LetteraturaPrimo PianoTeatro e DanzaLa lunga tradizione letteraria della bilancia di Zeus

Adele Porzia19 Maggio 2022
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La bilancia è simbolo di giustizia dall’origine dei tempi. Strumento affidabilissimo del fato, decreta con assoluta certezza il vincitore di una contesa e perfino quello che sarà. Probabilmente, la sua prima associazione alla dea bendata risale ai Micenei, in un certo senso i nostri nonni putativi, i veri avi dei Greci, cui dobbiamo davvero tanto della nostra società e della nostra letteratura. Ed è proprio da qui che si deve partire per risalire alle origini di questo infallibile strumento di giustizia, al fine di ritrovare le prime prove scritte del profondo significato che ha investito la bilancia nel corso dello sviluppo della società occidentale.

Innanzitutto, la bilancia aveva un significato sacrale. Durante i Micenei, tutti i tributi venivano portati all’interno del palazzo, ove il re presiedeva alla pesatura del denaro e garantiva il corretto funzionamento di questo strumento. Seppur affidabile per natura, una volta in mano al sovrano, essa assumeva un’importanza sacrale, rappresentando la giustizia in quanto tale. Non è un caso, poi, che questa bilancia (a parte qualche rara eccezione) sia sempre in mano a Zeus, il padre degli dei, all’interno della letteratura greca, nell’epica, nella lirica e nel teatro. Eppure, è importante chiarire che il dio o il re non hanno alcun potere sulla stessa. Sono solo dei testimoni di quanto la bilancia – e quindi la giustizia – decreta, con il suo fare imparziale e incorruttibile. Sono semplici garanti e depositari delle sue volontà.

L’immagine della bilancia di Zeus diviene mezzo per decretare il vincitore nel combattimento decisivo e strumento che garantisce la giustizia in qualsivoglia frangente. Questo avviene nell’Iliade, specie nel duello tra Ettore e Achille, dove il vincitore è il re dei Mirmidoni, l’acheo, Achille piè veloce. Eppure, in un componimento decisamente meno popolare, l’Inno ad Ermes, assistiamo a un utilizzo della bilancia più vicino al nostro quotidiano. Apollo ed Ermes si dirigono verso l’Olimpo, perché Ermes – ancora neonato – ha rubato le sacre vacche di Apollo e quest’ultimo ne desidera la restituzione. Sebbene Apollo sappia di avere ragione, Ermes non vuole dargliela vinta e perciò continua a ingannarlo. Quando i due raggiungono l’Olimpo, perché la lite abbia un vincitore, ad attenderli trovano la bilancia di Zeus. Apollo spiega l’accaduto, ma Ermes si difende dicendo di essere troppo giovane per un’impresa del genere e di non essere in grado di mentire, facendo ridere Zeus, che si limita a restituire le vacche, senza punire questo dio furbetto, che evidentemente la bilancia aveva già decretato perdente.

Nei poeti Bacchilide e Teognide la bilancia di Zeus determina la ricchezza o la povertà. In particolare Teognide, della cui produzione ci è rimasto così poco, invita il lettore a non accusare nessuno della propria sventura, perché il solo responsabile è Zeus – o, meglio, la sua bilancia – e la ricchezza accumulata può svanire da un momento all’altro. Nella lirica, l’immagine della bilancia non ha, però, ancora il significato morale che acquisirà più avanti, nel componimento di Diotimo, presente nell’Antologia Palatina: «Portatrice di torcia, Artemide tutelare, sorgi sulla terra di Pollide e il tuo lume ridente dona a lui e alla sua famiglia. Compito facile; ché egli ben conosce, ispirato da Zeus, le rette bilance di Dike. E in questo bosco, Artemide, possano anche le Grazie correre e posare sui fiori i sandali leggeri».

Questo testo, così criptico, fa riferimento a una statua collocata nel giardino della casa di Pollide, probabilmente un magistrato che, per ispirazione di Zeus, conosce le sue bilance, dando prova di una rettitudine quasi divina e di un profondo senso della giustizia. È un’importante connessione tra la sfera giuridica e l’immagine della bilancia, che segnerà l’immaginario antico e che avrà fortuna fino alla contemporaneità. La bilancia è, infatti, strumento di giustizia “tout court”, simbolo di un principio morale che deve dar regola alla vita degli uomini, perché possano vivere secondo giustizia.

Nel teatro, poi, l’immagine della bilancia torna col suo significato omerico, quale giudice che decreta il vincitore in un duello tra eroi o tra due eserciti. Ricorre in Eschilo (Persiani, Supplici, Coefore, citando le opere che ci sono giunte interamente), ma è soprattutto nelle Supplici che il concetto di giustizia viene totalmente espresso e la bilancia diviene strumento del fato, del destino: «Giustizia dà come contrappeso a chi ha sofferto l’apprendimento: il futuro potrai udirlo quando sarà realizzato. Lo si saluti con gioia in anticipo, ma ciò equivale al piangerlo già prima: infatti esso arriverà chiaro assieme ai raggi del mattino».

Adele Porzia

Nata in provincia di Bari, in quel del ’94, si è laureata in Filologia Classica e ha proseguito i suoi studi in Scienze dello Spettacolo. Giornalista pubblicista, ha una smodata passione per tutto quello che riguarda letteratura, teatro e cinema, tanto che non cessa mai di studiarli e approfondirli.