A Veio, nel comune di Roma, ha sede un abitato etrusco di grande rilevanza, le cui strutture principali risultano alquanto peculiari. Il pianoro non sembra abitato prima dell’inizio dell’Età del Ferro, come evidenziano gli scavi che mostrano un’occupazione a piccoli gruppi dislocati su tutto il perimetro, generalmente nei pressi delle zone marginali. Per questo periodo, si può immaginare un’articolazione dello spazio secondo diversi quartieri autosufficienti, cioè costituiti ciascuno da strutture abitative, produttive e luoghi per il culto. Nel corso del IX secolo a.C. il rito esclusivo è quello incineratorio e le tombe scavate nel suolo vergine sono in genere a pozzetto con una custodia in tufo. Nei corredi del periodo più antico della cultura villanoviana non si nota differenza di ricchezza o di condizione sociale; si distinguono solo le deposizioni femminili da quelle maschili.
Nei decenni centrali dell’VIII secolo a.C. l’abitato si cinge di fortificazioni e compare un’articolazione del pianoro in una zona residenziale e una utilizzata prevalentemente a scopi artigianali. L’altura di Piazza d’Armi, il cuore dell’insediamento, in questo periodo mostra il carattere di residenza privilegiata. In seguito, si fa più evidente l’incremento demografico e il processo di differenziazione economica all’interno del corpo sociale, soprattutto nei contesti funerari.
All’inizio del Periodo Orientalizzante vengono abbandonate le grandi necropoli della prima Età del Ferro, mentre si preferisce creare una serie di piccoli sepolcreti stanziati lungo le vie di comunicazione con i centri maggiori, in coincidenza con il ripopolamento del territorio. Il controllo strategico delle vie di comunicazione viene assicurato mediante l’impianto di centri di piccole e medie dimensioni, in evidente differenziazione gerarchica. In questa fase le strutture abitative situate in vari punti del pianoro mostrano il passaggio dalla capanna a pareti curvilinee a impianti rettangolari; a Piazza d’Armi lo spazio si articola in isole rettangolari.
Dagli anni finali del VII secolo a.C. si diffonde, sia nelle strutture abitative che in quelle pubbliche, l’uso dei rivestimenti di tegole e della decorazione dei tetti; inoltre, agli inizi del VI secolo a.C., la città viene protetta da una robusta cinta fortificata con diverse porte. Nella seconda metà del VI secolo a.C. emerge una nuova fase di costruzioni all’interno dell’area urbana a Macchia Grande, Vignacce e Comunità, con nuovi tracciati stradali e case a pianta rettangolare, ripartite internamente in tre vani, talvolta con portico antistante. L’area di Piazza d’Armi mostra un’articolazione per isolati, con la via principale NO-SE, larga 5 metri, e le vie minori perpendicolari, larghe 2,80 metri, nonché una grande piazza con cisterna; come in altri siti dell’Etruria, le case del tipo ad asse longitudinale sembrano in più casi affacciate su cortili interni. Il materiale di riempimento della cisterna a scalini suggerisce di datare il complesso di riferimento – una struttura a carattere gentilizio, coperta da un tetto riccamente decorato – alla prima metà del VI secolo a.C., per un arco di vita di almeno 50 anni.
I campioni faunistici provengono da diversi contesti della città di Veio, i due più antichi dal pianoro di Piazza d’Armi: il primo è emerso dal fondo di una capanna circolare contenente anche materiali ceramici databili ai decenni precedenti la metà del VII secolo a.C., mentre il secondo è stato recuperato dalla cisterna rettangolare. Un altro contesto, infine, si riferisce al riempimento di un pozzo individuato sul pianoro dell’altura di Piano di Comunità, colmato verso la fine del IV secolo a.C. In tutti i campioni, i frammenti determinati rappresentano bovini, ovicaprini, suini e – nel caso di Piano di Comunità – anche il pollame; poi, in misura più contenuta, sono presenti resti anche di cane, cavallo, asino, cervo, nonché di roditori, uccelli, testuggini e anfibi.
Dallo studio dei resti sembra che i bovini venissero uccisi prevalentemente in età adulta, per poter sfruttare i prodotti dell’animale vivente; l’economia pastorale invece era rivolta soprattutto verso la produzione lattea o il reperimento di tagli di carne più pregiata, vista la presenza di individui molto giovani. Un dato interessante proviene dai resti di cane, riferibili ad almeno tre individui adulti e almeno uno giovanile: alcune ossa presentavano evidenti tracce di macellazione. Non è detto che queste si riferiscano necessariamente a pratiche cultuali; possono, infatti, essere riferite a un consumo alimentare poco comune o al recupero della pelle per usi artigianali. Il pollo, probabilmente introdotto in Italia nella prima Età del Ferro, comincia a diffondersi in pieno periodo etrusco; in molti centri dell’Etruria meridionale, fino al V secolo a.C., questi volatili erano ben conosciuti ma ancora poco diffusi e, visto il loro valore, utilizzati soprattutto per le pratiche cultuali e funerarie, mentre cominciarono a comparire in contesti abitativi tra il IV e il III secolo a.C. Infine, l’attività venatoria – testimoniata da pochi resti all’interno dell’abitato etrusco di Veio – indica la scarsa rilevanza di questa attività economica nell’alimentazione abituale.

Alice Massarenti
Nata a Mirandola, in provincia di Modena, classe ’84, si è laureata in Archeologia e storia dell’arte del vicino oriente antico e in Quaternario, Preistoria e Archeologia con una tesi in Evoluzione degli insiemi faunistici del Quaternario. Ha un’ossessione per i fossili e una famiglia che importuna costantemente con i racconti delle sue ricerche sul campo.