L’avventura cominciò il 13 marzo 1994 quando, all’interno di un livello argilloso in parte distrutto dai bulldozer che lavoravano per una nuova autostrada in località Campo Grande, a circa 3 km da Ceprano, sono stati scoperti più di 50 frammenti di cranio, rimasto incompleto perché non sono stati rinvenuti denti né porzioni del viso.
La storia geologica del territorio di Campo Grande si suddivide in due principali complessi stratigrafici: il superiore è un deposito fluviale e colluviale, con presenza variabile di prodotti vulcanoclastici, che indica come epoca dal medio al tardo Pleistocene; quello inferiore contiene depositi lacustri senza prodotti vulcanoclastici, più antichi di 1 milione di anni. Lo strato contenente il “calvarium” umano appartiene alla porzione inferiore del complesso stratigrafico superiore e poiché non contiene depositi vulcanici, non è direttamente databile; inoltre, il metodo del radiocarbonio non risulta efficace su reperti tanto-antichi. Per la datazione gli studiosi hanno avuto non pochi problemi. L’evidenza stratigrafica mostrava che l’argilla contenente il “calvarium” è più antica dell’arrivo delle sabbie vulcaniche fluviali, ma i cristalli di leucite – che costituiscono un’alta percentuale di quelle sabbie – possono avere età che differiscono dai cicli eruttivi, e quindi le sabbie, alcune delle quali datate anche 700mila anni, avrebbero potuto essere mescolate.

Lo strato Acheuleano inferiore sovrapposto – che grazie al metodo di datazione Potassio-Argon del sito di Ranuccio, nella valle del fiume Sacco, mostrava un’età di 458mila anni – è in posizione molto più alta del “calvarium”, ed era quindi più recente. La natura altamente fossilizzata del “calvarium” era in disaccordo con l’argilla che lo conteneva e per questa ragione si pensò che probabilmente si trattava di un caso in cui il fossile era stato rimosso molto tempo fa da un deposito molto più antico e non più esistente. Lo strato sottostante rivelava un’età maggiore rispetto alla serie di argille portatrici di frammenti ossei umani, quindi all’inizio si è supposto che l’età minima del “calvarium” dovesse essere stimata superiore a 700mila anni. A questo punto, per capire a quale tipo umano appartenesse il “calvarium” tra quelli presenti nel bacino di Ceprano nel Paleolitico inferiore, sono state considerate sia le caratteristiche arcaiche del cranio comparabili con quelle comunemente presenti nell'”Homo erectus” asiatico (anche se con grande capacità endocranica), sia la sua posizione cronologica.

Nel Pleistocene, l’area ospitava un bacino lacustre e Campogrande corrisponde a un settore del margine settentrionale dell’antico Lago Lirino, che si estendeva in direzione nordovest-sudest per circa 35 chilometri. Grazie ai recenti studi geologici sui sedimenti fangosi contenenti il “calvarium” umano si è potuto stabilire che, dopo la deposizione lungo i margini del lago, lo sviluppo del suolo si è verificato in una fase interglaciale con condizioni climatiche caratterizzate da una spiccata stagionalità delle precipitazioni, seguite da condizioni di siccità. Questo ambiente deposizionale perilacustre è coerente con le tracce tafonomiche mostrate dal “calvarium” umano, che testimoniano la natura primaria della sua deposizione. La mancanza di segni di rosicchiatura, di segni di agenti atmosferici, di desquamazione radiale e l’assenza di abrasione da trasporto indicano che non è stato influenzato da esposizione agli agenti atmosferici o trasporto fluviale. Inoltre, il “calvarium” mostra una deformazione plastica, che suggerisce una pressione “in situ” su ossa fresche ed elastiche, che trattengono ancora il collagene. Tale stress e conseguente deformazione plastica si sarebbero dovuti verificare prima della fossilizzazione del “calvarium” fino alla soglia di rottura, producendo i vari frammenti. Questa prova rende improbabile qualsiasi successiva erosione e trasporto nella deposizione secondaria del fossile.

Allo stesso tempo, le caratteristiche dei sedimenti testimoniano il verificarsi di forti pressioni; per questa ragione gli studiosi oggi concordano che il “calvarium” sia stato definitivamente sepolto poco dopo la morte nell’ambiente perilacustre al margine del lago o dove è stato trovato, durante una fase interglaciale con crescente attività vulcanica, poco prima che il bacino nell’area di Campogrande fosse riempito. La data di 385mila anni circa, registrata tramite un carotaggio, prossima all’età di estinzione del Lago Lirino, rappresenta un termine “post quem” per la deposizione del “calvarium” umano. Anche la presenza in cima alla serie di riempimento dei depositi di sabbia, compreso un record Paleolitico di Modo 2, è coerente con il nuovo quadro cronologico.
Grazie a queste nuove scoperte, la morfologia del “calvarium” di Ceprano – che manca di tratti neanderthaliani e non ha una vera controparte tra la documentazione fossile continentale contemporanea – assume tutto un nuovo interesse, in quanto aggiunge un’inaspettata variabilità nelle popolazioni europee del Pleistocene medio.

Alice Massarenti
Nata a Mirandola, in provincia di Modena, classe ’84, si è laureata in Archeologia e storia dell’arte del vicino oriente antico e in Quaternario, Preistoria e Archeologia con una tesi in Evoluzione degli insiemi faunistici del Quaternario. Ha un’ossessione per i fossili e una famiglia che importuna costantemente con i racconti delle sue ricerche sul campo.