Il sito neolitico di Lama S. Stefano, vicino a Monopoli (BA), è noto da tempo per il ritrovamento in superficie di ceramica della facies Serra d’Alto e Diana. Lungo i fianchi della lama si aprono diverse cavità utilizzate dal Neolitico fino a epoca medievale. Nel secolo scorso è stato eseguito un esteso e profondo sbancamento della porzione più interna della lama, che aveva asportato un consistente accumulo di terreno sul fondo del solco erosivo. Queste attività avevano messo in evidenza un deposito archeologico, disperdendone ai margini alcune grandi lastre e un monolite in pietra, oltre ad alcuni resti umani. Nelle ultime campagne di scavo si è indagata quindi la superficie dello sbancamento, mettendone a nudo le sezioni E, N e parte del fondo raggiunto. La sezione E – con andamento nord-sud, lunga circa 22 metri e profonda 2 metri – si sviluppa in parallelo al fianco della lama e presenta uno strato superficiale di terreno (US 1), profondo circa 20 centimetri, sovrapposto a un sedimento limo-sabbioso con abbondante pietrisco di colore beige-rossiccio (US 3), in cui è stata ritrovata ceramica figulina e dipinta del tipo Serra D’Alto e ceramica a impasto Serra d’Alto e Diana.

Lo sbancamento ha anche mostrato 9 buche circolari e di forma troncoconica che si restringono verso il fondo, purtroppo in parte sezionate e asportate, che rappresentano l’attestazione residua di una serie più ampia, facente parte di uno straordinario complesso funerario e cultuale della facies di Serra d’Alto. Le buche sono disposte a distanze irregolari tra loro, ma non superiori al metro circa. Di dimensioni diverse (da un diametro massimo compreso tra 60 centimetri e 1 metro, e profondità compresa tra 50 centimetri e 1 metro), erano chiuse da uno strato a matrice argillosa. Il riempimento sottostante conserva i resti di attività di deposizione di varie categorie di materiali: resti faunistici e malacologici, contenitori in ceramica frammentati e ricostruibili in parte, di tipologia Serra d’Alto, industria su osso, su pietra e più rara su selce e ossidiana, forse riutilizzando piccoli silos, destinate in precedenza ad altri usi. Le deposizioni al fondo sono molto varie, come risultato di azioni specifiche e ripetitive, ma rispondenti a differenti codici simbolici di comunicazione: nella buca 3, oltre a ceramica figulina dipinta, sul fondo è stata deposta parte di un palco di cervo adulto e al centro, in una piccola buca, è stato rinvenuto un frammento dipinto Serra d’Alto con motivo meandro-spiralico. Nella buca 6, conservata solo in minima parte, sul fondo sono stati rinvenuti i frammenti di un unico vaso dipinto Serra d’Alto. La buca 9, di dimensioni più piccole, era riempita alla base con pietrame di piccole e medie dimensioni, un grosso frammento di intonaco argilloso e terre nerastre. Sotto il pietrame erano deposti i frammenti di una tazza Serra d’Alto con decorazione in bruno, un punteruolo in osso e frammenti di industria litica in ossidiana e selce. Tra la parete sud e il fondo della buca era stata ricavata una nicchia con resti di fauna, sigillata da pietrame di piccole dimensioni.

Al di sopra sono stati rinvenuti i resti di alcune sepolture a cista litica inquadrabili nei primi secoli del IV millennio. Le sepolture sono documentate da alcuni lastroni in calcarenite, non più “in situ” e trascinati ai margini dell’escavazione all’estremità meridionale, e dai residui di due strutture analoghe, “in situ” ai margini della sezione E. La cista litica della struttura 1, che oggi misura 1 metro x 60 centimetri, piuttosto imponente, era posta a un livello superiore rispetto a quello delle buche; il cavo di fondazione, infatti, affondava in parte sul riempimento della buca 8. Soltanto due grossi lastroni calcarenitici sono arrivati fino a noi posti in verticale, con orientamento E/W, e una lastra di chiusura sul lato corto orientale, su cui erano appoggiate come contrafforte pietre di piccole e medie dimensioni. Probabilmente sono stati asportati almeno due terzi della tomba. Sul piano di deposizione all’interno è stato ritrovato il cranio di un individuo adulto, presumibilmente di sesso maschile, e le ossa della mano, ancora in connessione anatomica, e dell’avambraccio sinistro, senza corredo, a parte pochi frammenti di ceramica, mentre il resto della deposizione era stato anch’esso evidentemente asportato. Subito all’esterno della struttura, sul lato est, era collocata una deposizione secondaria, con i resti di due giovani individui in una fossa sub-circolare ricavata nel cavo di fondazione della struttura, attestazione del riuso della tomba con l’accantonamento dei resti delle sepolture precedenti all’esterno.

Sulla base della posizione stratigrafica è evidente che la sepoltura, eretta significativamente sul riempimento delle buche destinatarie di rituali propri delle comunità neolitiche Serra d’Alto, si collochi in una fase più recente del Neolitico, con elementi Diana, forse già di transizione all’Eneolitico.
Si è rinvenuto anche un monolite levigato in calcare oblungo, alto 160 centimetri, con base rettangolare di 65 centimetri di lunghezza e 29 centimetri di larghezza, dalla sommità arrotondata, di circa 24 centimetri di larghezza, ricostruita integralmente grazie a un frammento rinvenuto non lontano dal monolite; giaceva nel quadrato I, riverso al suolo, dislocato dalla sua posizione originaria, che poteva avere funzione di segnacolo dell’area. Sulla faccia dorsale della superficie c’erano tre piccole cuppelle, distanziate regolarmente tra loro.

Alice Massarenti
Nata a Mirandola, in provincia di Modena, classe ’84, si è laureata in Archeologia e storia dell’arte del vicino oriente antico e in Quaternario, Preistoria e Archeologia con una tesi in Evoluzione degli insiemi faunistici del Quaternario. Ha un’ossessione per i fossili e una famiglia che importuna costantemente con i racconti delle sue ricerche sul campo.