LetteraturaPrimo PianoI volti della filosofia: Parmenide, il filosofo dell’Essere

Francesca Ricciuti18 Maggio 2019
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Parmenide nasce in Magna Grecia, ad Elea, da una famiglia aristocratica ma sono poche le notizie sulla sua vita. Fu forse discepolo di Amina, pensatore pitagorico, altri dicono che invece il suo maestro fu Senofane ma entrambe le possibilità non si possono escludere. Nella medesima città fondò una scuola insieme al suo miglior discepolo, Zenone.

L’unica opera, di cui abbiamo diciannove frammenti, è il poema in esametri dal titolo Sulla natura di cui Simplicio cita alcune parti nel De caelo e nei suoi commenti alla Fisica di Aristotele. L’opera è divisa in due parti e può essere considerata il primo vero e proprio testo filosofico della storia del pensiero occidentale. Essa, della quale ci sono giunti diciannove frammenti, per un totale di 154 versi, si compone di un Proemio (fr. I, 1-32), e di una trattazione in due parti: La via della Verità (fr. II, 8-49) e La via dell’Opinione (fr. VIII, 50; fr. XIX, 3).

Nel poema Parmenide affronta il tema dell’Essere e lo definisce in tal modo: immutabile, ingenerato, finito, immortale, unico, omogeneo, immobile, eterno, sostenendo la molteplicità e l’illusorietà dei fenomeni fisici. Il concetto dell’essere è racchiuso in un aforisma del filosofo secondo cui «l’essere è, e non può non essere», «il non-essere non è, e non può essere».

A tali affermazioni Parmenide giunge promuovendo per la prima volta un pensiero basato su un metodo razionale, servendosi in particolare della logica formale di non contraddizione.

Secondo tale metodo l’essere è immobile, uno, eterno, ingenerato, immortale e indivisibile. Parmenide paragona l’Essere a una sfera perfetta, sempre uguale a se stessa nello spazio e nel tempo, chiusa e finita. Fuori dell’Essere non può esistere nulla, perché il non-essere, secondo logica non è, per sua stessa definizione.

La sua ontologia ha influenzato la storia del pensiero greco per circa due secoli. Approfondendo una distinzione tipica dei pitagorici e di Eraclito, Parmenide opera una separazione tra pensiero e sensi: solo il primo è in grado di conoscere la realtà universale, il logos, mentre i secondi si fermano alle apparenze, le doxai; solo il logos può condurre all’aletheia, la verità.

I contrari fondamentali, da cui nasce la molteplicità della natura, sono la luce e la tenebra: dalla loro unione si forma il kosmos secondo una legge di necessità impersonificata in una dea.

Data l’identità tra verità, pensiero e parola, tre sono gli aspetti fondamentali della filosofia di Parmenide: l’ontologia; la gnoseologia (ciò che è pensabile); il linguaggio (le cose che esistono trovano espressione adeguata all’interno del discorso).

La rigorosa struttura logica del procedimento filosofico di Parmenide (che ha evidenziato nei principi di identità e di non contraddizione le condizioni di possibilità di un discorso vero) e la profonda complessità della sua problematica ontologica e gnoseologica ne hanno fatto un punto di riferimento spesso ricorrente nella storia della filosofia: a cominciare da Platone che da Parmenide riprendeva la tematica dell’essere e che intitolava a lui uno dei suoi dialoghi critici maggiori.

Francesca Ricciuti

Abruzzese, classe '85. Laureata con lode in Filologia Classica presso la Sapienza di Roma. Da sempre appassionata delle lingue classiche, ha insegnato sia privatamente che a scuola.