CinemaPrimo PianoLa vita è una cosa meravigliosa: favola e realtà negli ultimi film dei Vanzina

Alessandro Amato22 Ottobre 2019
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Caccia al tesoro (2017) è stato l’ultimo di 60 film (se si contano solo le uscite in sala) girati da Carlo Vanzina prima di lasciarci, nel luglio del 2018. Il fratello Enrico, co-sceneggiatore e compagno di molte avventure non solo cinematografiche, ha quindi proseguito da solo nel portare alta la bandiera del loro nome. Questa pellicola è l’ultima di una serie di commedie realizzate dal 2010 a oggi; il suo finale, riguardato oggi, ha qualcosa di testamentario. Certo, non volontariamente. Ma è indubbio che i due fratelli abbiamo colto l’occasione per fare un po’ il punto della loro poetica attraverso un discorso sul teatro napoletano come luogo di ritrovata verità. Quel finale in cui Vincenzo Salemme (ormai loro feticcio), dopo aver rubato il tesoro di San Gennaro a Torino, porta in scena un monologo per giustificarsi del gesto col fatto che il nipote aveva necessità di cure mediche negli Stati Uniti, sembra raccogliere tutto l’immaginario dei migliori Vanzina, in un tripudio di sentimenti che fanno quasi corto circuito con la comicità ottimistica delle storie che lo hanno nutrito in quarant’anni. La disonestà come espressione umana, la famiglia come entità a volte disfunzionale ma imprescindibile, l’America come luogo di miracoli e sogni.

Sogni non dissimili da quelli di Dada/Sidy Diop in La vita è una cosa meravigliosa (2010), che apre appunto quest’ultimo periodo. Servitore senegalese degli altoborghesi romani Gigi Proietti e Nancy Brilli, l’uomo manda frequentemente ai parenti in Africa video in cui finge di essere ricco. E se, a un primo sguardo, questa scelta può sembrare semplicistica, tocca in realtà il nervo scoperto di una contemporaneità in cui siamo tutti ossessionati dall’apparire e dall’autonarrazione attraverso i social network. Perciò, anche quando lo spunto è evidentemente farsesco, Carlo ed Enrico ritrovano il filo della matassa e tornano coi piedi per terra, mettendoci davanti alla mostruosità del quotidiano. È così anche nei più o meno riusciti Buona giornata (2012), Sapore di te (2014) e Non si ruba a casa dei ladri (2016), nei quali la lettura delle malformazioni morali dell’italiano medio si agganciano all’attualità della politica corrotta, della ruberia imprenditoriale e dell’evasione fiscale. In questo modo, le ultime prove dei fratelli risollevano il decennio precedente, decisamente sottotono perché dominato da eccessiva autocitazione, ripetizioni di modelli storici, ritorni di sketch e volti. I sette anni recenti hanno mostrano invece la volontà di cercare strade nuove, di provarsi in formule non del tutto approfondite altrove, pur mantenendo l’ormai collaudata tecnica di proporre battute e situazioni rimaste nel cassetto oppure adocchiate in altri film e ripetute con arguzia e pregnanza.

Ad esempio, con Vacanze di Natale a Cortina (2011), scritto per Neri Parenti, Carlo ed Enrico ci regalano la summa del cinepanettone, da loro stessi inventato per la Filmauro di Aurelio De Laurentiis e che avevano peraltro abbandonato a inizio millennio. In tutt’altra direzione – quella di Vacanze in America (1983) e Sognando la California (1992) – va invece Mai stati uniti (2013), che ha il pregio di far convivere attori con caratteristiche molto diverse tra loro quali Vincenzo Salemme, Ricky Memphis, Ambra Angiolini, Anna Foglietta e Giovanni Vernia. Su altri lidi, ovvero Ti presento un amico (2010) e Torno indietro e cambio vita (2015), sono poi riusciti a valorizzare Raoul Bova in ruoli brillanti, dopo averlo lanciato ai tempi di Piccolo grande amore (1993). E potremmo andare avanti a lungo, forse senza mai orientarci veramente.

Questo perché i Vanzina hanno prodotto molto, sulla scia di una tradizione che porta fino al padre Steno, pur non sempre con i medesimi risultati. Ma è comunque vero che quando si lavora dentro un’industria autofagocitante come quella della commedia di costume, sembrerebbe impossibile fare solo ottimi prodotti. Quelli di Carlo ed Enrico sono buoni, a volte molto buoni, e quantomeno riconoscibili. Cosa che non si può dire della maggior parte degli altri autori leggeri del nostro cinema contemporaneo. In particolare, ci sentiamo di consigliare la visione di Un matrimonio da favola (2014), arricchito da un cast di amici vecchi e nuovi e considerato dai fratelli una vera e propria summa vanziniana. Cinque ex compagni di scuola e di calcetto, oggi separati dalle rispettive vite, si ritrovano alle nozze del più sfigato con la figlia di un ricco bancario svizzero. Sarà l’occasione per riconoscersi e finalmente diventare adulti. Risate e sentimenti. Favola e realtà. Grazie di tutto.

Alessandro Amato

Nato a Milano, conclude gli studi a Torino, dove continua a lavorare nell'ambito critico e festivaliero. Collabora con "A.I.A.C.E." e il magazine "Sentieri Selvaggi". Dirige rassegne di cortometraggi e cura eventi per la valorizzazione del cinema italiano. Quando capita è anche autore di sceneggiature per la casa di produzione indipendente "Ordinary Frames", di cui è co-fondatore.