LetteraturaPrimo PianoIl carattere labirintico del mondo in Jorge Luis Borges

Monica Di Martino17 Luglio 2020
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Realtà e finzione: chi meglio di Jorge Luis Borges riesce a identificarle? L’autore nasce a Buenos Aires nel 1899 e partecipa ai movimenti d’avanguardia spagnoli e argentini. La sua smaniosa curiosità lo spinge a indagare anche settori poco frequentati, come la filosofia medievale e la cultura ebraica; una sterminata conoscenza, che sarà messa a frutto nella sua opera narrativa. Occupa anche la carica di direttore della Biblioteca Nazionale: con ciò si spiega la grande influenza simbolica che avrà l’immagine dell’immensa biblioteca sulla sua produzione.

L’esordio di Borges, che avviene nel campo della poesia, si colloca nell’ambito dell’Ultraismo, un movimento spagnolo in cui erano disseminati spunti tratti dal Dadaismo e dal Surrealismo. Ma le prove migliori, Borges le fornisce nel campo del racconto breve. Al di là di Storia universale dell’infamia, che tratta fatti storici reali sviluppandoli in forma paradossale, le raccolte successive sono più conosciute: è in Finzioni che assume forma compiuta il mondo espressivo borgesiano. Si tratta di una dimensione fantastica che non sfocia nel favoloso come si potrebbe pensare, bensì in forme che riflettono il carattere labirintico del mondo, in cui il reale sfuma in finzione. La casualità e il gioco combinatorio sono due elementi dominanti; ne deriva una realtà complessa che Borges indaga alla stregua del “giallo” .

È chiaro che non si tratta di una realtà comune: quelli descritti da Borges sono mondi alternativi regolati da leggi diverse, tanto rigorose quanto misteriose. Non a caso, i simboli più utilizzati sono le immagini che si riflettono in un gioco di specchi, il labirinto che si identifica con la biblioteca, consegnandoci una visione “altra” del mondo a cui siamo abituati e aprendo all’infinito le possibilità conoscitive. In Finzioni – nel racconto La biblioteca di Babele – Borges finge di riprodurre il manoscritto di uno sconosciuto e ricostruisce una storia fantastica, quella della Biblioteca. La chiave per leggere il racconto deve essere probabilmente cercata nelle parole «universo che altri chiama la Biblioteca»: dunque la Biblioteca appare come immagine dell’universo così come la “realtà” e la “finzione” cui rimandano i libri si identificano. È un mondo caotico, in cui finzione e realtà sono praticamente indistinguibili, un universo che appare infinito e che si ripete sempre nello stesso “disordine”. Siamo dentro un labirinto in cui ci si perde. La biblioteca di Babele, infatti, evoca già nel nome l’idea stessa del caos. L’autore però non si arrende, in lui è sempre presente il bisogno di trovare una soluzione precisa per cui non soltanto nel racconto si susseguono altre affermazioni che contraddicono l’idea del caos, ma esiste una legge combinatoria che presiede al reale e che fornisce la speranza di trovare un rimedio al disordine. Lo stesso disordine – infatti – ripetendosi periodicamente può diventare ordine, ma la ricerca della soluzione ultima dell’enigma rimane vana e l’umanità probabilmente si estinguerà prima che si possa giungere al fine. Gli ultimi anni di Borges furono tormentati dalla cecità che, comunque, non gli impedì di continuare la sua attività. Egli ha esercitato un’enorme influenza nella cultura contemporanea. È morto nel 1986.

Monica Di Martino

Laureata in Lettere e laureanda in Filosofia, insegna Italiano negli Istituti di Istruzione Secondaria. Interessata a tutto ciò che "illumina" la mente, ama dedicarsi a questa "curiosa attività" che è la scrittura. Approda al giornalismo dopo un periodo speso nell'editoria.