L’Anfiteatro Morenico d’Ivrea, solcato dalla Dora Baltea, si è formato nel corso del Pleistocene da nove eventi di avanzata dei ghiacciai provenienti dalla Val d’Aosta. Durante l’ultimo pleniglaciale, i ghiacci ricoprirono solamente il sistema di colline rocciose nella parte settentrionale dell’Anfiteatro Morenico, creando una serie di cinque laghi ancora attivi e di due intorbati. Il lago Pistono, nel territorio comunale di Montalto Dora, raggiunge una profondità di 16 metri, ma oggi è più alto di 3 metri per effetto di una diga costruita nel XX secolo nei pressi dell’unico emissario, verso il paese di Montalto Dora (che si trova nella piana della Dora Baltea, a una quota più bassa di circa 30 metri). Nei periodici abbassamenti del livello artificiale del lago per manutenzione della diga, emerge una piccola penisola da cui sono affiorate asce in pietra levigata, industria litica scheggiata, ceramica e pesi in pietra, oggetto di raccolta non sistematica fin dagli anni Settanta del secolo scorso. Le colline circostanti il lago Pistono e gli altri vicini bacini inframorenici sono stati frequentati almeno tra la metà del II e la metà del I millennio a.C., come mostrano i ritrovamenti di manufatti metallici, ma non esistevano tracce di occupazioni più antiche prima degli scavi compiuti a Montalto Dora nel 2003.

Sono stati effettuati tre sondaggi durante l’ultima campagna di scavo, che hanno portato alla luce la struttura 1 (formata da due file di cinque buche di palo, lunga 8 metri e larga 2 metri, con spazi tra una buca e l’altra di circa 2 metri) e la struttura 2 (composta da due file parallele di sei buche di palo quadrangolari o circolari, lunga 11 metri e larga 2 metri). Le due strutture distano circa 16 metri l’una dall’altra e sono orientate perpendicolarmente tra loro. I reperti archeologici, a parte una punta di freccia rinvenuta all’interno di una buca, non provengono da spazi interni, ma da un deposito sabbioso esterno. Mancando altri dati utili a dedurre la funzione delle strutture, si è potuto stabilire che siano state costruite su una superficie asciutta, diversa da quelle finora note nel Neolitico del Piemonte, della Val Padana e dell’area alpina occidentale. L’associazione faunistica è costituita 13 resti ossei frammentati, per la maggior parte appartenenti al cervo (è inoltre presente il cinghiale). L’insediamento è stato interpretato come un’occupazione stabile in cui si svolgevano varie attività legate alla sussistenza, quali l’attività venatoria, vista la prevalenza di resti di animali selvatici.

L’industria levigata dell’insediamento di Montalto Dora si presenta come un insieme coerente e omogeneo, inquadrabile all’interno di una fase avanzata del Neolitico Medio. Sono stati rinvenuti abbozzi preformati tramite scheggiatura, asce in giadeitite e onfacitite, frammenti di asce rottesi durante l’uso (che presentavano alterazioni da fumigazione prodottesi per contatto diretto con una fonte di calore), scalpelli in pietra verde e basalto con tracce d’uso, percussori ottenuti da ciottoli e con evidenti tracce d’usura, politoi, frammenti rilavorati di grandi lame, pani di materia prima grezza e ciottoli. Gli strumenti, di media e piccola dimensione, non hanno una grandissima cura nella lavorazione; anche la levigatura delle superfici sembra piuttosto sommaria, diversamente dalla produzione dei siti del Piemonte occidentale, in cui si nota una maggiore cura nella lavorazione dei manufatti.

L’insieme litico consiste in 46 reperti in quarzo di provenienza locale, in quarzo ialino e in selce di provenienza alloctona (probabilmente transalpina), che ci rivelano interessanti indizi sull’economia e la tecnologia: per la produzione dello strumentario litico erano preferite materie prime locali (quarzo di vena e ialino), disponibili nelle immediate vicinanze del sito e sfruttate in maniera più speditiva e meno intensa rispetto a materie prime di migliore qualità. Si denota quindi un assetto economico di tipo statico e non volto allo scambio, con gruppi più lontani geograficamente.

L’analisi della ceramica evidenzia una certa monotonia delle forme e degli impasti. Si registra la presenza predominante dell’impasto grossolano e medio grossolano, mal miscelato con abbondante calcite e grossi inclusi micacei. Le pareti sono regolarizzate e lisciate con evidenti striature sulle superfici interne; compaiono forme a bocca rotonda e a bocca quadrata, per la maggior parte scodelle e vasi profondi, ornati da impressioni orizzontali sotto l’orlo, tacche o unghiate. Senza datazioni assolute, gli elementi peculiari del sito – come l’assenza degli elementi plastici in prossimità dell’orlo (presenti invece all’Isolino) e la scarsità di esemplari di basse scodelle troncoconiche e arrotondate – permettono di circoscriverne la frequentazione agli inizi della seconda metà del V millennio a.C.

Alice Massarenti
Nata a Mirandola, in provincia di Modena, classe ’84, si è laureata in Archeologia e storia dell’arte del vicino oriente antico e in Quaternario, Preistoria e Archeologia con una tesi in Evoluzione degli insiemi faunistici del Quaternario. Ha un’ossessione per i fossili e una famiglia che importuna costantemente con i racconti delle sue ricerche sul campo.