Il X secolo si configura come un periodo di cambiamenti e di notevole crisi in Europa. È un momento di invasioni, i Normanni arrivano in Francia, gli Ungari si apprestano a espandersi nell’Europa centrale e i Saraceni conquistano il meridione. L’instabilità politica e le lotte intestine sono la conseguenza della spartizione dell’Impero carolingio nella metà del IX secolo.
In questo contesto frammentato, la dinastia degli Ottoni – a partire da Ottone I, già re di Germania – riesce a imporsi, replicando lo stesso percorso realizzato un secolo prima da Carlo Magno. Nel 962 Ottone I è incoronato a Roma dal Papa come imperatore del Sacro Romano Impero. La sua volontà principale è quella di rifondare un vasto impero e riconquistare i territori perduti in seguito alla divisione del vecchio impero carolingio. L’impero ottoniano non raggiungerà la stessa estensione del suo predecessore ma, come quest’ultimo, sarà soggetto a una grande fioritura nel campo artistico, architettonico e delle arti suntuarie. Possiamo parlare quindi di “Rinascenza ottoniana”. Un primo, importante, elemento di questo tipo di produzione ci è fornito dalla Chiesa abbaziale della Trinità ad Essen, in Germania.

La sua costruzione risale al IX secolo, ma sotto l’influenza ottoniana notiamo che non sono stati abbandonati elementi tipici della produzione di matrice carolingia. Già in questo senso possiamo notare il “westwerk” (o avancorpo).

Si tratta di una struttura architettonica aggettante, che normalmente contiene il portale d’entrata. Essa è inoltre affiancata da due torri laterali più alte che definiscono in modo chiaro l’architettura religiosa carolingia.

Questo stesso complesso è ben visibile anche ad Essen. Nella Chiesa abbaziale ivi situata, un altro elemento rimanda da vicino al linguaggio carolingio: il corpo occidentale dall’interno riproduce in modo estremamente fedele la disposizione della Cappella Palatina di Aquisgrana.

Non solo la pianta ottagonale è fedele all’originale, ma lo sono anche la bicromia dei materiali e l’alzato su due grandi livelli definiti da archi a tutto sesto. Vediamo inoltre, nel secondo registro, la presenza delle stesse colonnette che sostengono una serie di archi a tutto sesto, utili a definire lo spazio di queste tre esedre. Sempre dalla tradizione carolingia, in linea più generale, l’architettura ottoniana mantiene anche l’impianto basilicale e i due cori contrapposti.

Da un punto di vista architettonico, notiamo che la produzione ottoniana risulta essere meno creativa di quella carolingia. Questo concetto è un importante indice che spiega, appunto, l’idea stessa di “Rinascenza ottoniana”. Dobbiamo ricordare che l’obiettivo fondamentale era quello di rifondare un grande impero sulle tracce di quello carolingio. Di conseguenza, se da un lato i carolingi ricercavano nell’antico impero romano una fonte per la fondazione di una linea imperiale, dall’altro la dinastia degli ottoni guardava all’impero carolingio per trovare una continuità imperiale.
Continuando, possiamo ora notare un esempio di produzione suntuaria tramite la Croce di Lotario, che dimostra pienamente la maestria nell’arte orafa tipica dell’arte ottoniana. La base di legno è rivestita con lamine d’oro e d’argento e, tra una moltitudine di pietre e gemme incastonate, troviamo un cammeo raffigurante l’imperatore Augusto.

Nel dettaglio, è importante notare che il corpo della croce è lavorato a filigrana, attraverso un motivo ondulato. Sul retro, invece, vediamo il Crocifisso inciso; esso è reso con sottigliezza ed eleganza senza, però, abbandonare una nota patetica. La forte drammaticità diventerà un tratto peculiare dell’arte in area tedesca.

Infine, il Maestro del “Registrum Gregorii” ci fornisce una preziosa testimonianza nel campo dei codici miniati ottoniani con il magnifico L’imperatore Ottone II in trono circondato dalle province dell’impero.

Ottone II è rappresentato in modo totalmente frontale. Le vesti ricche e colorate, unite alla corona e al trono, lo identificano in quanto imperatore. Nella mano sinistra tiene il globo con la croce, mentre con la destra sostiene lo scettro. Affianco a lui, da entrambi i lati, delle figure femminili che recano omaggi sono poste a rappresentare le province dell’impero che, appunto, portano doni all’imperatore. Per simboleggiare maggiormente questa differenza di rango, l’autore ha optato per una convenzione molto comune all’epoca, ovvero quella di rappresentare il personaggio più importante con dimensioni maggiori in confronto agli altri. Ipoteticamente, il trono potrebbe trovarsi al di sotto del ciborio, ma è del tutto evidente quanto sia problematico lo studio della profondità spaziale.
A differenza dell’approccio naturalistico, che i carolingi avevano desunto dall’arte romana, qui il linguaggio cambia in favore di una fissità molto più vicina alla tipologia bizantina. Da questo punto di vista, l’arte ottoniana presenta un notevole punto di distacco nei confronti dell’arte carolingia, poiché introduce elementi di innovazione e abbraccia anche un’altra eredità imperiale: quella orientale.

Ana Maria Sanfilippo
Classe ’96, risiede in Friuli-Venezia Giulia. Laureata presso l’Università degli Studi di Udine in Conservazione dei Beni Culturali, Studi italo-francesi, si sta specializzando in Arts, Museology and Curatorship a Bologna, dove sta frequentando l’ultimo anno della magistrale. Ha partecipato all’organizzazione della mostra digitale “Trasmissione”, di cui ha co-curato anche il catalogo. Ama la letteratura, l’arte e lo studio delle lingue straniere.