La splendida architettura settecentesca di Palazzo Sturm, sita a Bassano del Grappa, celebra l’anelata riapertura dopo oltre un anno di restauri attraverso un’esposizione temporanea dedicata all’estro incisorio di Albrecht Dürer, genio innovatore natio di Norimberga: 214 opere ascrivibili alla collezione Remondini saranno integralmente fruibili al visitatore sino al 30 settembre 2019.
Il raffinato palazzo è sede dal 2007 del Museo della Stampa Remondini, dedicato alla valorizzazione dell’opera della rinomata omonima stirpe di tipografi di origine patavina. Imprenditori ed esperti estimatori della tecnica dell’incisione, essi collezionarono un valente “corpus” di 8500 pregevoli manufatti artistici di maestranze italiane ed europee operanti tra il XV e il XIX secolo. Un mirevole assortimento di abili artisti dediti alla pratica incisoria, tra i quali vanno annoverati non solo il sopra citato maestro teutonico – uno dei più rilevanti esponenti dell’incisione cinquecentesca e del Rinascimento tedesco – ma valide personalità quali Rembrandt, Giovanni Battista Piranesi, Canaletto e Martin Schongauer, solo per citarne alcuni.
L’incisione venne utilizzata sin dalle epoche più remote: molteplici culture sin dall’età preistorica hanno restituito una ricca documentazione di meritevoli manufatti litici, ceramici e metallici incisi. Successivamente tale arte venne applicata agli ambiti più disparati a fini decorativi: architetture e opere artistiche alacremente rifinite mediante tecnica incisoria. Durante il Rinascimento, assunse una valenza preponderante l’applicazione dell’incisione alla preparazione di matrici per l’allestimento di più esemplari di stampe raffiguranti il medesimo soggetto, in serie. Il procedimento artistico contemplava una netta scissione tra il momento creativo, l’approntamento di matrici e l’esecuzione della stampa.
La xilografia, la quale prevedeva l’incisione di supporti lignei in rilievo (veniva infatti asportata dalla matrice la parte non costituente il disegno), rappresenta una delle pratiche di tale disciplina più arcaiche, ampiamente utilizzata durante il XV secolo per illustrazioni librarie, in particolar modo per la stampa di “testi popolari”, precipuamente italiane e tedesche. Posteriore di alcuni decenni è invece la calcografia, la quale contemplava l’incisione – diretta (bulino, punta secca) o indiretta (ausilio di acidi che corrodevano il metallo, come per esempio l’acquaforte) – in incavo su lastre metalliche, sovente di rame. Quest’ultima tecnica, al contrario della xilografia, consentiva la rappresentazione di soggetti più raffinati e articolati in quanto la stampa finale vantava un tratto più sottile ed era inoltre in grado di produrre effetti di chiaroscuro.
La considerevole collezione Remondini vanta la presenza di 123 xilografie e 91 calcografie prodotte dal Dürer. Egli, singolare e precoce talento, nato nel 1471, ebbe una formazione dapprima in ambito orafo – nel laboratorio paterno di Albrecht il Vecchio – e, successivamente, approfondì la tecnica xilografica applicata all’illustrazione di libri nella rinomata bottega di Michael Wolgemut (continuatore di Hans Peydenwurff). Federico III di Sassonia, detto “il Saggio”, e l’imperatore Massimiliano I furono tra i suoi più illustri mecenati, commissionandogli molteplici valenti incarichi.
Il suo spirito inquieto lo condusse a svariate sperimentazioni, a non disdegnare l’integrazione della propria cultura mediante una formazione basata sull’osservazione e sull’esperienza diretta. Una sete inestinguibile di conoscenza lo porterà a viaggiare in Europa, una sorta di Grand Tour “ante litteram”, al fine di perfezionare e incrementare le proprie competenze e conoscenze; in particolar modo, il soggiorno in Italia influenzò il suo stile, giunto ormai a un’apprezzabile maturità: le figure rappresentate cominciarono a essere indagate introspettivamente dall’autore e il contesto stesso acquisì una nuova e rinvigorita valenza. Una reiterata sensibilità, una rinnovata attenzione, uno studio puntiglioso del rapporto esistente tra soggetto e paesaggio, nel tentativo di sintetizzare un’armonia ideale tra uomo e natura circostante. L’approccio empirico e la fruizione diretta dell’arte classica acuirono le sue abilità prospettiche e gli consentirono di migliorare manifestamente la conoscenza e la rappresentazione anatomica.
Le opere di Dürer – intrise di palpabile tensione, spesso connotate da marcati contrasti cromatici e chiaroscuri – eserciteranno un’intensa fascinazione sul pubblico: molti furono gli artisti che tentarono di emularne l’insita drammaticità, il “pathos” esasperato e sofferto. Uno stretto rapporto lo lega all’Italia settentrionale e in particolare modo a Venezia, dove approfondì lo studio degli intensi pigmenti veneziani, riuscendo a ottenere anche in qualità di pittore un’ottimale resa cromatica e un potente effetto tonale.
L’esposizione di Palazzo Sturm consente un cospicuo “excursus” della sua mirevole abilità. Un artista poliedrico, abile disegnatore, illustratore e incisore, ma anche erudito e studioso, artefice di diversi saggi e trattati scientifici (tra cui un trattato di prospettiva e geometria, uno sulle fortificazioni, quattro libri sulle proporzioni umane).
La preziosa eredità artistica, frutto del lascito di Giovanni Battista Remondini a Bassano del Grappa, con le sue 214 tavole monogrammate rappresenta una delle collezioni dell’artista più significative e prestigiose al mondo.
Splendide allegorie (La Melanconia, 1514); ritratti (Ritratto di Federico il Saggio Elettore di Sassonia, 1524); soggetti desunti dalla tradizione biblica ma caratterizzati da rappresentazioni non convenzionali che si discostano dalle canoniche raffigurazioni tradizionali (La Circoncisione di Gesù, 1504); cruenti martirii e scene caotiche (Il Martirio dei Diecimila, 1496; La Decapitazione di San Giovanni Battista, 1510; Il Martirio di San Giovanni, 1511); creature diaboliche si intravedono in angoli bui della scena, quasi fossero manifestazioni oniriche (La Discesa al Limbo, 1510), draghi policefali (La meretrice di Babilonia, ascrivibile alla serie l’Apocalisse, 1511) o esseri mitologici (Il Mostro Marino, 1498).
Alcune opere sono contraddistinte da un’avvertibile dicotomia tra il registro superiore e quello inferiore. Il caos della raffigurazione si giustappone alla serenità trasmessa dal paesaggio entro cui il soggetto viene abilmente inserito (San Michele uccide il Drago, serie l’Apocalisse, 1511); tavole oberate, contraddistinte da uno spiccato “horror vacui” rappresentativo, ricco di espressioni singolari e dettagli spesso grotteschi (La sacra Famiglia delle Lepri, 1497). L’impeto creativo del maestro di Norimberga esercitò una profonda influenza sull’arte incisoria cinquecentesca e sul Rinascimento tedesco e le opere partorite dal suo ingegno innovatore si sono mantenute nei secoli esemplificative, intriganti e stimolanti da decodificare.

Laura Fontanesi
Archeologa, specializzata in archeologia classica e del Vicino Oriente antico, studiosa di culti antichi e tradizioni funerarie. Affascinata da parole, storie e arcaici numi. Ama scrivere, ascoltare, leggere, approfondire, progettare, creare.