Architettura, Design e ModaPrimo PianoL’Istituto Giapponese di Cultura, un angolo di cultura nipponica a Roma

Cecilia Morelli19 Giugno 2019
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Il fascino per il Giappone, in Italia affonda le sue radici in momenti precisi, significativi, di certo non moderni: il pensiero corre immediatamente ai commerci veneziani con l’Oriente per le pregiatissime sete. Con la fine della seconda guerra mondiale, negli anni ‘60 vengono avviati rapporti diplomatici tra l’Italia e il Giappone che si concretizzano nella reciproca concessione di terreni, da parte soprattutto del Comune di Roma, che potessero permettere la costruzione di spazi volti alla diffusione della cultura giapponese in Italia. Ed è quello che è concretamente accaduto dopo il secondo dopoguerra, con la costruzione dell’Istituto Giapponese di Cultura a Roma, sito in via Gramsci 74 nel cuore del quartiere Pinciano, tra Valle Giulia e Villa Borghese.

L’intero complesso dell’Istituto è pensato e realizzato secondo i criteri risalenti al periodo Heian, momento particolarmente rigoglioso – culturalmente parlando – che va dal IX al XII secolo. La filosofia, la letteratura e anche l’architettura del tempo portavano in auge un gusto estetico discreto e armonico. La capitale Kyoto, insieme ad altri centri storici rilevanti in Giappone, seguono in modo pedissequo i valori costituitesi durante il periodo Heian; valori in seguito fedelmente trasposti in Italia come linee guida durante le fasi di costruzione dell’Istituto. È interessante osservare che alcuni dei materiali necessari per la costruzione dell’edificio vengono direttamente dal Sol Levante: il legno per le porte scorrevoli interne e la carta ricavata dal legno di gelso, funzionale alla creazione di un’atmosfera molto rilassante determinata da una diffusione soffusa della luce solare.

Senza nulla togliere all’imponente biblioteca conservata all’interno, frutto di ricchi ma soprattutto numerosi viaggi tra l’Italia e il Giappone, la vera gemma del complesso architettonico è il giardino esterno, in cui si registra la presenza di una vegetazione mista. Ci sono piante tipiche nipponiche, come il ciliegio giapponese, ma anche piante caratteristiche della macchia mediterranea, come ad esempio l’ulivo o il pino. Il giardino è di tipo “sen’en”, vale a dire bagnato in quanto dotato di un laghetto, diversamente da quelli secchi, cosiddetti “zen”, che ne sono sprovvisti. L’architetto Ken Nakajima, autore del giardino, lo ha realizzato con la volontà di inserire tutti gli elementi essenziali e tradizionali dei giardini costruiti in Giappone; tra questi elementi figurano: il ponticello sul lago, le isolette fatte con pietre provenienti dalla campagna Toscana, le suggestive lanterne – sempre in pietra – che poggiano sul fondo del lago e sono funzionali all’illuminazione della passeggiata serale all’interno del giardino.

L’idea di fondo nella realizzazione di un giardino giapponese è costruire ma nel rispetto assoluto della natura, assecondandola, senza mai contrastare con essa. Questa è la grande differenza con i giardini occidentali, come quelli all’italiana in cui la disposizione dei fiori – e delle piante in generale – è geometrica e regolarissima; nel giardino di via Gramsci, invece, sussiste certamente una progettualità ma che ha il chiaro intento di non essere individuata, proprio perché la volontà è quella di realizzare uno spazio che sia in tale armonia con la natura da far pensare che la disposizione degli elementi sia casuale, naturale.

L’ambiente ricostruito è aristocratico, come mostrano i due balconi posizionati su due piani, simbolo di complementarietà tra interni ed esterni. Oltre a essere affascinante e aristocratico, il giardino conserva al suo interno una fortissima simbologia, a partire dalle carpe che vivono nel laghetto, animali che si associamo con una certa immediatezza alla cultura giapponese proprio perché ricoprono un ruolo molto significativo: secondo le leggende la carpa, dopo essere riuscita a risalire con tenacia le cascate, si trasforma in un drago. Concretamente si tratta di un augurio di resistenza mentale e fisica in associazione al percorso della carpa, fatto dagli adulti nei confronti dei bambini, in onore dei quali si celebra una festa il 5 maggio.

Cecilia Morelli

Classe '95, studia Giurisprudenza presso l’università La Sapienza di Roma. Amante della natura, soprattutto dei paesaggi che offre. L’arte, in ogni sua declinazione, è un elemento centrale della sua vita.