Lo scorso 5 maggio è andato in scena al Teatro Quirino di Roma l’ultima replica dello spettacolo Otello, coreografia di Fabrizio Monteverde per la compagnia del Balletto di Roma. Monteverde ha riallestito per la compagnia romana l’Otello su musiche di Antonin Dvořák; la produzione molto fortunata debutta nei primi anni Duemila con il Balletto di Roma ma la primissima produzione dell’Otello di Monteverde risale al 1994 per il Balletto di Toscana.

L’Otello è una tragedia che colpisce e trascina impetuosamente l’animo dello spettatore attraverso sentimenti che sono pennellate vivide e pulsanti; qui non c’è spazio per sfumature delicate. Il dramma di William Shakespeare (composto intorno al 1604) viene rielaborato attraverso la danza contemporanea dando risalto soprattutto agli snodi psicologici della vicenda. L’ambientazione inusuale del balletto, in un porto in penombra illuminato da soli fasci di luce, ben si addice all’atmosfera sensuale della coreografia.
Le scene sono focalizzate sui momenti salienti della tragedia: l’acclamazione trionfante di Otello, l’amore del principe moro e della bella Desdemona, le sordide trame di Iago, il ritrovamento del fazzoletto (prova del tradimento), e infine la tragica morte della presunta adultera per mano del protagonista. I personaggi principali, Otello e Desdemona, sono gli unici riconoscibili fin dall’inizio, una bellissima coppia di danzatori prestanti (Vincenzo Carpino e Roberta De Simone), mentre per Iago e Cassio (rispettivamente Paolo Barbonaglia e Riccardo Ciarpella) non c’è un’immediata identificazione dei ruoli. L’indeterminatezza, che caratterizza anche l’ambientazione, rende tutti i danzatori partecipi dello stesso destino dei protagonisti. Questa comunanza nella sorte è poi amplificata dalla costruzione coreografica che fa uso del canone e della ripetizione corale dei passi dalla coppia principale nelle coppie del corpo di ballo, situate spesso in controcampo. La gestualità delle mani nella coreografia è enfatizzata ma non didascalica, è una gestualità concettuale esprimente le passioni forti che animano i personaggi.

La costruzione drammaturgica corre sul filo di un equilibrio precario; tutto lo spettacolo tiene alto il livello adrenalinico e passionale. All’inizio del dramma il nudo del protagonista, «figura immensa e fatale» come scriveva Victor Hugo, enfatizza la passione erotica della coppia principale. Troviamo una Desdemona sensuale e voluttuosa, lontana dall’ingenua fanciulla del dramma inglese; come il nudo maschile all’inizio anche il nudo femminile finale è carico di significati profondi.
La scena finale è densa di tensione: Otello, accecato dalla gelosia, non ha più fiducia in Desdemona e di fatto la spoglia, idealmente e letteralmente, del suo amore. Assistiamo alla morte di Desdemona seguendo la lotta interiore di Otello tra gelosia e amore, rabbia e disperazione; in chiusura il protagonista ripropone da solo i passi che poco prima ha eseguito nel “pas des deux” finale con l’amata, ulteriore richiamo al duetto amoroso iniziale.

La produzione dell’Otello è davvero longeva e questo dimostra come Monteverde abbia saputo riproporre con il linguaggio della danza contemporanea i significati essenziali del dramma shakespeariano. La compagnia del Balletto di Roma ripropone con successo questo balletto a serata unica a conferma del lavoro coreografico di Fabrizio Monteverde che ha una formazione inizialmente di attore e regista e poi di danzatore contemporaneo. È stato allievo del Centro professionale di Danza Contemporanea a Roma, successivamente danzatore nella prima compagnia professionale italiana: il Teatrodanza Contemporanea di Roma, guidato da Elsa Piperno e Joseph Fontana. Monteverde è perciò uno dei rappresentanti della generazione di danzatori italiani che si formano, tra la fine degli anni ’70 e la metà degli anni ’80, nelle prime strutture dedicate alla danza contemporanea della penisola.
Nell’Otello Monteverde rappresenta le ingovernabili passioni che agitano l’uomo, trascinandolo in luoghi proibiti: l’amore passionale e il delitto, ancora adesso fonte di attrazione. Non è un caso che la tragedia del Bardo inglese sia riscoperta alle soglie del periodo romantico, quando poeti e artisti all’ammirazione esclusiva per la perfetta armonia delle forme classiche sostituiscono uno slancio dinamico, un sentimento di trascendenza, verso un differente concetto di bellezza della natura: forza brutale, violenta e distruttiva.

Alessandra Battaglia
Performer e danzatrice, coltiva l'arte coreutica fin da piccola, perfezionando la danza contemporanea, il teatrodanza e la ricostruzione coreografica di danze antiche, medievali e rinascimentali. A coronamento di questa passione consegue due lauree, una in Storia della Musica, una in Storia della Danza.