Architettura, Design e ModaPrimo PianoLa matematica nell’arte: l’astrattismo geometrico del De Stijl

Greta Aldeghi17 Febbraio 2020
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Durante il Diciassettesimo secolo, l’Olanda era una delle grandi potenze economiche d’Europa e viveva una vera e propria epoca d’oro per la cultura artistica. Inoltre, la riforma protestante portò, di fatto, all’adozione del Calvinismo come religione di stato e con questo prese piede un’estetica puritana che si configurava come l’antitesi dello splendore tipico del Cattolicesimo. Nei secoli, questa convinzione nella supremazia morale della purezza estetica si è sempre più insinuata nel pensiero del popolo olandese: il che spiega in parte il motivo per cui uno dei più grandi movimenti di riforma del design del XX secolo avvenne proprio in Olanda.

Nell’Ottobre del 1917, nella città di Leiden, un gruppo di individui con creatività e idee affini fondò un nuovo movimento artistico, abbinato a un’omonima rivista: il De Stijl, anche conosciuto con il nome di Neoplasticismo. Si trattava tanto di una ricerca spirituale quanto di un movimento di riforma dell’arte e del design che cercava un significato divino all’interno dei misteri dell’universo attraverso la purificazione e l’astrazione della forma. Il nome stesso “De Stijl” – in italiano “Lo Stile“ – sintetizzava esattamente l’obbiettivo del gruppo: cioè quello di dare vita a una dottrina costruttiva che fosse in grado di condurre a una nuova e pura forma estetica che si ponesse in antitesi rispetto agli eccessi decorativi dell’Art Nouveau. Guidato dall’architetto Theo van Doesburg, il gruppo inizialmente includeva Piet Mondrian, Bart van der Leck, Vilmos Huszár, Jacobus Johannes Pieter Oud, Robert van’t Hoff, Jan Wils e George Vantongerloo. Questa associazione di artisti si fondava sull’eredità raccolta dai movimenti d’avant-garde dell’epoca, traendo ispirazione dall’astrazione del Cubismo, ma anche dalla rettilineità senza compromessi dell’architetto Frank Lloyd Wright.

In ogni caso, il più grande impulso alla base della nascita del De Stijl fu la Prima Guerra Mondiale: sebbene l’Olanda rimase neutrale durante il conflitto, l’impatto della guerra fu comunque fortemente sentito nell’afflusso di rifugiati belgi, nell’aumento della disoccupazione e nella carenza di cibo. Per sfuggire a quegli anni bui, il Neoplasticismo abbracciò – come filosofia che fosse in grado di offrire un nuovo modo di procedere dopo la desolazione culturale e spirituale causata dalla guerra – le teorie alla base della Società Teosofica, organizzazione internazionale fondata nel 1875 a New York dedita allo studio e alla divulgazione della teosofia. Uno dei principali messaggi teosofici si basava sull’idea che la materia era nemica dello spirito, pertanto ciò portò i membri del De Stijl a perseguire un’estetica de-materializzata: richiamando il pianeggiante paesaggio olandese, i membri del gruppo prediligevano l’impiego di righe orizzontali e verticali nei loro dipinti, edifici, arredi e nelle loro grafiche, credendo che un approccio minimale e asciutto avrebbe potuto rivelare un’essenza spirituale o un significato più profondo della vita.

Attraverso la razionalizzazione della natura e dell’artificiale in forme elementari, il gruppo ero orientato – come scriveva Van Doesburg nella prima edizione della rivista De Stijl – allo «sviluppo di una nuova consapevolezza di bellezza, per rendere l’uomo moderno ricettivo verso tutto ciò che è nuovo nelle arti visive».

La copertina della rivista De Stijl di Vilmos Huszár, 1917

Questo minimalismo radicale venne espresso nel design come nella pittura: esempi degni di nota sono la copertina del De Stijl realizzata da Vilmos Huszár (1917) e il De Unie café a Rotterdam ad opera di J.J.P Oud.

Disegno architettonico del Café De Unie progettato da J.P.P. Oud, 1925

Comunque, fu il lavoro di Gerrit Rietveld che incarnò la modernità radicale del Neoplasticismo più di qualsiasi altro progettista. La sua sedia a listelli del 1918, successivamente chiamata Sedia Rossa e Blu, è una degli oggetti di design più famosa di tutti i tempi ed è una realizzazione tridimensionale e visivamente potente della filosofia minimalista del gruppo De Stijl. La sedia è una dinamica composizione che richiama una rudimentale impalcatura costituita da listelli disposti verticalmente e orizzontalmente a sostenere il sedile e lo schienale angolati. Solo nel 1923, su suggerimento dell’artista Bart van der Leck, la sedia fu dipinta interamente in nero, utilizzando colori primari (giallo, rosso e blu) per sottolineare la sua rettilineità, trasformandosi in un progetto ancor più sorprendentemente rivoluzionario per l’epoca.

Sedia Rossa e Blu progettata da Gerrit Rietveld, 1918-1923

Le straordinarie qualità spaziali raggiunte dalla progettazione di questa sedia furono realizzate su scala più ampia nel 1924 quando Rietveld progettò il suo primo edificio: la Rietveld Schröder House ad Utrecht.

Rietveld Schröder House, progettata da Gerrit Rietveld nel 1924

Questa casa, estremamente moderna per l’epoca, fu commissionata dall’eccentrica vedova Truus Schröder-Schräder come abitazione per lei e i suoi tre figli: mentre l’esterno asimmetrico della casa – con i suoi elementi geometrici nei toni del grigio, bianco e nero – conferiva, anche grazie ai suoi balconi sporgenti simili al ponte di una nave, un’aria nautica all’abitazione, gli interni pieni di luce si distinguevano per l’interessante delimitazione dello spazio mediata da pareti scorrevoli e porte a soffietto.

Studi per un interno di van Doesburg e Rietveld del 1925

Come molti altri progetti appartenenti al movimento del De Stijl, questa casa era essenzialmente una dichiarazione di intenti che offriva uno sguardo allettante su un futuro utopico, ma comunque può essere considerata – senza ombra di dubbio – un’ emblematica icona di quell’arte astratta, essenziale e geometrica che influenzerà fortemente una corrente artistica, punto di riferimento fondamentale per tutti i movimenti di innovazione nel campo del design e dell’architettura del XX Secolo: il Bauhaus.

Greta Aldeghi

Laureata in design, lettrice incallita e viaggiatrice creativa. Adora design, arte, architettura, scrittura e la ricerca senza fine di nuove esperienze da affrontare.