ArtePrimo PianoLa produzione di ornamenti in steatite nel Neolitico dell’Emilia-Romagna

Alice Massarenti15 Gennaio 2021
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Sono ormai numerosi i siti emiliani che hanno restituito ornamenti personali ricavati dalla steatite di colore grigio scuro o nero. La produzione di “parures” è infatti un fenomeno rilevante che distingue le comunità dei Vasi a Bocca Quadrata (VBQ) nel Neolitico medio, databili tra il 5000/4900 e il 4300 BC circa. La steatite è una roccia di origine metamorfica costituita principalmente da talco, che le conferisce un alto grado di lavorabilità, magnesite e varie impurità. La polvere ha colore bianco e, come la superficie, lascia una sensazione di untuosità. Il suo largo impiego è dovuto alla sua resistenza all’escursione termica, all’alta temperatura di fusione, all’alta capacità lubrificante e alla bassa conducibilità termica. Nell’Emilia occidentale la tonalità dominante è il verde con minori quantità di colore grigio chiaro, rosso, marrone e nero; inoltre è possibile che nello stesso affioramento siano presenti più tonalità. La steatite dei giacimenti emiliani si è formata per metamorfismo su masse rocciose derivanti dallo smantellamento della crosta oceanica dell’Oceano Tetide, avvenuto tra 140 e 170 milioni di anni fa, durante i movimenti di formazione dell’Appennino. Non sono stati individuati depositi secondari fuori dal contesto di formazione primaria della steatite, come ad esempio rinvenimenti in greti fluviali lontani dal luogo di origine, in quanto il basso grado di durezza del materiale non ne permette la conservazione.

Contrasto cromatico nei vaghi (foto di R. Micheli, in Micheli, 2012), Museo Archeologico Nazionale di Parma

In Italia la steatite viene utilizzata dal Neolitico in maniera occasionale per bracciali e vaghi – a eccezione della cultura VBQ – tra le province di Piacenza, Parma, Reggio Emilia e Mantova, che ne fa largo uso: tra gli oggetti maggiormente rappresentati ci sono vaghi e pendagli, distinguibili sulla base della forma, delle dimensioni e del tipo di sospensione che presentano. Con il primo termine si indicano quegli oggetti che presentano un profilo arrotondato e un foro centrale corrispondente con l’asse di rotazione del manufatto. I pendagli includono tutti quegli oggetti di foggia varia, che si estendono di solito nel senso della lunghezza e che recano una sola perforazione per la sospensione non centrata sul corpo e posta a uno degli apici.

Pendenti biconici (foto di R. Micheli, in Micheli, 2012), Museo Archeologico Nazionale di Parma

Una parte dei ritrovamenti proviene dalle numerose sepolture neolitiche, l’incidenza degli ornamenti è in generale bassa e pari a circa il 10% del totale del corredo e fra questi un terzo è costituito da manufatti in steatite. Questi oggetti compaiono spesso in sepolture femminili di adulti (con corredo) o di bambini e più raramente in tombe maschili. L’associazione costante nelle sepolture di adulti con elementi di corredo sembra denotare una certa importanza degli ornamenti nella rappresentazione dei defunti. Una particolarità è poi rappresentata da una sepoltura recentemente rinvenuta nel Mantovano, in cui vi erano diversi pendagli biconici distribuiti attorno al cranio del defunto, costituenti gli elementi di un ornamento della testa.

Il processo di fabbricazione degli ornamenti personali prevede diversi stadi di trasformazione della materia grezza; grazie all’attività sperimentale sappiamo che la lavorazione parte da blocchi e schegge irregolari e si rivela piuttosto facile e adattabile a vari supporti di fabbricazione, senza l’utilizzo del calore. Per la lavorazione dei vaghi discoidali, di gran lunga i più comuni, si procede con la produzione di piastrine che vengono regolarizzate per abrasione e taglio fino a conseguire delle preforme, successivamente forate e calibrate in serie su una superficie abrasiva, in modo da creare l’ornamento in 5 minuti (mentre occorrono 30 minuti per la calibrazione di una serie di 8-10 perle). La produzione dei microvaghi riproduce esattamente quella degli esemplari più grandi, anche se i tempi sono molto più lunghi a causa delle piccolissime dimensioni dei manufatti.

Pendagli in steatite: 1-2, 8-12, 14-17, 21. Gaione-Cascina Catena; 3-5. territorio reggiano (Collezione Chierici); 6. Travo-Case Marchi; 7, 19- 20. San Ruino-Villa Greci; 13. Bazzarola; 18. Pontetaro (disegni di R. Micheli, in Micheli et alii, 2015)

Le perle a profilo convesso, biconiche e i pendagli sono caratterizzati dall’assenza di una catena operativa formalizzata. Si pensa che il primo stadio servisse a produrre, a partire dai ciottoli o blocchi di steatite, per mezzo di abrasione e taglio, delle schegge spesse da cui trarre delle preforme regolari; successivamente le preforme venivano modificate per mezzo di abrasione al fine di abbozzare la morfologia dei pendagli desiderata, sfaccettandone la superficie. A questo punto era necessario forare i supporti o produrre un solco a una estremità per la sospensione, portando così a termine una lavorazione che poteva durare dai 30 minuti alle 2-3 ore per i gioielli più complessi. Oltre ai modelli più comuni, alcuni dei manufatti rimandano ad altri oggetti simbolici, come i pendagli che imitano gli atrofici di cervo o che riproducono la forma dell’ascia. Le asce in miniatura, con valore forse più di amuleti che di ornamenti personali, riproducono gli strumenti d’uso quotidiano più importanti per le popolazioni neolitiche, il cui valore viene ribadito dalle deposizioni degli oggetti reali come corredo nelle tombe maschili VBQ.

La steatite è praticamente l’unico tipo di roccia utilizzata dalle genti VBQ emiliane per produrre delle perle, mentre l’impiego di altre rocce è occasionale. Inoltre, è evidente come la preferenza per l’impiego di steatite di colore scuro – anche se la steatite appenninica presenta varie tonalità di colorazione, a volte abbinata ad altri ornamenti di colore chiaro come le conchiglie o i denti forati – dipenda da una scelta prettamente culturale.

Alice Massarenti

Nata a Mirandola, in provincia di Modena, classe ’84, si è laureata in Archeologia e storia dell’arte del vicino oriente antico e in Quaternario, Preistoria e Archeologia con una tesi in Evoluzione degli insiemi faunistici del Quaternario. Ha un’ossessione per i fossili e una famiglia che importuna costantemente con i racconti delle sue ricerche sul campo.