In Ascolto il tuo cuore, città Alberto Savinio rievoca la città di Milano prima della guerra, in una passeggiata narrata lungo nebbie e odori, ricordi, accadimenti e ombre fantasmatiche.
«Civiltà “chiusa” è civiltà molto matura e conchiusa in sé, che non aspetta più nulla dall’esterno e fa tesoro di quello che possiede. È la sola forma di civiltà che mi interessi. La sola che risponda fedelmente al significato originario della parola civiltà e ne dichiari la funzione, che è di raccogliere l’informe e accentrarlo nella città, per ivi rinchiuderlo e dargli forma ridotta e in tal modo renderlo intelligibile, visibile, maneggevole.
[…] La civiltà chiusa di Milano, io la ricordo ancora. La ricordo come si ricorda un sogno.
[…] La chiusa civiltà di Milano finì nel 1914.
La guerra accelerò la sua fine ma non la determinò. Le guerre non operano sulle civiltà, ma dipendono esse pure dai drammi della civiltà. Anche senza la guerra, quella civiltà conchiusa e perfetta sarebbe egualmente finita»
Questa immagine di città, nella narrazione discorsiva dell’artista, è ispirazione e impronta per una riflessione, un ripensamento e una re-immaginazione del tema della città, dei suoi spazi, della sua conformazione architettonica, dei suoi interni, in una collettiva degli artisti Elisabetta Benassi, Jonas Dahlberg, Gianluca Malgeri & Arina End, Sze Tsung Nicolàs Leong e Leonardo Magrelli, ospitata presso la galleria Magazzino di Roma.
Gli artisti, in un conversare visivo intorno a città e tematiche differenti, conducono l’osservatore a una rifrazione interrogativa e introversiva degli spazi dell’abitare, dei reticoli urbani, dei luoghi vissuti e immaginati catturati da esperienze percettive individuali, o riportate in un trascorrere remoto, assorbito dall’effimero e dal gioco, nello sguardo fantastico e surreale o nel riformato apparire di un’ambientazione virtuale narrata traslitteralmente dalla realtà.

Elisabetta Benassi nel suo trittico Smog indaga la dimensione e l’impatto antropico nell’ambiente cittadino, in particolare nelle città americane di Chicago, New York e Los Angeles, riproducendo il retro delle fotografie documentanti il tasso d’inquinamento, pervenendo a una monocromia assoluta, in assenza di pretese spaziali e temporali. L’artista, nella tecnica fine, fluida e immediata dell’acquerello, addensa e avvolge in una nebbia immobile ogni segno di riconoscimento possibile, evidenziando labili distinzioni percettibili nella differente sfumatura tonale, racchiudendo in un ritratto di città distaccato dalla realtà fisica, come ha scritto Lewis Mumford, «le forze che cancelleranno ogni traccia della sua esistenza».
Nell’opera Ascolto il tuo cuore, città, che dà il titolo alla mostra, Elisabetta Benassi inserisce e intrappola la prima edizione del testo di Alberto Savinio in un portapacchi assemblato a un manubrio di bicicletta.

Dalla citazione picassiana richiamante una forma zoomorfa figurale, ancor più evidente nell’ombra, il mezzo di trasporto accennato è bloccato nel movimento e proiettato nel ricordo narrato, nel viaggio tra le pagine da custodire nello sguardo malinconico, ironico, indifferente.

Leonardo Magrelli in West Of Here riespone brani di realtà carpiti dal videogioco Grand Theft Auto V in una traduzione fotografica in bianco e nero, dove la città di Los Angeles è artificialmente riproposta in grafica digitale. I luoghi della città, riconoscibili seppur mediati nel “gaming”, divengono superfetazioni del reale che sovrastano e duplicano concretezza, materialità ed effettività di una verità territoriale.

In Storia della Storia di SzenTsung Nicolàs Leong, i luoghi di un passato storico si connettono e vivono nel presente delle proprie tracce e strutture architettoniche, abitando nuove epoche, attirando nuovi sguardi, nuovi eventi e casualità. L’artista unisce fotografie in bianco e nero, per lo più di interni, ad apparati testuali, congiungendo costruzioni remote a narrazioni odierne e osservazioni del presente, in una durata ininterrotta.

Nei video Untitled (Horizontal Sliding) e Untitled (Vertical Sliding) di Jonas Dahlberg, l’interno di case vuote, ricostruite in modelli circolari e riprese in labirintici set, vengono attraversate da una luce abbagliante che accentua una ripetuta assenza, percorsa incessantemente lungo i piani orizzontali e verticali, in un processo estraniante che soverchia la familiarità di ambientazioni domestiche in uno svolgimento allucinatorio e visionario, privo di prospettive focali.

La ricerca sui “playground” di Gianluca Malgeri & Arina Endo si sviluppa in opere scultoree e in collage, elementi assemblati in strutture impossibili e impenetrabili, utopie e spazi dell’immaginazione. Le opere scultoree, in rame saldato, si collocano in un intervallo onirico, in uno spazio riconfigurato a partire dal mondo dell’infanzia, meccanizzato e dinamizzato nella forma esile e accattivante.

I collage, nella bidimensionalità e libertà ideativa del proprio supporto, sono l’incipit della ricerca dei due artisti, in cui ritrovare ancor più netto il dialogo con il mondo immaginifico che carpisce elementi di diverse realtà ludiche inserite nel paesaggio urbano, per tracciare elementi nuovi, conformazioni surreali di spazi raccordati dal sogno.

Nicoletta Provenzano
Nata a Roma, storica dell’arte e curatrice. Affascinata dalle ricerche multidisciplinari e dal dialogo creativo con gli artisti, ha scritto e curato cataloghi e mostre, in collaborazione con professionisti del settore nell’ambito dell’arte contemporanea, del connubio arte-impresa e arte-scienza.