LetteraturaPrimo PianoLa pesatura delle anime nel “Paradiso Perduto” di John Milton

Adele Porzia3 Marzo 2022
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In molte religioni e civiltà, la bilancia ha avuto una tale importanza da influire sulla modernità, tanto da divenire un simbolo canonico e iconico, nonché una sorta di ponte tra culture anche molto diverse tra loro. La bilancia, difatti, è un emblema di giustizia, insieme alla spada, alla palma e alla corona. Ma, mentre questi ultimi sono simboli del potere regio, l’iconografia della bilancia è ripresa dal mondo mercantile, popolare. Eppure, in quanto ineccepibile strumento di misurazione, è inoppugnabile garanzia di giustizia.

Presso i Micenei, per esempio, aveva una funzione fondamentale, poiché strumento con cui venivano misurati i tributi presso il palazzo cretese-miceneo. Un sovrintendente li pesava su una bilancia, che era considerata l’occhio del “wanax”, cioè del sovrano. Aveva, pertanto, una funzione giuridico-simbolica, che resterà inalterata presso i popoli che seguiranno. Ancora oggi viene esibita nei tribunali, grazie alla straordinaria fortuna che ha avuto presso i romani e, in seguito, presso i cristiani.

Tale strumento viene adoperato anche nell’antico testo religioso egizio del Libro dei morti, per pesare il cuore dei defunti e stabilire se la loro anima possa andare nell’Aldilà. Anubi accompagna il defunto nel suo percorso, essendo dio della mummificazione, protettore del morto e del rito funerario. La pesatura del suo cuore avviene davanti a Maat, la dea della verità. Perché passi la prova, il cuore deve pesare quanto una piuma. Se l’esito è favorevole – e lo è per qualunque possessore del Libro – Ra conduce il defunto da Osiride: la sua prova si è finalmente conclusa e può proseguire il suo cammino verso l’Aldilà. Altrimenti, il cuore sarà divorato e l’anima perduta per sempre. Il defunto è direttamente responsabile del proprio futuro, perché sono le sue azioni a essere valutate e pesate sulla bilancia. Eppure, gli Egizi non sono che i primi di una forte tradizione, chiamata dai Greci “Psychostasia” – da “psiche” (“anima”) e “stasia” (“bilancia”, “pesatura”) – e che vedrà delle riprese sostanziali, ma con delle importanti differenze tra una tradizione e l’altra. A riunirle è proprio un poeta inglese.

Nel IV libro del Paradiso Perduto di John Milton, opera di straordinaria modernità, pubblicata nel 1674, Satana è giunto alle porte dell’Eden. Si è introdotto furtivamente nel giardino incantato con l’intento di colpire il suo “Giustiziere” (“Punisher”). Non potendo, però, avere la meglio in uno scontro diretto con Dio, decide furbescamente – da fine conoscitore dell’animo umano – di spingere le sue creature predilette, Adamo ed Eva, la creazione di cui più era fiero, al tradimento nei confronti del loro benefattore, in modo che loro medesimi possano patire la sua stessa sofferta sorte: essere cacciati dal Paradiso. Perché questo sia possibile, durante la notte suggerisce ad Eva di tradire l’ammonimento divino e di mangiare un frutto dell’albero della conoscenza. Tuttavia, angeli ed arcangeli, che stanno perlustrando il Paradiso, colgono Satana in flagrante e lo scortano dall’Arcangelo Gabriele. Quest’ultimo raccoglie le sue schiere, Satana lo emula, e lo scontro tra i due schieramenti pare inevitabile, finché il lettore non legge quanto segue: «Ora avrebbe potuto seguirne uno scontro terribile, non solo coinvolgendo il Paradiso, ma forse anche la volta stellata del Cielo, o per lo meno tutti gli elementi sarebbero andati in rovina, travolti e dilaniati dalla violenza di un simile conflitto, se subito a prevenire l’orribile lotta l’Eterno non avesse sospesa in cielo la sua bilancia d’oro, che ancora si può vedere tra Astrea e il segno di Scorpione, con la quale pesò la prima volta le cose create, la terra pendula e tondeggiante con l’aria a contrappeso, e con quella ora considera tutti gli eventi, i regni e le battaglie. Vi collocò due pesi: l’uno a significare la partenza, l’altro il combattimento; e quest’ultimo peso balzò rapido in alto fino ad urtare l’asta». L’angelo caduto noterà che il peso della sua armata è inferiore a quella degli angeli e opterà per una ritirata strategica. Ma cos’è questa bilancia? Che valore dovremmo attribuirle?

Questo episodio del Paradiso Perduto è fondamentale, non tanto ai fini della storia (considerato che Satana ha comunque raggiunto il suo obiettivo e ha insinuato nell’animo di Eva il desiderio di contravvenire all’unica richiesta del suo creatore, come scritto nella Genesi), quanto per l’operazione sincretica di Milton, che era un profondo conoscitore dell’Eneide di Virgilio. La bilancia dorata che viene adoperata da Dio è, infatti, il simbolo della giustizia divina, una giustizia implacabile e inoppugnabile, poiché consente di pesare la forza di due combattenti o, in questo caso, di interi eserciti, e di rivelare il vincitore della battaglia, con un preciso calcolo: la leggerezza è, in questo caso, sinonimo di debolezza.

Questa scena di “Psychostasia”, per l’appunto, riprende lo scontro finale di Enea e Turno nell’Eneide e fa, quindi, riferimento alla “Kerostasia”, la “pesatura dei destini”, presente nell’epica e soprattutto nell’Iliade, il primo dei due grandi poemi omerici. Milton recupera questa scena squisitamente pagana e la adatta all’ambito cristiano, naturalmente con delle differenze sostanziali. Zeus, infatti, non ha alcun potere su quello che accade, perché è schiavo anch’egli del fato. Dio, invece, può farlo, perché agisce secondo giustizia. Non si piega a un fato cieco, ma garantisce che la vittoria spetti a chi se lo merita. Una così diretta responsabilità non è invece data al re dell’Olimpo, il quale si limita a mostrare un risultato già stabilito e su cui non può in alcun modo intervenire.

Adele Porzia

Nata in provincia di Bari, in quel del ’94, si è laureata in Filologia Classica e ha proseguito i suoi studi in Scienze dello Spettacolo. Giornalista pubblicista, ha una smodata passione per tutto quello che riguarda letteratura, teatro e cinema, tanto che non cessa mai di studiarli e approfondirli.