra di snobismo. Sa parlare ai cani come si deve parlare ai cani, alle piante nel linguaggio fatto per loro, ai poeti come si deve parlare ai poeti, e resta sé stessa, con grazia infallibile. È ammirevole», scrive in una lettera Hugo von Hofmannsthal.
Nel 2018 il Giardino di Ninfa è diventato uno de I Parchi Letterari Italiani; è intitolato a Marguerite Chapin Caetani (omaggio legittimo quanto unico: il Parco Letterario porta il nome di un promotore culturale e non di uno scrittore).

Giorgia Pellorca
Vive nell'agro pontino e quando può si rifugia in collina, a Cori, tra scorci mozzafiato, buon vino e resti storici. Ha studiato Lettere moderne per poi specializzarsi in Filologia. Curiosità ed empatia si fondono nell'esercizio dell'insegnamento. Organizza eventi quali reading e presentazioni di libri.